Massimo Sergoli di Unicam |
È un concetto talmente semplice, lapalissiano direi, che mettere
insieme ben quattro università per esprimerlo somiglia alla favola della
montagna e il topolino. Ma tant’è che qualcosa bisogna pur fare e, piuttosto
che fare cose concrete, si preferisce affidare studi e progetti che, in realtà,
non servirebbero se solo si facesse davvero e con celerità quello che c’è da
fare.
Così appare quanto meno strampalata l’idea dell’Ufficio di Presidenza
della Regione Marche, presentata stamattina ad Ancona, di mettere insieme i
quattro atenei universitari regionali per dirci che, se ricostruiamo senza
creare un tessuto economico che sostenga la società civile, la ricostruzione
sarà inutile. Significa che se facciamo le case ma non ci mettiamo dentro la
gente, o non diamo alla gente modo di vivere e sostentarsi, quelle case, quelle
città, rimarranno vuoti simulacri. Amen, lo sapevamo pure senza studi
universitari.
Il punto, però, è che si vorrebbe proporre un progetto di sviluppo
alternativo per le aree terremotate. “"La ricostruzione materiale,
che comunque si farà, rischia di essere sganciata dallo sviluppo reale di
questi luoghi – secondo Massimo Sargolini dell'Università di Camerino -, non
sappiamo chi costruiamo e se e quante persone torneranno a vivere in questi
posti. Un altro rischio è quello di stare fra passato, presente e futuro, e non
nella necessaria contemporaneità, pensando di ricostruire tutto com'era prima. È
necessario lavorare in questo momento storico avendo la memoria del passato ma
con la visione del futuro".
Non
sono parole dette a caso. A valutarle bene, mettono i brividi. Perché qui si
sta mettendo in discussione il modello di vita dei paesi colpiti dal terremoto,
un modello di vita, economico e sociale che, fino alla catastrofe che si
abbattuta su questi luoghi, funzionava, magari non perfettamente, ma
funzionava. L’idea di Sergolini, invece, è di modificare questo modello.
Sergolini pensa che ci sia “il rischio della separatezza fra la lentezza di
questi luoghi, che è parte della loro bellezza, del paesaggio, della cultura, e
la velocità della globalità. La lentezza non dovrebbe rimanere chiusa,
asfittica, ma agganciarsi alla possibilità di un nuovo sviluppo".
Io non
credo che i cittadini di Visso, Ussita, Castelraimondo, Arquata vogliano
rimodellare le loro esistenze, i loro stili di vita, la loro programmazione
economica sulla base di uno studio universitario. Io credo che la cosa più
saggia e intelligente da fare sia ripristinare prima possibile l’esistente, non
solo le case, ma lo stesso tessuto economico e sociale. E invece è proprio quel
tessuto economico e scoiale che non si è affatto pensato a salvaguardare,
smembrando le comunità e facendo scorrere il tempo senza alcuna azione volta
alla tutela delle imprese, dell’economia, della struttura sociale di queste
aree.
Non si
è fatto nulla in nove mesi, e ora ce ne usciamo con un progetto di
ristrutturazione economica che non serve, perché basta rimettere in funzione il
modello preesistente, che funzionava. Ma, mancando la volontà politica di farlo,
anzi, con l’evidente intento di spazzare via quanto è stato sospeso dal
terremoto per realizzare chissà cosa, il progetto presentato dall’Ufficio di
Presidenza appare come una densa cortina di fumo che vuole nascondere altri
intenti, intenti che, solo pensarli, fa paura.
Luca Craia
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