sabato 9 marzo 2019

La sinistra che dileggia e disprezza gli Italiani che non sono (più) di sinistra.


Stiamo assistendo al massacro della sinistra italiana. Un massacro perpetrato dalla mano tremolante della stessa sinistra, un suicidio tramite autotortura che sembra non finire mai e che offre uno spettacolo di tristezza infinita a chi, come me, crede nel pluralismo e nella necessità di confronto tra idee differenti per ottenere la vera democrazia. Credo che la morte della sinistra italiana avverrà per le evidenti contraddizioni politiche, per aver perso completamente di vista la realtà, per aver dimenticato il proprio elettorato per spostarsi verso una élite a cui i problemi reali degli Italiani sono ignoti. Ma, soprattutto, la sinistra italiana morirà a causa della sua profonda mancanza di rispetto verso la controparte politica e verso gli Italiani stessi.
La bestemmia che campeggia su uno striscione di un corteo femminista è l’emblema di questa mancanza di rispetto, un corteo che dovrebbe avere come scopo proprio quello di chiedere rispetto per la donna diventa lo scenario in cui muovere insulti a chi crede in Dio, a quegli Italiani che vedono la propria religione come un valore, oltre che un’identificazione culturale. 
Così come il cartello della Senatrice Cirinnà, che dileggia quelli che sono valori fondamentali per tanti Italiani, come patria, Dio, famiglia, quegli Italiani che vedono nei propri cari la ragione di vivere, che amano il proprio Paese e lo chiamano Patria, quel sostantivo che sembra essere così ridicolo per la Senatrice e quelli che ragionano come lei. 
E ripenso a tanti altri episodi, all’insegnante che insultava i poliziotti e ne chiedeva la morte, alla ragazza che invocava il sesso da parte dei migranti, ai roghi dei fantocci. Sono tantissimi gli esempi in cui a sinistra dimostra profondo disprezzo per l’avversario politico ma anche per quegli Italiani che non si riconoscono o, forse, non si riconoscono più in questa nuova sinistra, così diversa da quella che ricordiamo e che si occupava delle classi più deboli, non degli slanci pseudoumanitari dell'alta aristocrazia.

Luca Craia