giovedì 26 dicembre 2019

Gli umanitari selettivi. 

Ho visto, in questi giorni di festa, un servizio della RAI che raccontava la storia di una donna che vive in macchina. La signora aveva un'attività in proprio che è fallita. Da lì è arrivato lo sfratto. La sorella, gravemente malata, viveva con lei e ora è in ospedale. La nipote quindicenne, che pure abitava nella stessa casa, è stata data in affidamento. E lei vive in macchina da mesi. La nostra società le ha smontato la vita. Non c'è stato alcun ammortizzatore sociale per lei, lavoratrice autonoma senza diritti. La nostra società ha preferito dare in affido la nipote e seppellire in un letto di ospedale la sorella piuttosto che aiutare tutte e tre a superare le difficoltà e rimanere insieme. Natale era ieri, oggi posso essere un po' più cattivo, e divento cattivo pensando a questa donna che dorme in macchina e a un signore magrebino che conosco, pregiudicato, probabilmente dedito ad attività poco lecite, che non lavora ma vive con la famiglia in in alloggio popolare. Penso a questo e mi convinco che qualcosa non funzioni. Penso anche a quelli che ci esortano a restare umani dai loro lussuosi appartamenti o dai loro costosi SUV, che fanno crociate a favore degli immigrati ma non si pongono il problema di questi Italiani dimenticati, senza diritti e senza aiuti, Italiani lasciati soli a guardare i frammenti della loro vita dissolversi nel nulla, nell'indifferenza dei buoni. Non è questione di mettere prima gli Italiani. La questione è che non ci può essere una solidarietà selettiva, di comodo. Perché, vedete, fare gli umanitari con stranieri sconosciuti è molto più facile che aiutare gente a noi vicina, le cui disgrazie hanno tante implicazioni da affrontare e risolvere che sarebbe troppo complesso metterci le mani. Meglio fare finta di niente e occuparci d'altro. Paga di più un presepe sul gommone. 

Luca Craia