martedì 4 febbraio 2020

I manoscritti di Leopardi nel nuovo museo. È il simbolo della rassegnazione alla non ricostruzione.


Sono contento che i manoscritti di Leopardi tornino a essere fruibili dal pubblico in una struttura espositiva, è un’ottima notizia. Però ha uno strascico amaro. Non torneranno, infatti, nella loro sede originaria, il Museo Civico e Diocesano che insisteva sulla piazza dei Martiri Vissani semplicemente perché la piazza è ancora zona rossa, a tre anni e mezzo dal terremoto; è ancora chiusa la piazza, sono chiuse le antiche bellezze vissane, non si può passeggiare sotto il portico, fa acquisti nei negozi storico, visitare la Collegiata. Nonostante il tempo sia passato inesorabile, nel centro storico di Visso è tutto come il giorno dopo il terremoto, o quasi.
Quindi si sta costruendo una nuova piazza. I Vissani non si arrendono, non la lasciano morire, Visso, come qualcuno magari si augurava. Ma si rassegnano a non rientrare nel loro borgo antico, dentro le mura, a non riavere indietro il loro paese, le loro radici. Del resto, se vogliono sopravvivere, devono adattarsi e lo fanno ricostruendo la vita della loro comunità da un’altra parte, poco lontano. Però è triste perché, in un mondo ideale, oggi i Vissani dovrebbero girare tranquilli tra le pittoresche viuzze del castello, attraversare i ponticelli, andare a messa in Collegiata e accogliere i turisti nelle loro preziose strutture. Ma così non è, allora ben venga la piazza nuova. E la nuova casa per L’Infinito.

Luca Craia