È una decisione importante, quella presa dal
dirigente regionale del settore valutazioni e autorizzazioni ambientali a
proposito della richiesta di revisione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale
presentata dalla proprietà dell’ex cementificio Sacci di Gagliole, una
decisione che potrebbe modificare sensibilmente anche l’atteggiamento della
politica nei confronti della ricostruzione post terremoto. Cerchiamo di capire perché.
L’Heidelberg Cement, gruppo tedesco proprietario dell’impianto,
aveva presentato richiesta di AIA per convertire gli impianti, tra l’altro
fermi da tempo, in modo da poter produrre del cemento Clinker, per il quale è
possibile utilizzare materiali più poveri del cemento stesso, tra i quali anche
i rifiuti inceneriti. Ed era proprio questo il timore di molti cittadini, tra l’altro
riunitisi in comitato proprio per evitare che questo potesse capitare. E il
rischio c’è stato, e anche serio, visto che l’AIA era stata concessa e il
cementificio avrebbe potuto ripartire con la produzione, anche mettendo in
funzione il forno clinker nel quale è possibile incenerire rifiuti di diversa
provenienza, con ovvie e preoccupanti conseguenze sulla salute pubblica.
L’incidenza di malattie gravi, come i tumori,
riconducibili alle attività di incenerimento è molto alta nell’area del
cementificio, in particolare tra i comuni di San Severino, Gagliole e
Castelraimondo. La preoccupazione, quindi, per la riattivazione dell’impianto,
definito senza mezzi termini ecomostro, era forte e motivata. Ma la politica
locale ha sempre giocato a rimpallarsi le responsabilità tra enti, evitando di
prendere qualsiasi decisione, anche in funzione del fatto che, comunque, la
chiusura del cementificio aveva già comportato la perdita di numerosi posti di
lavoro. Una decisione, quindi, sarebbe stata impopolare qualsiasi essa sia
stata. Un successivo ricorso al TAR aveva poi bloccato l’autorizzazione, blocco
per il quale la proprietà degli impianti aveva fatto richiesta di revisione.
A chiudere la questione, anche se temporaneamente,
visto che è ancora possibile ricorrere da parte della proprietà, è arrivato il
diniego alla revisione, stabilendo che gli impianti vanno smantellati. Rischio
scongiurato, almeno per ora.
Tutto questo può essere analizzato anche all’interno
di quanto accaduto per il terremoto e alla sospetta strategia della
desertificazione. Un luogo desertificato è privo di cittadini che si oppongano
a decisioni come quella di realizzare un inceneritore in mezzo all’abitato e,
se l’abitato non c’è più, il problema non si pone. Forse è proprio per progetti
di questo genere che si tende a rallentare se non a bloccare i processi di
ricostruzione, creando i presupposti per i quali la gente se ne vada dalle zone
terremotate lasciano un vuoto umano che può essere molto utile a progetti
simili.
Luca Craia