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martedì 18 ottobre 2016

Il ritorno di Righetto



Enrico Ciccola è un uomo di indubbie qualità, un uomo onesto prima di tutto, un uomo caparbio, che si pone un obiettivo e lo persegue per il massimo che può fare, un uomo che generalmente sa cosa vuole. È anche un uomo che è stato in politica e ne conosce i meccanismi. Lo ricordiamo prima a capo del Comitato per la salvaguardia dell’ospedale di Montegranaro e poi assessore alla sanità. È un uomo che unisce, quindi, l’esperienza imprenditoriale di successo a quella politica. Un uomo che sa di poter essere utile.
Non so cosa stia spingendo Ciccola a tornare sulle scene dopo anni di assenza, anni in cui, per quanto sappiamo, si è dedicato esclusivamente al suo lavoro e alla sua azienda. Però si sta riaffacciando. Prima ha sostenuto l’iniziativa del Comitato “Buon Senso”, contrario al progetto di risistemazione di viale Gramsci. Ora lo vediamo organizzatore di un incontro politico-economico sul tema della crisi del comparto calzaturiero.
Un incontro che ci voleva, che era ora che qualcuno proponesse la cui organizzazione, ferma restando la lodevole iniziativa, sarebbe spettata più alle istituzioni che all’imprenditore. Ma, quando le istituzioni dormono beate, qualcuno deve pur muoversi e ben venga Ciccola, tanto più se riesce a farlo senza incorrere nelle ormai proverbiali ire funeste della Sindaca.
Però, se io fossi in politica, questa attività di Enrico Ciccola la osserverei con attenzione: ricordiamoci che le elezioni non sono così lontane, e uno come Righetto, fosse mai interessato a intervenire direttamente in politica, farebbe saltare un bel po’ di certezze e strategie. Vedremo.

Luca Craia

giovedì 6 ottobre 2016

Calzature: male la Russia. E la politica tace



A leggere quello che riporta il Corriere Adriatico oggi c’è davvero da essere preoccupati. Eugenio Scheggia parla senza mezzi termini del fallimento dell’Obuv, la fiera moscovita che è sempre stata, almeno negli ultimi trent’anni, uno dei punti di partenza per la produzione calzaturiera del distretto fermano. Il mercato russo è in crisi da tempo, lo sappiamo, ma ci si aspettava qualcosa di più, anche per i segnali di ripresa che, a livello mondiale, sembrano timidamente affacciarsi.
Eugenio e Mario Scheggia
Mal la Russia ha problemi gravi a cui far fronte, dalla crisi economica interna ai conflitti esteri, passando per le questioni climatiche che lo stesso Scheggia indica nella sua intervista. In tutto questo non c’è spazio di intervento per le istituzioni italiane. Ma c’è un altro fattore che influenza e, probabilmente, non poco, lo scambio commerciale tra Italia e Russia, scambio in cui la calzatura riveste un ruolo fondamentale: le sanzioni internazionali.
Queste sanzione, oltretutto ingiuste e immotivate, alle quali l’Italia aderisce per puro servilismo nei confronti della NATO e degli USA, stanno chiudendo l’ultimo spiraglio commerciale col Paese che, fino a poco tempo fa, era il maggior acquirente di scarpe marchigiane e montegranaresi al mondo. È singolare come gli amministratori del nostro territorio, che per la maggior parte appartengono e riflettono lo schieramento di Governo Nazionale, non muovano una paglia per questo problema.
Il governo regionale delle Marche e la maggior parte dei comuni calzaturieri sono retti dal PD. Come mai non si fanno carico dei problemi dei nostri imprenditori e creano pressione verso il Governo Renzi? Ricordo la gita del nostro Sindaco a Roma per visitare il Senato e inaugurare la “Sala delle donne”, ma non ricordo che il primo cittadino abbia relazionato alcun incontro con figure istituzionali per rappresentare le problematiche legate al mercato calzaturiero di cui il nostro paese vive. Se le istituzioni locali non aiutano in questo modo l’imprenditoria che dà ricchezza al territorio, come intendono sostenerla? A chiacchiere e basta?

Luca Craia

giovedì 11 agosto 2016

Crisi e disoccupazione a Montegranaro. Ne parla Giovanni Mariani dell’Epas



Se la crisi economica è feroce in tutta Europa ed è ferocissima in Italia, a Montegranaro, patria mondiale della calzatura, assume toni pesantissimi. Il comparto calzaturiero non è più florido come negli anni ’80 e ’90 già da tempo, ma in questi ultimi anni ha registrato un tracollo verticale che ha visto la fine di imprese storiche e la riconversione al netto ribasso di molte altre. Un paese che vantava di avere un laboratorio artigiano a ogni uscio, che mostrava ricchezza, opulenza e anche una particolare equità sociale, dove anche la classe operaia partecipava di tanto benessere, oggi deve fare i conti con grossi problemi economici. La disoccupazione è forse il più pesante e lo sanno bene i Montegranaresi costretti a fare file interminabili all’ufficio del lavoro.
Abbiamo chiesto a Giovanni Mariani, Montegranarese e Direttore Provinciale dell’Epas, come vede il quadro economico e occupazionale del nostro paese. “Non ci sono dati specifici riguardanti solo il nostro paese” afferma il direttore, “ma a Montegranaro ci sono CGIL, CISL, UIL, ACLI, CISAP e noi come FNA/CONFSAL, quindi 6 tra i più grandi e rappresentativi sindacati italiani” E prosegue:  “se soltanto noi a luglio abbiamo fatto 15 disoccupazioni e 45 ad agosto in soli 10 giorni, non essendo certamente il patronato più rappresentativo in termini di iscritti, figuratevi con gli altri quante disoccupazioni saranno state fatte solo a Montegranaro”.
Un quadro tutt’altro che tranquillizzante quindi. Secondo Mariani “le Aziende non tengono più il ritmo di questo governo che legifera senza un piano coordinato e concepito secondo le esigenze del popolo sovrano, quindi licenziano e magari, dopo poco tempo, riassumono per sfruttare le eventuali agevolazioni o soltanto per risparmiare”. Una questione politica e di difficoltà economiche pesanti quindi, che mette sullo stesso piano imprenditori e operai anche se con difficoltà oggettive diverse.
E se per chi è in età attiva i problemi sono seri, per chi avanza con gli anni le cose non sono migliori. “Sul lato previdenziale le cose sono cambiate molto” dice Mariani. “In questo periodo abbiamo svolto pratiche pensionistiche per sole tre persone, mentre dieci anni fa, nello stesso tempo, ne facevamo almeno cinquanta”. Sono decisamente dati preoccupanti che dovrebbero far suonare un allarme sociale e stimolare interventi pubblici più efficaci.

Luca Craia