Visualizzazione post con etichetta sfogo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sfogo. Mostra tutti i post

giovedì 7 luglio 2016

E d’estate si rabbocca l’odio



Come ogni anni d’estate rabbocco l’odio. Per carità, d’inverno non è che manchi, a primavera poi, con il risveglio degli ormoni, la produzione aumenta, ma d’estate, vuoi il caldo, vuoi la stanchezza accumulata, vuoi le feste alcooliche fino a prima mattina, l’odio sgocciola e io, da brava apicella laboriosa, ci rabbocco i miei bidoni. Ne ho davvero i bidoni pieni eppure continua a gocciolare.
Per raccogliere tutto questo odio ci vuole pazienza e impegno. Ci vuole dedizione. Ci vuole che uno si impegni a dire sempre quello che pensa, senza curarsi delle eventuali conseguenze. Per i produttori di odio e per gli odifici questo produce uno shock ed ecco che la produzione aumenta.
Così ecco i ragazzini di quarant’anni che si sentono coinvolti nella definizione che ho dato di scimmia, intesa come essere senza controllo a causa dell’abuso di sostanze, siano esse alcool o chissà cosa, che vengono da me e mi spruzzano tutto di odio, mi ungono proprio. E io, pazientemente, raccolgo nei miei bidoni.
Poi arriva la meglio gioventù del Maghreb, trapiantata per sua sfortuna nell’inferno italiano, che mal tollera la mia posizione sull’inopportunità (si badi bene, di quello parlo, senza parole offensive) di celebrare feste durante l’autopsia delle vittime del terrorismo islamico a spese della collettività (la palestra è pubblica, la corrente pure, le pulizie anche), e spruzza tutto il suo odio con qualche italiano a dargli una mano. E io metto da parte l’odio nei bidoni, con qualche preoccupazione, perché hai visto mai mi chiedano di recitare il Corano a memoria? Non sono preparato.
Poi c’è il solito Babbonatale, campione di tolleranza, che dall’alto del suo scranno dal quale dirige e fornisce illuminazioni a tutta la sinistra per bene, suggerisce di chiudere il mio blog. E io riempio i miei bidoni.
A tutto questo aggiungete l’odio che avevo già da parte, prodotto da vicesindaci e codazzi, da assessori e fidi lacchè, da presidenti querelanti, da sindaci dalla telefonata facile e da membri del direttivo con la lingua lunga e odorosa di fiori.
Ora mi si pone il problema: ho i bidoni pieni. Mi si stanno per rompere i bidoni. Dove lo metto tutto quest’odio? Io non lo uso, non so che farmene. Non l’ho mai usato, io mi limito a dire la mia opinione e non si capisce perché se lo faccio io è un dramma e se lo fa pincopallino no. Comunque, di tutto quest’odio ora che ne faccio? Lo vendo? Lo regalo? O lo butto negli appositi contenitori che il Comune ha predisposto?
Ah, quelli sono per l’olio? Allora devo aver letto male, scusate


Luca Craia

sabato 18 luglio 2015

Crocetta e la violenza dei nuovi media



Riflettevo sul caso Crocetta, un personaggio che non mi è mai piaciuto né politicamente né moralmente, ma che oggi mi ispira solidarietà perché, secondo me, è vittima non tanto di un complotto mafioso che lo vuole uccidere politicamente, come qualcuno ha ipotizzato, ma di un sempre più diffuso atteggiamento nei confronti della comunicazione.
Oggi abbiamo a disposizione dei mezzi formidabili per poter esprimerci e, soprattutto, comunicare il nostro pensiero. I social network ci offrono la possibilità, totalmente nuova, di poter scrivere e diffondere le nostre idee su qualsiasi argomento, dopodiché queste assumono una vita propria e viaggiano, a volte sparendo nel nulla, altre ingigantendosi e acquistando forza. È uno strumento potente e pericoloso. Ultimamente Umberto Eco si è occupato dell’argomento soffermandosi, però, sull’aspetto legato alla qualità dei messaggi che possono circolare. Io vorrei, senza ambizione alcuna di paragonarmi al dotto letterato, posare l’attenzione sul lato psicologico.
Di stress è inutile che parli, tutti sappiamo quanto ne siamo vittime e quanto questo crei in noi stati d’ansia, depressioni, frustrazioni e, talvolta, piccole o grandi psicopatologie. Dalle cronache vediamo una società che diventa violenta, vediamo esplosioni di rabbia incontrollate e pericolose manifestarsi anche in persone che mai avremmo creduto capaci di tanto. La violenza fisica, quindi, sta diventando un fatto quasi abituale, anche se, per ora, limitato a casi particolari, per quanto frequenti. Ma questa violenza deriva, credo, dalla compressione dello stress, delle ansie e delle frustrazioni quotidiane che, improvvisamente, trovano un varco e sfogano.
Nei social network accade la stessa cosa e, non essendoci la limitazione data dall’uso della fisicità che, spesso, diventa la barriera che ci mantiene lucidi nel rapporto tra persone nella vita reale, nel mondo virtuale tutta la rabbia incamerata trova facile sfogo non limitata dalle inibizioni fisiche. E, molto spesso, questa si convoglia automaticamente e con maggior facilità verso persone più in vista delle altre, che magari dicono qualcosa di fastidioso o compiono gesti che ci disturbano. Così esplode la reazione che è sempre estremamente sproporzionata, illogica e, soprattutto, violenta. C’è l’istinto a fare male che trova tutta la libertà di esprimersi nell’inconscia quanto errata certezza che il non poter nuocere fisicamente causi meno dolore.
Crocetta è una vittima di queste esplosioni di violenza sproporzionate e illogiche. Ma non è il solo. Chiunque abbia un minimo di visibilità mediatica è vittima di questi sfoghi. Io lo so bene pur essendo la mia visibilità infinitamente più piccola di quella alla quale mi sto paragonando. Eppure, se leggete certi commenti su alcuni post del blog o sulla pagina Facebook, vi potete rendere conto di come funzionino certi meccanismi. Pochi giorni fa ho pubblicato lo sproloquio di una persona che si è liberata probabilmente di tutte le sue frustrazioni vomitando addosso a me quintali di veleno. Ma non è il primo e non sarà l’ultimo.
E torniamo, per chiudere, a Crocetta. Sono convinto che non si possa giudicare una persona non perché ha detto qualcosa ma perché non l’ha detta. Sono convinto che il caso parli di niente. Sono convinto che Crocetta stia facendo da antistress per un manipolo di esagitati che cercano uno sfogo. Non c’è rimedio a questo, perché non si possono mettere bavagli alla comunicazione. Possiamo solo cercare di controllarci. Possiamo magari evitare di unirci ai cori quando non abbiamo nemmeno capito di cosa si parla. Ma di Crocetta ce ne saranno sempre di più perché di psicotici in cerca di conforto il mondo è pieno.

Luca Craia