mercoledì 29 novembre 2017

La De Micheli doveva scegliere tra la ragion di Stato, la ragione di partito e la ragione. Ha scelto.



Succedere al disastroso Errani non era cosa facile, eppure, per un istante, forse ho creduto che Paola De Micheli potesse dare quel colpo di volano necessario per mettere in moto una situazione colpevolmente immobile, bloccata tra gli inceppamenti programmati della burocrazia e una politica che sempre di più sembra avere disegni ben diversi da quelli di cui la Nazione Italia ha realmente bisogno.
Doveva scegliere, la De Micheli, tra la ragion di Stato, che in questo momento vorrebbe perpetrare lo spopolamento della zona montana del Centro Italia iniziato col terremoto, la ragione di partito, quel Pd che le consegna il pane quotidiano conferendole incarichi a pacchi, tutti remunerati, e che ora ha la necessità di coprire al meglio le magagne affinchè l’opinione pubblica non si accorga di quanto poco si stia facendo a danno della Gente italiana. Oppure poteva scegliere di cambiare rotta.
Poteva farlo, faceva in tempo, certamente non sanando il danno conseguito nel primo anno di post terremoto, ma comunque invertendo la direzione e cominciando finalmente a fare e a fare per e con i terremotati. Purtroppo la scelta è ricaduta sulle prime due opzioni, che poi sono un’unica scelta, mettendo ancora dietro ad altri interessi quelli reali della popolazione.
Ha scelto, la De Micheli, e l’ha comunicato in maniera inconfutabile, prima dalla Leopolda, dichiarando smaccatamente e scientemente il falso, e poi con la pubblicazione e la reiterazione delle scelte circa le destinazioni dei fondi provenienti dagli SMS solidali. Non c’è soluzione di continuità tra Errani e la sua sostituta, non c’è alcuna differenza di vedute, di progetti, di idee. C’è solo un’affinata arte di intorpidire le coscienze, sedare in dissenso e fare circolare l’informazione più opportuna per il potere, informazione che non coincide con la realtà ma la sostituisce nelle menti e nella percezione dell’opinione pubblica.
E, per quanto voci isolate come la mia, piccole voci ormai roche e senza forza, cerchino ancora di gridare “non è vero”, a prevalere sono ancora i sorrisi indotti, le bandierine sventolate dai bambini, le inaugurazioni compulsive e le manovre dal basso delle consuete passionarie e dei consueti affabulatori di regime.

Luca Craia

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