sabato 17 aprile 2021

La dura vita (e morte) di un principe consorte, regale o di provincia che sia.


 

Oggi il mondo, anche se un po’ in sordina, darà l’ultimo saluti al re dei principi consorti: il duca di Edimburgo Filippo Mountbatten, uomo che va ammirato soprattutto per essere stato per un millennio o poco meno il marito della Regina delle regine, la Regina Elisabetta. La figura del principe consorte in genere mi ha sempre fatto molta tristezza, specie i principi consorti senza moglie regina, magari coniugi di una consigliera comunale o una sindachessa di provincia che costringe il poveruomo a giocare in difesa di cose indifendibili, dei suoi sbalzi d’umore, delle sue carognate arcigne. Uomini costretti a stare un passo indietro senza dignità per salvaguardare famiglia e qualche interesse personale che non guasta mai.

Il Principe Filippo, invece, ha sempre portato avanti il suo ruolo di marginalità con principesco stile ed regale eleganza, non disdegnando talvolta di accendere su di sé i riflettori, e fregarli alla consorte, con una delle sue gaffe inimitabili. Intendiamoci, tutti i principi consorti fanno figure barbine, anzi, pare che quelli di bassa tacca ne facciano di ben peggiori, ma le figure barbine bisogna saperle fare, e il Principe Filippo era un maestro, un faro nella notte.

Oggi lo saluteremo per sempre, dicevo, in questi tempi cupi in cui non puoi destinare nemmeno un estremo saluto degno di essere tale. Una trentina di persone in chiesa, poche per strada. Credo che Filippo meritasse di più. Dopo una vita un passo indietro, due ali di folla a salutare il passaggio del feretro se le sarebbe meritate. Ma lui, alla fine, sarà contento così: se ne va sulla sua amata Land Rover che si è fatto modificare, su suo disegno, proprio per metterci sopra la regale cassa e forse, come soddisfazione, gli è sufficiente. Un maestro fino all’ultimo. Studiate, principini consorti di provincia, come si sta all’ombra della moglie con stile.

 

Luca Craia

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