mercoledì 19 giugno 2019

Morti sul lavoro nelle Marche in calo, ma sono sempre troppi. E i Sindacati?


A pochi giorni dall'ultimo incidente mortale sul lavoro, capitato al porto di Ancona, vengono pubblicati dall'INAIL i dati relativi agli infortuni dei lavoratori. Sono in calo i decessi nelle Marche: nel 2018 la nostra regione ha registrato 20 infortuni mortali contro i 31 dell’anno precedente. È un dato positivo ma sono ancora troppi i morti sul lavoro. 
Così come sono troppi, seppure i calo, gli infortuni in generale: 18.117, contro i 18.719 del 2017. In controtendenza il dato relativo alle malattie professionali: 6.001 nel 2018, contro le 5.342 dell’anno prima. Evidentemente il progetto "Cantiere Sicuro", a cura di Inail, Direzione Regionale Marche e Edilart, Ente per formazione e sicurezza in edilizia, sta sortendo buoni risultati ma, come dicevamo, siamo ancora lontani dal raggiungere l’ideale che, in un Paese civile, dovrebbe essere zero morti. 
Non sarebbe male un maggiore impegno dei Sindacati su questo fronte, Sindacati che vediamo, invece, molto più impegnati in questioni politiche che poco hanno a che vedere con la sicurezza e i diritti dei lavoratori italiani.

Luca Craia

La storia del Bartali eroe arriva all’esame di maturità.


Gino Bartali, in grande campione del ciclismo italiano, un mito dello sport di casa nostra per le sue immense imprese sportive e per la nota rivalità agonistica, che faceva da contrappeso all’amicizia e al rispetto personale, con l’altro campione dell’epoca, Fausto Coppi. Ma Ginaccio non era soltanto un campione di sport, era un campione di umanità. Solo che la sua nobiltà d’animo ci ha fatto scoprire questo suo lato solo da poco tempo, anche e soprattutto all’impegno che la nipote, Gioia Bartali, ha profuso per far conoscere questo aspetto importante di suo nonno.
Bartali, durante l’ultima guerra mondiale, quando lo sport era fermo a causa del conflitto, salvò ottocento italiani di religione ebraica dalle deportazioni. Lo fece rischiando la propria vita, percorrendo migliaia di chilometri in bicicletta per portare documenti falsi da Assisi, dove venivano stampati da una tipografia clandestina, a Firenze, dove il vescovo li distribuiva agli ebrei evitando loro di finire nei lager nazisti. Se il campione toscano fosse stato scoperto, molto probabilmente sarebbe stato condannato a morte. Ma Bartali non si curò della sua vita e mise a disposizione il suo talento per salvare vite umane.
Una storia rimasta sconosciuta fino a poco tempo fa, quando il figlio Andrea, con cui si era confidato, la raccontò pubblicamente. Da allora la figlia di Andrea, Gioia Bartali, sta raccontando questa bella fiaba vera ogni volta le viene data la possibilità. Una bella fiaba vera, dicevo, di quelle di cui abbiamo tanto bisogno in questo tempo di barbari e di cattiverie equamente distribuite.
Così la figura del Gino Bartali campione di umanità è diventata nota, tanto nota da essere una traccia dell’esame di maturità del 2019. Il titolo “Gino Bartali, tra sport e storia”. Non è una cosa di poco conto: una traccia del tema di italiano alla maturità è sempre un argomento che dovrebbe essere culturalmente assimilato, acquisito nella coscienza culturale del nostro popolo. Ecco, quindi, la figura di Gino Bartali sportivo ma anche uomo coraggioso, giusto ed eroico, assume piena dignità storica anche grazie a questo episodio.
Ne sono felice per la mia concittadina, Gioia Bartali, per il suo impegno e l’amore per questo nonno importante, ma sono molto più felice per il messaggio che, dal racconto delle gesta di Bartali, arriva fino ai giovani maturandi, un messaggio di grande umanità, di giustizia, un esempio di come il coraggio di scegliere la cosa giusta, piuttosto che quella facile e comoda, faccia la differenza tra l’uomo comune e l’uomo speciale. Aspiriamo a diventare uomini speciali.

Luca Craia