martedì 15 dicembre 2015

Chi comanda a Roma fa quello che fa nei piccoli paesini



Perché vi meravigliate se la Boschi salva il padre, se Renzi salva il suo, se questo o quel politico cura gli interessi di famiglia o degli amici? Che c’è di male? Non funziona così dappertutto? Tu hai il potere e hai la possibilità di favorire tuo cugino o il tuo amico o anche quello che ti dà il voto e quello dei suoi amici e tu che fai? Non lo aiuti? Che male ci sarebbe?
Si fa così, ovunque, nei piccoli paesini e nei grandi centri, a livelli locali e nazionali. È tutto in scala ma è così. Ed è normale, per tutti. Perché siamo tutti scandalizzati nel vedere al telegiornale o su Facebook che la ministra salva la banca X o che il presidente del consiglio fa questo o quel provvedimento per favorire Y, ma poi, quando vediamo che nelle nostre realtà il favorito è un nostro amico, o magari siamo proprio noi, allora non ci sono più morali che tengano, non ci sono più rivoluzioni da fare.
Quanti non hanno mai chiesto o non chiederebbero mai una raccomandazione per sé o per un familiare? Quanti non andrebbero a chiedere a un amico amministratore di chiudere un occhio su qualche irregolarità? E quanti, magari sapendo che un amico lo ha fatto, si indignerebbero? Siate onesti, almeno con voi stessi. Io penso pochi. E se magari qualcuno si scandalizza per qualche appalto poco chiaro o per qualche manifesto favoritismo, quello è un matto che rompe le scatole. Anche per la nuova politica che, in queste cose, alla fine è come la vecchia, forse peggio. E ditemi voi come ci salviamo.

Luca Craia

La Montegranaro bella al lavoro per il presepe



C’è tutto un brulicare di vita in centro (e anche in altri quartieri). Ci sono un sacco di persone all’opera, ritagliando spazi e tempo in quello che rimane loro dopo gli impegni di lavoro e familiari, qualche volta rubando tempo, comunque sempre sacrificandosi e rinunciando a riposo o piacere. C’è chi cuce, chi incolla, chi impasta il cemento o taglia assi di legno. C’è chi carica, chi scarica, chi telefona, chi scrive, chi fotografa, chi prepara musiche e canti.
Bisogna anche sbrigarsi, perché Natale è vicino e per il 26 dicembre deve essere tutto pronto, perché tutte queste formichine che lavorano zitte zitte vogliono che tutto sia come deve essere, per loro stesse e per chi verrà a godere del loro lavoro. E quindi sotto con i costumi, con le scenografie, con la logistica, la promozione e gli effetti speciali. Vogliamo un grande presepe, che sia prima di tutto e soprattutto la testimonianza di un lavoro corale, voluto dai Montegranaresi per Montegranaro senza secondi fini, senza guadagnarci niente perché, per quanto incredibile, si può anche fare qualcosa solo per il piacere di farlo e per fare comunità.
Così il muratore prepara il magazzino per le attrezzature nel locale che ci ha messo a disposizione il dottor Bisacci, le donne cuciono vestiti, i calzolai fanno i sandali per i centurioni, il fotografo prepara il video mapping. E c’è chi procura materiali, chi fa i manifesti, chi si muove per promuovere l’iniziativa perchè vogliamo anche un gran pubblico.
Ma, a prescindere da record mondiali e risultati e apprezzamenti, c’è già un obiettivo non dichiarato che è stato raggiunto: si è creata concordia. Certo, non è la concordia universale che vorremmo tutti, almeno a Natale, ma ci sono tante, ma davvero tante persone che lavorano spalla a spalla, gomito a gomito per un traguardo comune. E, in tutto questo, il traguardo addirittura perde d’importanza perché, alla fine, quello che resterà sarà questo rinato spirito di comunità che, almeno in questo periodo, esiste ed è tangibile. Speriamo che duri, ma sta a noi farlo durare. Questa è la parte buona di Montegranaro, che non cancella certamente quella brutta e cattiva che pure esiste, ma traccia una strada per contrastarla e, chissà, in futuro, sconfiggerla.

Luca Craia

lunedì 14 dicembre 2015

La casa natale del Santo Patrono. Devozione e abbandono.



Eppure solo pochi anni fa vi fu posta una lapide commemorativa, una lapide appiccicata ad uno dei simboli della memoria corta dei Montegranaresi. Le foto che vedete testimoniano lo stato di abbandono di quella che è la casa natale di San Serafino, il santo patrono di Montegranaro, a cui ogni ottobre tributiamo tutti gli onori e la nostra devozione ma che poi dimentichiamo per il resto dell’anno.
La casa, di proprietà privata ma che dovrebbe essere interesse di ogni cittadino montegranarese, versa in condizioni pietose anche se non è accomunabile agli stabili pericolanti che pure sono numerosi nel centro storico. Il fabbricato, sito in via Solferino, ha subito numerosi rimaneggiamenti tanto che oggi di quella che era la dimora della famiglia del Santo non è rimasto altro che il suolo su cui era eretta e l’edificio che lo occupa è tutt’altra cosa di quello che fu. Ciononostante, a giudicare da come festeggiamo e glorifichiamo il nostro patrono nella data della sua ricorrenza, la casa dovrebbe essere tenuta in grande considerazione dai concittadini di San Serafino. Invece eccola qua, abbandonata e dimenticata.
E quella lapide, posta nel 2004, è il simbolo assoluto di come sia corta la nostra memoria e strano il nostro attaccamento alla nostra storia, alle nostre radici e alla nostra cultura, sia essa rappresentata dal nostro amato Patrono sia essa il nostro martoriato centro storico.

Luca Craia