sabato 15 ottobre 2022

Virzì cattivissimo che finge la redenzione. Siccità va visto assolutamente, sapendo che fa stare male.


Siccità. Non so se sia il film più cattivo di Virzì, o se sia il più crudo, il più spietato. Anzi, forse qui c'è uno scampolo di salvezza che di solito non c'è. Sicuramente è il lavoro più spettacolare del regista livornese che mi piace pensare come l'erede di Monicelli, quantomeno della sua cattiveria cinematografica. Una fotografia ossessiva, crudele, per rendere atmosfere ammorbate di sudore, afrori, calura e putrefazione tanto che sembra quasi di sentire la puzza di quell'umanità senz'acqua e senza speranza. La solita umanità miserrima e poverissima che Virzì dipinge puntualmente con implacabile precisione nel dettaglio, stavolta collocata in un futuro molto prossimo (lo dicono le targhe delle auto) a combattere coi propri errori irreparabili e i propri fantasmi, senza riuscire a farci pace mai, nemmeno in quel finale in cui il regista ci illude con una finta redenzione che in realtà non è altro che la normalizzazione della rinuncia alla felicità, la rassegnazione a un quotidiano che è meglio del rischio di essere liberi. I soli personaggi in qualche modo positivi sono i due del finale, unici forse senza colpe da espiare, vittime pure e anche loro senza salvezza se non nel riconoscersi umani. Un filmone davvero, che riconferma Paolo Virzì come uno dei migliori registi italiani (per me il migliore), sicuramente quello più crudo e vero. Andatevelo a vedere, perché è bellissimo ma andateci preparati, perché fa star male dall'inizio alla fine.

 

Luca Craia

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