C’è il
terremoto che ti caccia da casa, che ti manda a vivere altrove, che ti mette
due sbarre alla vita passata e non ti fa vedere quella futura. Poi c’è il
terremoto che porta via i pezzi. Ha il rumore di una pala meccanica, l’odore
acre della nafta bruciata e della polvere di mattone sgretolato. Posso solo immaginare
cosa sia vedere buttare giù la propria casa. Sarà come vedere la corrente del
fiume che porta via i ricordi, gli odori della cucina che riecheggiano nelle
stanze vuote, i sapori dei baci dati ai tuoi cari. Un colpo di escavatore al
muro, un colpo al cuore. E la polvere che si impasta con le lacrime. Una casa è
una scatola, dentro ci si custodiscono storie, ricordi, immagini che si
proiettano sul muro all’improvviso. L’infanzia, i giochi, le ginocchia dei
nonni sulle quale sedersi, le sedie che cigolano, una porta che sbatte per una
corrente d’aria. E poi arriva un giorno che tutto si spacca. E poi arriva un
giorno che una pala meccanica porta via tutto, caricandolo sul cassone di un
camion. E lì rimane uno spazio polveroso, pieno solo di ricordi, e del naso che
cola per la polvere e il pianto. Alzi gli occhi e vedi la montagna, lì sopra,
che tutto ha visto e tutto ricorda. Muta, vigila e attende. Arriverà il giorno
in cui una nuova casa riempirà quello spazio vuoto, pronta a riempirsi di nuovi
ricordi. E in una stanza si possono mettere anche i vecchi, perché il camion
non li ha portati via.
Luca
Craia
Grazie a Silvia Bonomi per la foto rubata e l'ispirazione
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