martedì 27 giugno 2017

L’Ape Ronza contro i giovani, il Veregra Street e il mondo. La strategia dello sputtanare la critica mentendo.




Penso che, chi non viva le vicende montegranaresi ma le guardi da fuori, si diverta un sacco. Ad esempio, uno di fuori, si potrebbe domandare quanti cavoli di blog ha Montegranaro, visto che gli assessori, quando parlano dell’unico blog che parla di politica locale, questo, non lo nominano ma dicono “qualche blog”. Debbono essercene decine. Poi c’è la versione nostrana della vecchia barzelletta dei dati della questura e dei dati degli organizzatori, che da noi diventano i dati del Comune e quelli della gente. E poi c’è la spavalderia, la disonestà intellettuale, l’uso strumentale della posizione istituzionale per infangare chi critica.
Del resto la nuova politica, anzi, il nuovo regime, non potendo – ancora - far uso di mezzi più efficaci come l’odio di ricino e il gentil manganello, quandanche del pilone di cemento, utilizza il collaudato metodo Boffo, che funziona quasi sempre. Come funziona? Semplice, si sputtana chi critica, si utilizzano carisma e posizione per far passare tra le masse informazioni distorte in modo che chi ha osato muovere appunti al potere venga quanto meno delegittimato, quando non linciato mediaticamente. Del resto si sa, la gente legge spesso solo i titoli, e dire che uno ha detto o scritto una cosa è facilissimo, tanto pochi si prenderanno la briga di leggere e verificare se è vero: troppa fatica.
Così ieri l’assessore Roberto Basso, coadiuvato dal galoppino di Ubaldi, Paolo Gaudenzi, (come si noterà io non dico “qualche assessore”, mi prendo la responsabilità di quello che scrivo), sul profilo Facebook del primo (che tra l’altro non posso leggere in quanto l’assessore Basso, democraticamente, mi ha bloccato, così può dire di me quello che vuole) accusavano il sottoscritto, guardandosi bene dal nominarlo ma facendo chiari riferimenti (qualche blog significa questo blog, non ce ne sono altri), di alcune cosette non propriamente esatte. La prima, quella di essermi inventato i problemi relativi alle notti più o meno bianche del Veregra Street. Però, insieme a me, pare che se lo sia inventato anche la stampa, visto che entrambe le testate locali parlano della stessa cosa, anzi, la mettono pure più grave di quanto l’avessi messa io. Quindi siamo tutti bugiardi, anche se, a parte tutto, sarebbe bastato alzarsi la domenica mattina e farsi un giro, schivando chiazze di vomito come fosse un campo minato, per scoprire i danni degli ubriachi.
La seconda, quella secondo me più grave, è l’accusa di avercela coi giovani. Non ho mai scritto nulla contro i giovani, non ce l’ho coi giovani, non ho mai pensato niente di negativo relativamente alla gioventù. Posso aver parlato di giovani che si ubriacano e fanno danni, e questo è un problema oggettivo, anche se abbondano anche i meno giovani che fanno la stessa cosa, magari credendosi giovani, ma questo non vuol dire che io abbia affermato che la categoria dei giovani, nel suo intero, si ubriachi e faccia danni. I giovani fanno tante cose buone, come quelle che citava Basso, e come quel giardinetto messo a posto e ridonato al paese dagli Scout per poi essere massacrato pochi giorni dopo da qualche avvinazzato. Né ce l’ho coi ragazzi di Città Vecchia Young, contro i quali non ho mai speso una parola, nonostante alcuni loro rappresentanti mi abbiano mandato messaggi che definire infuocati è un eufemismo e nonostante le danze col mio nome protagonista dell’anno scorso. Però leggersi e cercare di capire cosa ho veramente scritto non è comodo, meglio credere all’assessore.
Funziona così. Ieri, su un gruppo legato al terremoto, un signore riconducibile al PD, sotto un mio pezzo ha commentato: “ma si può credere a un sito che si chiama L’Ape Ronza?”. E forse ha ragione lui. Forse è il caso di cambiare nome al blog. Lo chiamerò Qualche, Qualche Blog, così gli assessori almeno dovranno sforzarsi di trovare un altro modo di tirarlo in mezzo senza nominarlo.

Luca Craia

lunedì 26 giugno 2017

Cibo scadente e cattivo. Come certe strutture trattano i terremotati.



Va detto, per fugare ogni equivoco, che la maggior parte delle strutture ricettive che ospitano i terremotati “temporaneamente” (uso il virgolettato perché questo tempo del temporaneamente non è specificato), trattano questi ospiti particolari con cura, umanità e gentilezza. Ne abbiamo ampie testimonianze, con storie di amicizia e solidarietà tra terremotati e albergatori molto frequenti e toccanti. Purtroppo, però, si registrano alcuni casi contrari che ci parlano di mancanza di umanità, di tatto o anche di semplice buon senso.
Cibo scarso, di pessima qualità, immangiabile, ma anche carenza nei servizi, scarsa pulizia, alloggi dove non c’è nemmeno un misero televisore, questo è quello che mi ha raccontato un amico sfollato marchigiano. Situazioni incredibili, testimoniate da foto che ritraggono cibo incomprensibile, pare immangiabile e, comunque, di quantità davvero esigua, situazioni che ci parlano di diritti calpestati, dignità umana massacrata in nome di un profitto che, a pensarci bene, ci sarebbe ugualmente anche trattando la gente con più umanità. Perché se in certe strutture c’è serenità e rispetto, non si capisce perché in altre non debba esserci.
Poco conta, in fatto di disumanità, la disorganizzazione della Regione, il fatto che i pagamenti arrivino tardi e male, che le decisioni e le istruzioni siano farraginose e nebulose. Qui manca l’uomo, manca la sensibilità, manca il rispetto. Ho precedentemente scritto che le responsabilità di tutto questo sono politiche e lo confermo: se si fosse lavorato meglio oggi gli sfollati sarebbero nelle loro terre, magari dentro una casetta di legno non proprio comodissima ma che, comunque, sarebbe casa loro, un luogo dove vivere con dignità e rispetto di se stessi. Invece molti sono costretti a vivere vessati da albergatori senza scrupoli. E sì, la responsabilità è decisamente politica. Ma questi imprenditori dovrebbero comunque vergognarsi.

Luca Craia


domenica 25 giugno 2017

Veregra Street 19 archiviata. A che servono 3 risse e 9 ambulanze?

Per la gioia dei soliti onanisti che, già da ben prima che il Festival iniziasse, attendevano con ansia un mio intervento, nella segreta speranza di tapparmi la bocca in perfetto stile renzian-mussoliniano, a giochi finiti una valutazione veloce su Veregra Street la faccio. E non è per niente positiva. Del resto il giudizio sta al pubblico e, se abbiamo visto il pieno solo nei due sabato, e manco tutto questo pieno, qualcosa evidentemente non ha funzionato.
Il problema non è tanto nella formula, che spezza il gioco a metà in una sorta di coito interrotto, e nemmeno nella scarsa presenza degli spettacoli da cappello, quelli degli artisti di piccolo calibro che caratterizzavano tutta la festa, dando colore e calore più di strutture roboanti, frizzi lazzi e cotillon, o nel fatto che tutto è diventato il trionfo della puzza di fritto e della spina della birra (ma per quello le feste non mancano). Il problema è che non c'è più un obiettivo.
Veregra Street è nata quasi vent'anni fa da un'idea benedetta dell'allora assessore Nazzareno Fortuna, coadiuvato dalle innegabili capacità organizzative di Capitan Nuciari che c'è sempre stato. Ma il fine era di valorizzare il centro storico, già a quei tempi in degrado. Oggi il centro storico subisce soltanto ma non trae benefici dal festival. E non si vedono altri vantaggi per il paese se non quello di avere un pretesto per uscire e viverlo, cosa positiva ma un po' troppo costosa, anche in funzione del cospicuo calo di sponsor registrato. Quindi quid prodest?
Certamente non ai protagonisti del bollettino di guerra dell'ultima sera: nove interventi del 118 e tre risse tra ubriachi. Però pare tagliato su misura per questi ultimi, il Veregra Street dei tempi moderni. Una notte bianca priva di attrattive se non la birra (e altre cose meno legali) e la musica a tutto volume a rompere timpani e palle ai residenti del centro storico (quello, magari, tutte le sere grazie ad apposita ordinanza del Sindaco in deroga alle leggi nazionali). Non c'era uno spettacolo dopo la mezzanotte, a meno che non si giudichi spettacolare chi vomita in mezzo alla strada. Risultato finale: gente sobria che va a dormire, gran lavoro per le ambulanze, chiazze di residui organici sparse in tutto il centro, e un po' di roba sfasciata, tanto per non farci mancare niente.
Veregra Street è una bella festa e io la adoro. Ma non può essere questa. Questa, tra pochi anni, magari quando Patron Nuciari andrà in pensione, migrerà versi altri lidi, magari rivieraschi, magari quelli che già stanno facendo le prove generali sempre con la consulenza dell'ottimo Nuciari. Veregra Street ha bisogno di darsi un obiettivo, uno scopo. E deve essere comunque connesso al bene collettivo, ma collettivo collettivo, non delle poche centinaia di danzatori notturni. Altrimenti Veregra Street muore, dopo un ventennio di cospicui investimenti. E si porta dietro le ultime speranze di Montegranaro. E adesso, smaltita la sbronza, sotto col linciaggio, assessori compresi.

Luca Craia