sabato 18 gennaio 2020

San Nicola senza fondi dopo il terremoto. Padre Giustino Casciano accende la luce sul disastro delle chiese terremotate.


Quando parli di chiese e della loro ricostruzione devi per forza fare i conti col dabbenismo di tanti che attaccano la tiritera “prima le case poi le chiese” oppure “ci pensi il Vaticano coi suoi soldi” eccetera, ma sfiderò la sorte. La notizia diffusa dall’ANSA oggi circa la denuncia di padre Giustino Casciano, che lamenta il fatto che la Basilica di San Nicola, a Tolentino, sia ancora senza fondi per riparare i danni dal terremoto, offre lo spunto per ragionare sui beni culturali colpiti dal sisma e sul progetto che si ha, o che non si ha, per recuperarli in fretta. E, vista la situazione, il progetto non lo si ha, perché non è solo San Nicola ad aspettare invano, ma molte chiese meno “importanti” diffuse su tutto il territorio. 
E, se San Nicola è fondamentale per rilanciare il turismo culturale e religioso a Tolentino, altre chiese e strutture ecclesiastiche lo sono altrettanto per il territorio in cui insistono. C’è un’economia che viveva di turismo, prima del terremoto, e che si è bloccata tre anni e passa fa. Ma c’è anche una economia potenziale, futura, un’economia su cui l’oculatezza dell’amministratore pubblico e del governante dovrebbe puntare con tutta la forza, che è legata al turismo, in un territorio come quello marchigiano che ha un enorme potenziale inespresso e che, fermo da anni per il terremoto, non ha alcuna possibilità di diventare volano di una nuova ricchezza che vada a sostituire quella manufatturiera ormai moribonda.
Il problema, quindi, è la mancanza di una visione. Come in ogni settore del Paese, anche in quello turistico e culturale si procede a vista e non si riesce a formulare un progetto che possa portare risultato. Ricostruire le case è ovviamente fondamentale per ridare vita al territorio, ma nel contempo bisogna far ripartire l’economia, altrimenti il territorio muore comunque e le case ricostruite, se mai ci saranno, rischiano di rimanere vuote perché la gente non ha di che vivere. I beni culturali possono essere il volano di questa nuova economia, ma non sono evidentemente nella mente di chi ci governa se non per iniziative buttate qua e là, a caso.

Luca Craia

(foto Ansa)