venerdì 18 dicembre 2015

Il progetto per viale Gramsci mi piace. Ma…



Che vi devo dire: a me il progetto per la risistemazione di viale Gramsci non dispiace affatto, anzi. Mi era piaciuto, come bozza, già in campagna elettorale e, messo su carta, devo dire che non pare male per niente. Anche l’idea del senso unico è pienamente condivisibile e lo dico da tempo, da molto prima che ci arrivasse anche chi ci amministra ora. Solo che, secondo me, ci sono errori grossolani da risolvere prima di pensare di realizzarlo. E poi c’è la questione politica, che è un’altra cosa.
Iniziamo dagli errori: il più grosso è il senso di marcia. Va bene il senso unico ma nell’altra direzione. Non ha senso entrare da Porta Marina anche perché, se è vero che da una porta si entra, come dice il progettista, da una porta si esce anche. Entrare e salire per corso Matteotti ne comprometterebbe la pedonalizzazione in quanto i veicoli, in salita, dovrebbero procedere con una velocità non consona a una strada che, essendo l’unico corso cittadino, dovrebbe essere frequentata dai pedoni che rischierebbero di finire sotto una macchina in accelerazione a ogni piè sospinto.
Poi c’è il problema di via Castelfidardo, dove sarebbe impossibile immettersi da Porta Marina in quanto c’è un angolo troppo stretto, nonostante che il progettista abbia affermato di averci visto girare dei SUV (contromano, a Montegranaro tutto può essere). Fatto sta che l’unico modo per mantenere carrabile via Castelfidardo sarebbe di limitare lo spazio di largo Trastulli o di invertire anche lì il senso di marcia, cosa che mi pare davvero poco pratica, viste le pendenze.
L’errore più grosso sta nel pensare di scendere lungo via Conventati, via dalla pendenza notevolissima e con pochissimo spazio in fondo per fare manovra. Scendere per questa strada è pericoloso con fondo asciutto, impensabile con bagnato o ghiaccio. Inoltre la via andrebbe a intersecare il doppio senso di marcia di via Solferino creando una situazione potenzialmente caotica. Tutto si potrebbe risolvere invertendo il senso di marcia.
È tranquillizzante sapere che l’idea della piazza in travertino è una bufala, pare inventata dal giornalista che ha intervistato il Presidente della Provincia Perugini o, forse, buttata là da Perugini stesso per fare un po’ di fuffa (questa amministrazione ama molto la fuffa). Beverati ne ha detta una giusta indicando come linea di condotta la scelta di materiali meno dispendiosi e, soprattutto, poco necessitanti di manutenzione. Meno male.
Il punto, però, rimane la scelta politica. Credo che ci sia un vizio di fondo in tutto questo che è dettato dall’ormai nota ansia di apparenza a discapito della sostanza che caratterizza questa amministrazione. Si cerca l’opera visibile a tutti i costi ma quest’opera esula da un progetto complessivo che pare decisamente assente. Se si vuole riqualificare il centro occorre avere una visione di insieme, un progetto articolato che parta dal rendere vivibile il quartiere. Si deve partire dalla piazza, cuore della città, renderla appetibile, vivibile, incentivare il commercio e la residenza. Il Comune, come diceva ieri sera il dottor Bisacci in un suo intervento, possiede la maggioranza degli stabili e, soprattutto, dei locali a piano terra. Li metta a disposizione studi iniziative incentivanti per il commercio. Si sacrifichino parte dei posti auto e si renda la piazza semi-pedonale, dando spazio a locali ed eventi. Se l’operazione di rivalutazione parte da largo Conti la piazza rischia di morire definitivamente.
Infine le priorità. Per quanto bello il progetto possa essere, per quanto condivisibile possa diventare il tentativo di rivalutare il centro, Montegranaro in questo momento ha altre priorità. Una di queste è il centro storico che non è, come credono i nostri amministratori, viale Gramsci. E non è neanche soltanto piazza Mazzini. Il centro storico è costituito da tutto quel dedalo di vicoli e stradine che stanno morendo, se non sono già morte, e per le quali non esiste una sola iniziativa in programma, sia essa intesa come opere pubbliche o come iniziative sociali. Anzi, con il discorso “case popolari” si sta ghettizzando sempre di più la città vecchia riducendola a un quartiere fuori controllo.
Altre priorità sono sparse in tutto il paese, dalla pulizia alle strade colabrodo, dagli opifici abbandonati e fatiscenti, che diventeranno essi stessi un nuovo centro storico da qui a breve, al degrado generale dei quartieri, finendo con la questione economico-produttiva. In mezzo a tutto questo ci sono un’infinità di piccoli e grandi problemi da risolvere, l’ultimo dei quali mi pare possa essere la realizzazione di una nuova, per quanto bellissima, piazza in largo Conti. Solo che questa ti manda sul giornale.

Luca Craia

Il Mondo prese i pidocchi



Un giorno il Mondo prese i pidocchi. Ma non se ne accorse. Pensava fossero come i tanti piccoli animaletti che brulicavano sulla sua testa tonda e blu in una sorta di simbiosi mutualistica che, alla fine, lo facevano sentire anche più bello. Invece questi animaletti erano diversi. Dapprima erano pelosi come tutti gli altri, camminavano a quattro zampe come tutti gli altri, si nutrivano dei frutti dei suoi peli e dormivano tra le sue rughe. Poi cominciarono a trasformarsi: si alzarono sulle zampe posteriori, persero i peli, cominciarono a mangiarsi le altre bestiole. Niente di preoccupante, all’inizio: c’erano esseri che si nutrivano di altri esseri già prima della venuta di questa nuova razza, per cui il Mondo non se ne curò.
Poi però cominciarono a venire le incrostazioni. Prima erano delle pellicine, una leggera desquamazione dell’epidermide. Sembrava una piccola irritazione che sarebbe passata da sola e il Mondo non se ne preoccupò. In breve, però, le croste cominciarono a crescere e a crescere. E producevano cattivo odore e umori putrescenti. In più questi animaletti brutti e glabri succhiavano dalla cute liquidi vitali e parti di materiale organico, causando piccole ma dolorose ferite che, piano piano, si estendevano.
Fu quando gli salì la temperatura che il Mondo cominciò a preoccuparsi. Chiamò e il dottore che gli disse che doveva farsi un controllo generale e gli fissò un appuntamento. Intanto la febbre cresceva e con essa il fastidio: prurito, dolore, le incrostazioni diventavano sempre più spesse, l’odore era nauseabondo. Venne il giorno della visita e il dottore fece un attento esame al Mondo. Al termine gli disse di non preoccuparsi: il suo sistema di anticorpi stava funzionando bene. Inoltre questo tipo di parassita era solito giungere al massimo della virulenza e poi estinguersi da solo. Nel giro di pochi secoli sarebbe guarito anche senza medicine.

Luca Craia

giovedì 17 dicembre 2015

Antonelli torna su Croce Gialla, ospedale e sanità



Ricevo e pubblico

Mio malgrado debbo ritornare sulla vicenda Croce Gialla per doverosi chiarimenti. Della prospettata acquisizione di un immobile da parte della Croce Gialla, ritenendola importante, l'ho portata a conoscenza a tutte le forze politiche in una riunione segretata e non ho mai prospettato un possibile trasferimento; la vicenda è stata politicizzata da chi ha diffuso le informazioni pur segretate e mi ha messo in bocca cosa che non ho mai detto, dando vita ad un attacco personale senza precedenti.
Sono amareggiato da quando affermato dal Presidente della Croce Gialla, che mi ha attribuito cosa false pur sapendo la verità, essendoci incontrati prima di quelle esternazioni. Spero almeno che questa triste vicenda abbia il merito di accendere gli interessi sulla problematica sanità a cui anche la Croce Gialla fa parte, per troppo tempo assopite, e spero che non sia un fuoco di paglia.
Non capisco e non capirò mai, visto il punto fermo del nuovo ospedale di Campiglione come si possa spendere più di un milione di euro per mettere a norma Montegiorgio, più di trecentomila euro per quello di Sant'Elpidio a Mare, quanto con poche decine di migliaia di euro si può utilizzare l'ospedale di Montegranaro, tali dati sono stati riferiti dall'ex Direttore Genga in una intervista di pochi anni fa.

Walter Antonelli