I volontari della
Protezione Civile, con grande impegno e mettendosi a rischio contagio, stanno
consegnando porta a porta le mascherine che il Comune di Montegranaro ha
assegnato alla popolazione. Si tratta di mascherine monouso, alcune di tipo
chirurgico, altre di qualità decisamente più bassa, e a ogni famiglia spettano
una o due mascherine, non si sa bene secondo quale criterio. Infatti a famiglie
di quattro persone, in alcuni casi sono arrivate due mascherine, in altri una
soltanto.
Ora, io sono ben
conscio di tirarmi addosso un sacco di critiche, perché oggi allontanarsi dal
pensiero unico è pericoloso, e il pensiero unico prevede che, in un momento di
emergenza come questo, non si possa dissentire da scelte ritenute sbagliate. Ma
io mi sento di dissentire da questa scelta, che reputo sbagliata e che mi dà la
netta impressione che sia pura propaganda e niente più.
Lo sbaglio è
semplice da spiegare: una mascherina monouso, per definizione, la puoi usare
una volta sola. Per cui, questo sforzo economico e organizzativo, che mette in
campo i volontari della Protezione Civile coi rischi che ne conseguono, non è
commisurato al risultato. Il risultato è che, a ogni famiglia, arrivano una o due
mascherine che possono essere utilizzate una sola volta. Cosa risolvono, queste
mascherine? Quanto sono costate, economicamente e in termini umani? Lo sforzo
non è commisurato al risultato.
E non può valere
il solito concetto del “piuttosto che niente è meglio piuttosto” perché, in
questo caso, sarebbe stato meglio niente. Mi spiego: questo investimento fatto
dal Comune, non poteva essere diretto a qualcosa di più concreto, per esempio
ad abbassare la tassa sull’immondizia alle attività che sono rimaste chiuse per
un lungo periodo perdendo una cospicua parte di fatturato? E le mascherine
donate al Comune, non potevano essere destinate in blocco agli operatori o alla Caritas, come hanno fatto a Monte Urano, o alla Croce Gialla, che ne
avranno bisogno ancora per molto tempo?
Purtroppo,
registro la solita massa di tifosi che tacitano ogni tipo di critica sui
social. In Italia non si può più dissentire, quando il dissenso, in un Paese civile ed evoluto, dovrebbe essere
uno strumento di miglioramento e di crescita. Invece da noi vige il pensiero
unico e discostarsene equivale a essere tacciati di disfattismo se non di
antipatriottismo. E questo mi preoccupa, perché sta diventando una sorta di
limitazione delle libertà di pensiero e di espressione che, dopo la
soppressione della libertà di movimento e la sostanziale repressione del ruolo
istituzionale del Parlamento, è rimasta l’unico spiraglio di democrazia. Da qui
alle purghe il passo potrebbe essere breve.
Luca
Craia