mercoledì 29 marzo 2017

Il terremoto chiude il ristorante. Si risorge sulla costa. Ma la montagna muore.



Un altro episodio positivo per i protagonisti ma molto meno per il territorio colpito dal terremoto, dopo quello dell’assessore al turismo di Visso che ha aperto una nuova attività commerciale a Porto Sant’Elpidio nell’impossibilità oggettiva di proseguire nella sua città a causa non tanto del terremoto quanto dell’immobilismo della politica, che in mesi e mesi non è riuscita ancora a muovere una pietra, ci viene raccontato da Cronache Maceratesi.
Sono due cittadini di Pieve Torina, ristoratori da una vita, prima nel loro paese e poi, negli ultimi anni, a Ussita, che hanno ricominciato una nuova vita e una nuova attività lontani da casa e dai loro monti. Samuele e Carla hanno creato un bel ristorante a Pieve, La Camilluccia, per poi lasciarlo in gestione e prendere le redini di un’altra attività di accoglienza storica, l’albergo ristorante Monte Bove. Il terremoto ha interrotto bruscamente e drammaticamente la loro attività e la coppia si è trovata, suo malgrado, trapiantata a Porto Sant’Elpidio. Nonostante la volontà di riprendere a lavorare sui Sibillini quanto prima, sono stati costretti a desistere: a Ussita la situazione è quella di cinque mesi fa e riprendere a lavorare nel loro ristorante è al momento impossibile, e probabilmente lo sarà per un lungo tempo. Troppo lungo. Così si è presentata l’occasione di iniziare una nuova avventura e, soprattutto, ricominciare a lavorare e a vivere un’esistenza normale. Carla e Samuele hanno preso in gestione un locale a Sant'Elpidio a Mare che aprirà presto e si chiamerà , “Non ti scordar di me”  e quindi ricominciano, portando il loro sapere e i loro sapori sul litorale. Col cuore sono rimasti sui monti, ma la vita deve proseguire. A loro va il mio sentito in bocca al lupo, davvero di cuore.
Però è un problema che si ripropone. Se le attività si spostano dai monti alla costa, sarà difficile pensare a un loro ritorno in loco, specie se i tempi si dilatano come stanno facendo. Piano piano, pezzo pezzo, la vita dei Sibillini si sta trasferendo altrove, lontano da quei luoghi bellissimi che, così, rischiano di diventare un bellissimo deserto. E il sospetto che questo sia programmato e voluto prende sempre più corpo. I motivi, a ben pensarci, ci sono eccome. Basti pensare alla nuova normativa sulla VIA, approvata nei giorni scorsi, proprio nel momento più favorevole agli speculatori grazie al terremoto, e i conti sono facili. Come è facile trovare le responsabilità. Poi bisognerà ricordarselo.

                                      
Luca Craia

martedì 28 marzo 2017

Caos sfollati. Pieroni fa paura: le nuove disponibilità rischiano di saltare.



Moreno Pieroni, assessore al turismo della Regione Marche, prova a far rientrare la protesta legittima degli sfollati del terremoto che non vogliono essere sballottati da una struttura all’altra. Lo fa blandendo una sorta di aut aut, o minaccia se preferite. “Ho ricevuto una lettera da due strutture di Numana e Sirolo che ora non ospitano sfollati: avevano dato disponibilità per 600 posti, 250-300 nuclei familiari. Ora ci hanno chiesto di dare conferma entro il primo aprile dell'arrivo dei terremotati. In caso contrario apriranno alla clientela della stagione estiva” dice candidamente l’assessore.
In questo modo vorrebbe forse intimorire gli sfollati che si stanno organizzando in comitati. I terremotati ospiti delle strutture ricettive costiere minacciano il ricorso al precetto per ottenere il diritto a restare dove alloggiano attualmente. "Ma se poi il precetto non arriva? E gli altri alberghi ritirano la disponibilità? Dove mettiamo gli sfollati?" si chiede Pieroni. E non ha nemmeno tutti i torti, anche se la questione, messa in questi termini, appare più minacciosa che altro.
Il punto, però, è che non si sarebbe dovuti arrivare a questo. Se la Regione avesse lavorato a dovere, oggi gli sfollati sarebbero tornati nelle loro città dentro le tanto sospirate SAE che, invece, se va bene arriveranno a fine estate. E se qualcuno resterà senza alloggio non sarà certo a causa di una legittima e doverosa protesta. Sarà solo ed esclusivamente responsabilità dell’assessore Pieroni e dei suoi colleghi della Giunta Regionale, in testa il Presidente.
                                      
Luca Craia

Residenti esasperati: i bambini non possono giocare, tra bulli e amianto. Il campetto della dis-integrazione.



Una volta era il campo da tennis del quartiere Santa Maria, a Montegranaro. Poi, col tempo, è stato trasformato in campo da calcetto. Una struttura carina, utile per il quartiere dell'area Boncore, dove far giocare i ragazzi e ricreare gli adulti. Ma non è così semplice.
Lo spogliatoio, costruito insieme al campo da tennis una quarantina di anni fa, ha il tetto di eternit. Un incendio, mesi fa, ha seriamente danneggiato la copertura e ora sta perdendo pezzi. La cosa è stata più volte segnalata ma non si è mai provveduto a sanare la situazione. Idem dicasi per la scarpata al lato del piccolo impianto. È scoscesa e piuttosto pericolosa. Ai residenti è stato detto che si sarebbe provveduto a mettere una protezione ma passa il tempo e la protezione non si vede.

Ma la cosa più grave, secondo molti residenti che me l’hanno segnalata, è che il campo è diventato luogo esclusivo per un nutrito gruppo di stranieri, misto tra adulti e ragazzi, che, oltre a giocarci, compiono ripetutamente danni. “Hanno rotto tutto”, mi ha raccontato un cittadino che vive poco distante “e se proviamo a dire qualcosa ci insultano e minacciano”. I bambini e i ragazzi del quartiere non possono più utilizzare quello spazio perché viene di fatto impedito dagli occupanti abituali, che arrivano lì da tutta Montegranaro. Ovviamente anche la presenza di amianto sconsiglia di frequentare il campo, ma soprattuto l’atteggiamento di questo gruppo di stranieri costringe a tenersi alla larga. La mancanza di videosorveglianza, inoltre, rende la zona ulteriormente poco sicura.
È una situazione esasperante alla quale nessuno sembra voler porre rimedio, ma che certamente non va nella direzione di una pacifica convivenza tra Italiani e immigrati.
                                      
Luca Craia