martedì 4 agosto 2020

Che differenza c’è tra il ponte di Genova e il Centro Italia terremotato?


Sul Centro Italia terremotato non puoi organizzare uno spettacolo delle Frecce Tricolori: troppo vasto. Dove ti metti a fare la cerimonia se ricostruisci il Centro Italia terremotato? Dove piazzi le telecamere? Quante ce ne vogliono? E dove lo trovi un arcobaleno talmente grande da prendere tutto il Centro Italia terremotato? Probabilmente la differenza tra il terremoto del 2016 e il crollo del Ponte Morandi è tutto qui: nel Centro Italia terremotato non puoi spettacolarizzare l’evento della ricostruzione, non funzionerebbe, non avrebbe lo stesso impatto emotivo, non avrebbe lo stesso risultato propagandistico.
Diciamolo: del terremoto del 2016 ormai, non se ne parla quasi più, a parte quando un tg qualsiasi ha bisogno di fare un servizio lacrimevole. Non frega più niente a nessuno, e a qualcuno va persino bene lo stato attuale: quelli che si sono inventati un lavoro che non avevano, un ruolo, un personaggio; Sindaci di paesini sperduti e sconosciuti diventati famosi improvvisante; professionisti che prendono incarichi; sfaccendati che fanno gli ospiti televisivi; pensionati annoiati che scrivono libri. Se ricostruiamo, che gli facciamo fare a questi?
Poi, vabbè, tralasciamo la solita tiritera che ormai ha annoiato: non vogliono ricostruire perché la desertificazione delle zone montane era già programmata da tempo, perché servono spazi liberi dalla gente per farci quello che ci pare, perché in montagna c’è il petrolio del futuro, l’acqua. Sono discorsi che abbiamo fatto milioni di volte e ormai ci rimbombano in testa come un fastidio, un rumore a cui ti abitui ma, se cessa, è meglio.
Eppure converrebbe ricostruire il Centro Italia: immaginate che cantiere, immaginate quante imprese a lavorarci, quanti operai. Immaginate che fiume di soldi, che spinta al PIL, quanta ricchezza produrrebbe una cosa del genere. A voler essere cattivi, converrebbe anche alle mafie che, fino a oggi, hanno dovuto arrabattarsi e inventarsi qualcosa per cercare di raccogliere quel poco che c’era da raccogliere. Eppure non si ricostruisce.
Se Genova ha dimostrato al mondo quanto siamo bravi noi Italiani quando ci mettiamo, quanto sappiamo essere rapidi nella soluzione dei problemi (anche se il ponte non è a norma, ma vabbè, siamo in Italia), il Centro Italia Terremotato non lo so cosa dimostra. Bisognerebbe chiederlo a chi stava a Genova ieri, e ai tanti che si sono spellati le mani con gli applausi. Io, sinceramente, di applaudire non me la sento.

Luca Craia