giovedì 25 agosto 2016

Arkeo raccoglie fondi per l’arte terremotata. Due tour per raccogliere offerte.



COMUNICATO STAMPA DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE ARKEO

Il terribile sisma che ha colpito l’area a cavallo tra Marche, Lazio e Umbria, tra l’altro così vicina a noi sia geograficamente che emotivamente, ha non solo mietuto vittime e straziato i superstiti, ma ha enormemente danneggiato il patrimonio storico-architettonico. In Arkeo riteniamo che sia etico e giusto investire nel recupero dei beni danneggiati dal terremoto perché essi sono sostanza della società del territorio colpito e rappresentano una delle principali forme di sostentamento economico della popolazione: il turismo. Per questo crediamo sia indispensabile procedere al loto recupero con la massima celerità, in modo che si possa tornare alla normalità quanto prima e far ripartire l’economia locale, in gran parte legata al turismo relazionato a questi beni.
Al fine di raccogliere fondi da destinarsi al recupero del patrimonio storico-architettonico-culturale delle città colpite dal sisma, Arkeo propone un’iniziativa che, negli obiettivi dell’Associazione, dovrebbe essere la prima di una serie, con la quale mettere a frutto le nostre competenze e la nostra passione per aiutare le popolazione colpite a tornare quanto prima a una vita normale. Domenica 4 settembre si svolgeranno due visite guidate della città di Montegranaro, con accesso ai luoghi culturalmente fondamentali e partenza proprio dal più importante, la chiesa di Sant’Ugo. La partecipazione è a offerta libera e tali offerte verranno destinate al restauro dei beni colpiti. A guidare i gruppi ci sarà la guida turistica abilitata Sabina Salusti, coadiuvata dai volontari di Arkeo. Il primo tour è previsto alle ore 16,30 e il secondo alle 18,00. Arkeo invita a partecipare per passare un pomeriggio particolare, alla scoperta di tesori nascosti, e aiutare la popolazione delle zone terremotate attraverso il recupero di altri tesori che non possiamo e non dobbiamo perdere.

San Serafino dopo il sisma: io userei qualche cautela in più.



Mi arriva da un lettore la foto presa col telefonino del tetto della chiesa di San Serafino, che ieri prima è stata chiusa e poi riaperta, dopo un sopralluogo di tecnici del Comune di Montegranaro, a seguito della forte scossa di terremoto della notte precedente. Il lettore mi fa notare come i coppi siano leggermente spostati ma, soprattutto, come il colmo del tetto sembri staccato, quasi sollevato, mostrando una luce piuttosto ampia. Mi sono consultato con un tecnico che mi ha confermato i dubbi, nel senso che la cosa potrebbe anche essere irrilevante, ma potrebbe anche non esserlo. Ora, trattandosi di un edificio la cui criticità storica è comprovata addirittura dal crollo del tetto stesso avvenuto pochi anni fa, ed essendo tuttora parte dello stesso tetto puntellata, prima di riaprire la chiesa qualche verifica più approfondita io l’avrei fatta.

Luca Craia

Le foto dell'interno dopo il terremoto





mercoledì 24 agosto 2016

Il Paese dove crollano gli ospedali e si progettano ponti sullo stretto.



Un ospedale non può crollare. Oddio, potrebbe anche, ma se crolla l’ospedale significa che intorno si è polverizzato tutto. L’ospedale deve essere costruito in modo che non possa essere danneggiato in maniera seria durante un evento come quello della notte scorsa. E se gli ospedali sono vecchi, costruiti da troppo tempo, potenzialmente pericolosi, vanno ricostruiti, ristrutturati, resi sicuri. Un Paese civile non può far crollare gli ospedali.
Da noi la politica da anni parla solo che di cazzate. Parla di ponti sullo stretto e progetti faraonici. Poi ci dice che non può mettere in sicurezza gli ospedali, che questi potrebbero cadere per un terremoto perché non ci sono i soldi, perché il nostro debito pubblico non ci consente di investire sulla vita delle persone. Ci consente di dire scempiaggini su ponti sullo stretto ma non di rendere sicuri gli ospedali.
L’Italia è un Paese fortemente sismico. Dovrebbe essere l’obiettivo primario di un Paese fortemente sismico come il nostro fare in modo che le gente non muoia sotto le macerie, come in Giappone, per fare un esempio. Il Giappone ha un debito pubblico molto più alto del nostro, ma ha investito e continua a investire in sicurezza. In Giappone un terremoto come quello di Amatrice sarebbe una cosa di cui non preoccuparsi. Paradossalmente investire in sicurezza non aumenterebbe il debito pubblico ma, anzi, con ogno probabilità lo diminuirebbe innescando un’economia di settore e un circolo virtuoso che, oltre a portare sicurezza, aumenterebbe occupazione e ricchezza.
Ma tutto questo vallo a far capire a Renzi e alla Merkel.

Luca Craia