Sono convinto che, se chiediamo ai nostri ragazzi,
quelli ancora a scuola o quelli ancora giovani, ove per giovane si intende il
fatto anagrafico e non quello mentale per il quale diversi cinquantenni ancora
sculettano per strada o nei locali, cosa si ricorda il 24 maggio, pochi o
nessuno lo sappiano dire. In effetti anche sui social, dove sembra essersi trasferita
l’esistenza sociale di quasi la totalità degli Italiani, non sono riuscito a
trovare alcun accenno a questa data, né su pagine istituzionali né private,
quandanche di persone note per passione storica o amor patrio.
Eppure il 24 maggio è una data importante per l’Italia.
Per chi non lo sapesse, il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra, in quel
conflitto noto con l’appellativo di grande, un conflitto che causò una quantità
di morti e di tragedie mai verificatesi fino ad allora e che vide, dopo tre
anni, in nostro Paese uscire vincitore per quanto prostrato dallo sforzo
bellico. A parte, però, il dato storico, su cui non intendo dilungarmi, la ricorrenza
è stata sempre celebrata, in passato, come simbolo di patriottismo, con uso
abbondante di retorica.
Oggi, che la retorica sembra essere diventata un
qualcosa si repellente o, forse, si è trasformata mutandosi in qualcosa di meno
elevato ma comunque efficace, ben nascosta da un eloquio tutt’altro che forbito
come quello usato in passato, questi simboli italici vengono gradualmente
rimossi. Tra le prime vittime dell’antiretorica moderna o, per meglio dire, della
nuova retorica che rifiuta la retorica classica, c’è proprio la celebrazione
del 24 maggio.
Parlare in questi tempi di vittoria italiana, di amor
patrio, di sacri confini equivale a essere tacciati di nazionalismo, inteso
nella peggiore accezione, quando non direttamente di fascismo. Eppure un minimo
di amo patrio deve essere rimasto, da qualche parte, e sarebbe un bene
ritrovarlo anche perché, al netto della retorica, parlare di patria equivale a
fare l’interesse della propria Nazione che, in fin dei conti, sarebbe casa
nostra.
È per questo che voglio augurare a chi ha avuta la
pazienza di leggermi fino a questo punto un buon 24 Maggio, non tanto nel
ricordo della sanguinosa Grande Guerra, quanto nel tentativo di recuperare in
senso positivo quell’amor patrio quasi scomparso ma del quale credo ci sia
ancora un notevole bisogno. Oggi, forse, più che mai.
Luca Craia