Sono
contento che i manoscritti di Leopardi tornino a essere fruibili dal pubblico
in una struttura espositiva, è un’ottima notizia. Però ha uno strascico amaro.
Non torneranno, infatti, nella loro sede originaria, il Museo Civico e
Diocesano che insisteva sulla piazza dei Martiri Vissani semplicemente perché la
piazza è ancora zona rossa, a tre anni e mezzo dal terremoto; è ancora chiusa
la piazza, sono chiuse le antiche bellezze vissane, non si può passeggiare
sotto il portico, fa acquisti nei negozi storico, visitare la Collegiata.
Nonostante il tempo sia passato inesorabile, nel centro storico di Visso è
tutto come il giorno dopo il terremoto, o quasi.
Quindi
si sta costruendo una nuova piazza. I Vissani non si arrendono, non la lasciano
morire, Visso, come qualcuno magari si augurava. Ma si rassegnano a non
rientrare nel loro borgo antico, dentro le mura, a non riavere indietro il loro
paese, le loro radici. Del resto, se vogliono sopravvivere, devono adattarsi e
lo fanno ricostruendo la vita della loro comunità da un’altra parte, poco
lontano. Però è triste perché, in un mondo ideale, oggi i Vissani dovrebbero
girare tranquilli tra le pittoresche viuzze del castello, attraversare i
ponticelli, andare a messa in Collegiata e accogliere i turisti nelle loro preziose
strutture. Ma così non è, allora ben venga la piazza nuova. E la nuova casa per
L’Infinito.
Luca Craia