sabato 11 marzo 2017

I democratici antidemocratici e la fine della dialettica politica.

Non sono un simpatizzante di Salvini, anche se a qualcuno piace pensare che io lo sia. Anzi, ritengo che Salvini, pur avendo ragioni da vendere su molti punti del suo programma politico, li tratta con una superficialità disarmante che lo fa passare dalla ragione al torto in un battito di ciglia. Ciononostante ritengo che Salvini non abbia meno diritti di fare politica di De Magistris e compagni. È avvilente assistere alla morte della dialettica politica, del confronto anche aspro ma sulle idee. E a uccidere il dibattito democratico non è Salvini, si badi bene, che mi pare non abbia mai chiesto che agli avversari politici sia impedito di portare avanti le proprie idee. A uccidere il dibattito sono i sedicenti democratici, quelli che, sulla carta, dovrebbero difenderci dai populisti e dai demagoghi destrorsi.
Quello che sta accadendo a Napoli è inqualificabile ed è vergognoso che ci sia un Sindaco in mezzo a coloro che vogliono impedire a un cittadino italiano di fare politica. Ognuno ha il diritto di parlare, di esprimere la propria opinione e il proprio pensiero fintanto che questi rimanga all’interno della legalità. Quando si supera il confine della legalità ci sono i mezzi per ristabilirla, mezzi legali, strumenti precisi ai quali affidarsi. Manifestare, anche in maniera violenta, per impedire a qualcuno di esercitare un proprio è aberrante, molto più aberrante di quanto possano essere certe espressioni di Salvini.
Se passa il principio che si possa impedire l’espressione di un pensiero perché non si è d’accordo con lo stesso, passerà la legittimazione di ogni mezzo per farlo, e questo avviene in dittatura. Che a propiziare questo stato di cose sia gente che si dice democratica è vergognoso.

Luca Craia

Provincie inutili, Regione distante. Intanto il territorio si sgretola

Le Marche, come abbiamo più volte affermato, sono una regione plurale, e questa sua pluralità, questa sua diversificazione di territori da sud a nord è una ricchezza, se opportunamente trattata e amministrata. In quest’ottica la soppressione, per quanto fittizia, delle Province è stata una iattura, sia perché le Province ancora esistono, ma anche e soprattutto perché, pur continuando a esistere, sono state svuotate di quasi tutti i poteri e le funzioni. Fattore da non sottovalutare è il potere di spesa, decisamente ridimensionato, che fa sì che questi enti territoriali continuino a sperperare per mantenere il carrozzone di uffici e funzionari ma non abbiano soldi per espletare le proprie funzioni.
La conseguenza è che le strade si stanno sbriciolando, i fiumi mangiano pezzi di territorio ogni volta che piove e le scuole di competenza provinciale sono per la maggior parte vulnerabili e potenzialmente pericolose. Queste sono le uniche tre funzioni reali rimaste alle Province, ma non vengono assolte sia per mancanza di mezzi economici sia perché chi amministra interpreta il proprio ruolo come una semplice rappresentanza e non come una responsabilità reale. La prova la vediamo, per esempio, nella Provincia di Fermo, dove i fiumi esondano a ogni pioggia portandosi via strade e ponti e dove le strade secondarie non vedono una macchina per fare l’asfalto da millenni.
Al potere delle Province ridimensionato avrebbe dovuto fare da contraltare una Regione più efficiente e funzionale. Nelle Marche la Regione è amministrata da gente che vive su un altro pianeta, distante anni luce dalle reali necessità della popolazione. Basti vedere la gestione del terremoto e come si sia rimasti pressochè immobili, quando non ci si è mossi sbagliando, innescando danni sopra i danni.
Di questo passo non avremo più strade se non le principali le intemperie mangeranno porzioni di territorio senza soluzione di continuità, nella totale assenza di interventi preventivi o di riparazione dei danni, il tutto tra i sorrisi e le pacche sulle spalle dei politici.

Luca Craia

venerdì 10 marzo 2017

Civici si diventa. L’Associazione culturale rappresentata in Consiglio Comunale


Ho sempre ritenuto che un’associazione culturale dovrebbe avere un obiettivo culturale, appunto; dovrebbe dare segnali di vita realizzando progetti, eventi, iniziative. Ho sempre pensato che fare politica sia un modo nobile di darsi alla comunità, quando non inquinato da interessi personali. Non dovrebbe esserci nulla di cui vergognarsi nel fare politica, nessuna remora nel dichiararlo. Così un’organizzazione politica dovrebbe palesarsi come tale, perché essere tali dovrebbe essere nobile come nobile è l’intento di governare per il bene comune.
Così mi stupisco nel leggere un comunicato stampa a firma del Direttivo di Liberi per Montegranaro, organizzazione che ho sempre ritenuto politica che come tale, in passato, ha presentato liste elettorali e nella quale si riconoscono ben tre Consiglieri Comunali di maggioranza tra cui il Vicesindaco Ubaldi, l’Assessore ai Servizi Sociali Strappa e il Capogruppo di Maggioranza Gaudenzi. In questo comunicato viene definita l’organizzazione Liberi per Montegranaro non come politica ma come “associazione civica culturale”. Curioso, perché non mi risulta che altre associazioni culturali siano rappresentate politicamente in Consiglio Comunale né ho notizia di iniziative culturali intraprese da L.p.M..
Così ho chiesto lumi, approfittando di una discussione in corso su Facebook tra i cui partecipanti c’era anche Paolo Gaudenzi. Ho chiesto se L.p.M. fosse un’associazione culturale e quale fosse l’oggetto sociale. Ho chiesto chi ne fosse il Presidente e chi parte del Direttivo, anche perché il comunicato non è firmato con nomi e cognomi come sarebbe lecito aspettarsi. Alle mie domande, credo, legittime visto che tale associazione governa Montegranaro, Paolo Gaudenzi ha risposto che sono un curiosone, mi ha detto, testuale, “bravo bravo, pat pat sopra la testa”. Al che ho capito: trattasi di associazione culturale di umorismo. Peccato che, in realtà, a vedere come è governata Montegranaro ci sia poco da ridere.

Luca Craia


Le Vergare, la parolaccia e gli Ubaldiani


5200 posti in hotel fino a dicembre per gli sfollati. A casa non si torna. Ma i danni psicologici chi li conta?



Viene annunciata come una vittoria ma sembra la prosecuzione di una condanna all’esodo, alla diaspora, una diaspora infinita alla quale sono condannati senza colpe i terremotati marchigiani. Ci sono 5200 posti in hotel disponibili per gli sfollati, dice l’assessore al turismo della Regione Marche Moreno Pieroni, e ci saranno fino a dicembre.
Squilli di trombe e applausi, ma questo significa che gli sfollati non rientreranno nelle loro città di origine nemmeno dopo l’estate, che le casette, come del resto sospettavamo, non arriveranno a settembre come promesso, che questo sballottare la gente come fosse bestiame non terminerà per adesso.
Perché ora occorrerà spostarsi, visto che gli alberghi della costa non possono mandare a monte una stagione turistica già fortemente compromessa. Ed eccoci qua, quindi, a caricare sul carro merci i terremotati come faceva un omino coi baffetti tanti anni fa, e a spostarli di qua e di là come niente fosse. Ma i danni che si fanno alla psiche di questa gente, specie ai bambini coinvolti, non li calcola nessuno.
                                      
Luca Craia