martedì 20 novembre 2018

Montegranaro deserta, escono solo i vandali. Un paese morto è un paese che va in mano ai delinquenti.


Vedere un paese morto, nel fine settimana, è una cosa a cui non ci si abitua, anche se orai sono anni che la situazione è questa. È una cosa che fa male, specie a chi, come me, ricorda ben altri scenari nei fine settimana, quando la gente usciva, andava al cinema, andava nei caffè, si incontrava e parlava. Oggi Montegranaro, come del resto moltissimi paesini dell’entroterra, nei fine settimana è un luogo desolato e desolante, dove circola solo chi deve andare a fare qualche commissione. E, nelle ore tarde, il deserto si trasforma in terreno di scorribande tra balordi, dove il cittadino farebbe meglio a non avventurarsi.
Il processo di desertificazione dei centri urbani dell’entroterra ha radici profonde, parte dal richiamo delle città della costa di un tempo che si è trasformato nel richiamo dei grandi centri commerciali, che si sono sostituiti alle varie Civitanova o Porto San Giorgio che sia, spopolando anche quelle che una volta erano le mete del passeggio domenicale. Quindi è un fenomeno che non riguarda solo Montegranaro. Solo che a Montegranaro non vi si pone riparo, e questo nonostante i programmi di rilancio, gli investimenti e le volontà verbali di cambiare registro. Si sono spesi anche dei bei soldi per riportare la gente di Montegranaro a spasso a Montegranaro, ma i risultati non ci sono, si è fallito miseramente, sperperando denaro pubblico.
Il punto è che Montegranaro non ha attrattive. Non ne ha per i giovani, e questo è abbastanza naturale, ma non ne ha nemmeno per le famiglie. Il cinema è chiuso, i locali sono pochi e poco seducenti; addirittura, dopo il terremoto, è stata chiusa anche la chiesa di San Francesco che, comunque, portava gente in centro per la messa. Il risultato è quello che vediamo tutti o, almeno, quelli che ci provano a farsi un giro in centro la domenica: il marciapiedone è vuoto, lo sono i giardini, la piazza è spettrale, il Campo dei Tigli è il Bronx. E non è questione di freddo o caldo, di stagioni, di orari. È sempre così, appena meglio d’estate.
Occorre ripensare tutto, e sarebbe opportuno ripensarlo prima di spendere altri soldi. Occorre un progetto complessivo, non opere faraoniche realizzate al solo scopo di inaugurarle. È importante, perché un paese vivo è anche un paese che combatte il degrado, che non dà spazio ai delinquenti. Un paese vivo è anche un paese in cui è conveniente aprire una nuova attività o investire in quelle vecchie. Un paese vivo è un luogo migliore in cui vivere. Ma non servono le feste di una settimana o le discoteche in piazza fino all’alba, serve un progetto serio, ponderato, che porti a investimenti produttivi e non a soldi buttati al vento gelido di viale Gramsci.

Luca Craia