mercoledì 5 dicembre 2018

Il dolce di Natale della Marca Bassa


Il rito del Frustingo cominciava una mesata prima di Natale, quando nonna andava da Mimi, il negozietto di generi alimentari, pieno di profumi e leccornie, che stava proprio di fronte casa nostra, a ordinare gli ingredienti. Perché, per fare un frustingo come si deve, occorrono ingredienti di primissima qualità. E Mimi era l’unica spacciatrice di queste prelibatezze. Prima di tutto i fichi secchi, poi i canditi, le noci, preferibilmente di Sorrento. Una volta arrivato tutto l’occorrente si riuniva la congrega delle donne.
Infatti il frustingo è un dolce che va fatto in gruppo, dove in genere c’è la specialista che conosce esattamente le dosi per farlo davvero speciale. Le altre donne fanno il lavoro manuale ma la specialista detta le istruzioni, le dosi, i ritmi di lavoro. A casa mia si riunivano le donne del vicinato: nonna Peppa, Marì de Baffì, la stessa Mimi, Pia, Fidarma. Poi c’era la specialista, Eda de Vastò, che in quell’occasione diventava capa capessa, leader indiscusso della congrega. Nonostante fossero anni e anni che tutte queste donne assistevano Eda nella preparazione del Frustingo, nessuna di loro era in grado di usurparle il ruolo di specialista.
Così, la settimana prima di Natale, in un pomeriggio convenuto, la congrega si riuniva, in genere a casa mia perché era quella con la cucina più grande, per preparare il frustingo comune al vicinato. La cucina diventava laboratorio alchemico e tutta la magia di quelle mani sapienti, che impastavano, sminuzzavano, mantecavano, versavano davano vita a un momento di pura poesia, fondamentale nella creazione dell’atmosfera natalizia tanto quanto presepe e albero.
Una volta pronto l’impasto veniva versato nelle teglie d’acciaio che ogni donna aveva portato con sé. Queste teglie dovevano andare in forno, ma non il forno di casa, perché per cuocere il frustingo ci vuole un forno potente. Una volta c’era quello a legna ma già all’epoca di cui vi parlo non ce l’aveva più nessuno. Per cui le donne, in processione, portavano ognuna la sua teglia al forno di Americo, poche decine di metri lontano. Lì, la mattina dopo, il rito del frustingo, questa magia natalizia tutta nostra, aveva il suo compimento. L’aria del centro storico si riempiva del suo odore dolciastro ed era Natale.
Non rimaneva che portare a casa, ogni donna alla sua, il dolce ben cotto e difenderlo per qualche giorno dagli attacchi di mariti, figli e generi. A casa mia nonna lottava a spada tratta con babbo che difficilmente sapeva resistere. Il frustingo doveva maturare qualche giorno, una volta cotto. Così era pronto giusto giusto per la Vigilia di Natale quando, durante la tombola del dopo cenone, si inaugurava tagliando la prima fetta. 

Luca Craia

Foto: Destinazione Marche (https://www.destinazionemarche.it/il-frustingo-il-dolce-di-natale-delle-marche/)

Montegranaro è ancora un’eccellenza. Realtà o propaganda?


A pochi mesi dalle elezioni amministrative, arriva la notizia, oggi sul Corriere Adriatico, che Montegranaro è ancora un’eccellenza. A stabilirlo è Esg89 Group, società editoriale perugina che si occupa di studi economici sulle due regioni vicine, Marche e Umbria, e pubblica un Annuario Economico delle Marche, non si sa bene commissionato da chi. È la stessa società umbra che scrive come “il comune guidato da Ediana Mancini” sembra avere ancora un’economia più che florida, visto che “su 12.900 abitanti sono ben 81 le società che hanno rispettato i valori di analisi”, valori di analisi che si basano sull’analisi di aziende con valori di fatturato superiori a 1 milione di Euro. L’analisi viene elaborata partendo dai bilanci.
Buone notizie, quindi, ma c’è qualcosa, anzi, molto più di qualcosa che non torna. Prima di tutto l’Esg Group non è un’istituzione, come riporta il giornale, ma una società commerciale, e le società commerciali che fanno studi li fanno per un ritorno commerciale, non certo per missione sociale. Secondo punto stride la citazione del nome del Sindaco di Montegranaro, inserito con sapienza in un contesto dove appare fautore del risultato conseguito. Che il Sindaco di Montegranaro, Ediana Mancini, abbia fatto qualcosa di molto vicino allo zero per l’economia locale lo sappiamo tutti, e vederlo indicare come autore della performance economica non depone a favore dell’imparzialità dello studio.
Ma sono i dati che non forniscono il quadro esatto della situazione. Secondo lo studio, a Montegranaro ci sono ben 81 società che hanno un fatturato superiore al milione, il che sarebbe un’ottima cosa per un paese di 12.900 abitanti. Ma il fatturato di queste società è automaticamente trasferito come floridità per la società cittadina? Ovviamente no, perché fare fatturato non vuole necessariamente dire che si porta ricchezza al paese. Nella fattispecie sappiamo bene che, a Montegranaro, non esistono 81 opifici che producono una tale ricchezza dando lavoro a operai e all’indotto. Sappiamo invece che esistono numerosissime e floride aziende commerciali che, però, lavorano in un ufficio con un paio di impiegati, il telefono e il computer.
Oggi fare fatturato non vuol dire creare ricchezza. Il settore manifatturiero di Montegranaro è stato massacrato dalla crisi, ci sono operai senza lavoro in quantità e una situazione economica e sociale davvero preoccupante. Da questo studio parrebbe che ce lo siamo sognati, ma sappiamo bene che, per quanto lo sembri, non si tratta di un incubo ma della realtà. A che pro, quindi, rendere noti dei dati che non tengono conto della reale situazione economica sociale, dando loro un taglio positivistico e mettendo accenti politici quanto meno inopportuni?

Luca Craia

Foto: CISL Marche (https://cislmarche.it/notizie/lavoratori-in-nero-chiuso-un-calzaturificio)