lunedì 4 febbraio 2019

Appalti SAE: nelle Marche hanno lavorato ditte irregolari. Sono mancati i controlli della Regione.


È Repubblica a dare la notizia, una notizia che in realtà era intuibile ma che, messa nero su bianco, aggiunge un’altra riga pesante alla lunga lista dei disastri compiuti durante l’emergenza terremoto. L’Autorità Anticorruzione, che indagava sugli appalti delle cosiddette Soluzioni Abitative di Emergenza, ossia le famigerate SAE, è arrivata a fine indagine e ha scoperto che, per la costruzione delle casette, molte delle ditte che hanno lavorato in subappalto non erano in regola con il fisco. Inoltre, l’Autorità diretta da Raffaele Cantone ha sollevato dubbi anche sui certificati antimafia, puntando il dito in maniera netta e decisa contro le Regioni Marche e Lazio, ree, secondo Cantone e il suo ufficio, di non aver controllato a dovere come era loro preciso compito.
Dal canto suo la Regione Marche si è giustificata dicendo che le richieste di subappalto erano davvero troppe, circa 1300 per 2000 unità abitative da montare il 29 comuni. Una giustificazione che, però, non convince, anche perché, valesse questo principio, sarebbe troppo facile lavorare nella piena illegalità. In ogni caso tutti gli atti sono stati inviati dall’Autorità alla Procura della Repubblica di Ancona e a quella di Rieti.
Casette sbagliate fin dal progetto, costruite e montate male, molte delle quali stanno già cadendo a pezzi aggiungendo disagi ai disagi che devono subire i terremotati. Non c’è nulla di sorprendente nell’apprendere che, oltretutto, ci sono state irregolarità piuttosto gravi anche da un punto di vista amministrativo. È solo un’ulteriore conferma di quanto tutta la cosa sia state gestita male, con approssimazione, scarsa competenza e con responsabilità politiche che sembrano sempre più pesanti.

Luca Craia

venerdì 1 febbraio 2019

HOTEL HOUSE: PER LEONARDI SUL TAVOLO TECNICO IL PD FA IL GIOCO DELLE TRE CARTE


PER L'ESPONENTE DI FDI RIDURRE IL PROBLEMA HOTEL HOUSE AD UN TEATRINO E' LA SCONFITTA DELLA POLITICA

Comunicato integrale

Il PD invece di pretestuosi attacchi agli avversari politici dovrebbe fare un serio “mea culpa” visto il totale disinteresse dimostrato negli anni verso i problemi dell'Hotel House! La risposta del Consigliere Regionale Elena Leonardi non tarda ad arrivare e a sottolineare tutte le mancanze di un partito che ha lungamente governato non solo la Regione ma anche l'Italia.
Quali interventi portò la visita dell'allora Ministro dell'integrazione Kyenge se non usare l'Hotel House come bandierina per promuovere lo Ius soli? Quali soluzioni adottò il più interventista degli esponenti del PD, il Ministro dell'Interno Minniti, che scelse proprio le Marche come collegio elettorale? E il senatore Morgoni? Più di impedire la visita di Salvini al condominio non mi risulta sia riuscito a fare per l'Hotel House. Sostengono che sui problemi di questo palazzone mi sia lavata le mani – prosegue l'esponente del partito di Giorgia Meloni - e dire che fui l'unica a voler incontrare personalmente proprio Minniti per chiedergli un intervento diretto del Ministero che presiedeva. A dimostrazione del fatto che il mio non era un atto propagandistico avanzai la stessa richiesta di intervento al nuovo Ministro appena insediato.
Sulla costituzione di un tavolo tecnico poi il PD fa il gioco delle tre carte: quando a chiederlo fui io dai banchi della minoranza l'assessore Sciapichetti, (lo stesso che ha paragonato i terremotati ai condomini insolventi dell'Hotel House) mi rispose che il Tavolo già esisteva in Prefettura quindi la mia richiesta andava respinta, ora che la proposta viene avanzata da membri della maggioranza, il Tavolo che prima c'era magicamente scompare e bisogna votarne la costituzione: io non mi presto a questi “giochetti”- afferma chiaramente Elena Leonardi.
Intanto all'Hotel House si torna a morire per la droga, ridurre tutto a mero scontro tra fazioni come hanno fatto PD e Socialisti è la sconfitta della politica, per questo ho scelto di non votare la mozione – dichiara l'esponente di Fratelli d'Italia - per non avallare con la dignità dell'Aula un mero atto di speculazione partitica.
L'ennesimo pretestuoso attacco del partito di Renzi alla sottoscritta – prosegue Leonardi - mi offre invece l'opportunità di ricordare come proprio nei circa due anni in cui ho ricoperto la carica di assessore alla sicurezza fu stipulato il Patto per Porto Recanati Sicura col Ministero dell'Interno. Patto che portò misure concrete per l'Hotel House e come assessore ai lavori pubblici, negli anni precedenti creammo, grazie ad una donazione, i locali al piano terra del condominio per il doposcuola e le attività con i bambini, oltre alla realizzazione del giardinetto interno con i giochi che oggi è invaso dai sacchetti dell'immondizia lanciati dai terrazzi dei vari piani. Resto fermamente convinta – conclude Leonardi - che prima di tutto vada ripristinata la legalità nel condominio, per questo ringrazio il Prefetto Rolli, il Questore Pignataro e tutte le Forze dell'ordine impegnate in questo difficile processo ed auspico che presto si attivino azioni ancora più incisive e durature.


Lavoratori mettetevi l’anima in pace: la CGIL non è più un sindacato. Lo dice Landini.


Mi dispiace, perché avevo una gran stima di Landini. Alla Fiom ha fatto un buon lavoro, ha fatto il sindacalista, cosa per cui è pagato, e l’ha fatto bene. Più che altro, l’ha fatto, cosa rara in un Paese in cui i sindacati fanno tutto meno che i sindacati, meno che gli interessi della classe operaia che pure li mantiene. Invece, ascoltando il discorso di insediamento, ho capito che non c’è speranza: anche Landini pensa che la CGIL non sia un sindacato ma un partito politico, un’organizzazione che non ha come scopo la tutela dei diritti dei lavoratori ma il sostegno a politiche che col lavoro hanno poco o niente a cui vedere.
“Deve essere chiaro che questa CGIL, nel suo insieme, ha un’altra idea di società. Noi siamo quelli che vogliamo cambiare questo Paese”, dice Landini dal microfono, “noi vogliamo cambiare questa Italia. Noi siamo il sindacato del cambiamento, non Salvini, non la Lega che ci sta portando indietro”. Un ragionamento da leader politico, non da capo di un sindacato.
Landini ha fatto sapere di aver incontrato, come primo atto ufficiale da Segretario Generale, l’ANPI. Non è andato a incontrare i lavoratori ma i nipoti dei partigiani. È andato dall’ANPI “per dire con chiarezza che la resistenza contro il fascismo non è finita e la dobbiamo continuare tutti assieme, a proposito di cultura della differenza, di rispetto delle persone, di accoglienza”. È quindi molto chiaro il programma del nuovo Segretario, un programma da partito e non da sindacato, un programma che potrebbe portare la CGIL a diventare un movimento politico a tutti gli effetti e Landini a prendere la guida di quel poco che resta di una sinistra massacrata proprio dagli stessi ragionamenti che lui propone e, soprattutto, dal fatto di aver smesso di tutelare i diritti dei lavoratori.

Luca Craia