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martedì 14 aprile 2015

Sussidi pubblici: prima agli Italiani



Quando si toccano certi argomenti si rischia sempre di essere additati come razzisti o xenofobi. La cosa mi interessa poco in quanto non mi curo troppo della mia popolarità e anche perché la mia storia personale parla per me e certamente chi mi conosce mai penserebbe di accusarmi di xenofobia. Però, a causa di questo imperante perbenismo ipocrita, comunemente definito “correttezza politica” (per non citare l’orrendo anglicismo “political correct”), di solito ci si schiera in due comparti stagni che sono entrambi lontani dalla realtà: quello che equipara i diritti dell’immigrato in tutto e per tutto a quelli degli Italiani e quello che affonderebbe di buon grado i barconi dei profughi con tanto di bambini. Come sempre non esistono solo il bianco e il nero ma una infinita gradazione di colori ed io, reputandomi essere pensante, preferisco pensare muovendomi tra i colori piuttosto che dipingermi di bianco o di nero per essere ben accetto.
Posto che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti, sulla qual cosa penso dovremmo essere tutti concordi (anche se non è così), per quanto riguarda, all’atto pratico, l’attribuzione di questi diritti a livello sociale ed economico mi sento di fare delle distinzioni. Nella fattispecie penso ai tanti sussidi erogati dallo Stato italiano a cittadini stranieri che, spesse volte, non spettano ai cittadini italiani. Penso, ancor più nello specifico perché è cronaca recente, alle assegnazioni degli alloggi popolari: non sono affatto d’accordo che le graduatorie siano redatte mettendo sullo stesso piano italiani e stranieri.
Tutti hanno diritto a una casa. Non per questo chi non ha casa ha il diritto di prendersi la tua. Ora immaginiamo che la Nazione Italia sia la nostra casa. Questa casa è stata costruita col lavoro e il sacrificio nostro, ma anche dei nostri padri e dei nostri nonni. Se oggi questa casa ha dei servizi è perché questi servizi sono stati realizzati con il lavoro, il sacrificio, le tasse degli Italiani nel tempo. Credo sia giusto che chi ha di più sia disposto all’aiuto di chi ha di meno. Ma non credo che sia giusto che chi ha costruito la sua casa, o almeno ne ha contribuito alla costruzione, sia messo sullo stesso piano di chi, invece, non ha fatto nulla.
Per questo ritengo che per l’assegnazione di alloggi popolari (così come di altri sussidi sociali) sia necessario tenere conto della cittadinanza.  Nelle graduatorie, a parità di requisiti, il cittadino italiano deve avere maggior peso e questo peso deve variare anche in funzione della durata della cittadinanza, anche considerando le passate generazioni. Credo che sia una forma di giustizia sociale.

Luca Craia

mercoledì 26 novembre 2014

Razzismo e realismo. L’estremizzazione del problema immigrati danneggia tutti.



Vi riporto un messaggio inviato sulla pagina Facebook dell’Ape da una lettrice. Lo riporto integralmente e poi vorrei usarlo come base di partenza per un breve ragionamento:

“Racconto quello che mi è capitato stamattina al mercato: sto in piazza San Serafino. Mentre cammino mi sento dietro le spalle un vocione che dice: “mi dia qualcosa”. Mi giro: un nero - niente contro i neri, preciso. Sincera non portavo un soldo, mi stavo facendo solo un giro per il mercato, non è detto che si va sempre in giro con i soldi, gli ho risposto che non portavo una lira. Mi giro a mezza faccia lo vedo che fa il segno di darmi un calcio. Aveva una faccia cattiva. Parlando con alcuni piazzisti mi hanno detto che questo gira spesso e che molti cominciano ad avere paura. Beh, io non ho visto in giro un vigile urbano, vorrei sapere cosa fanno tutto il giorno”.

Tralascio il commento sui vigili urbani che, purtroppo, come sappiamo, sono fortemente sotto organico e non possono controllare capillarmente il territorio come dovrebbero. Parto da questo racconto che, forse, è uno come tanti che si sentono in giro, per analizzare la questione dei rapporti tra Italiani e immigrati. Nella fattispecie il questuante è un nero ma potrebbe essere stato di qualsiasi razza. Potrebbe essere anche stato italiano anch’egli e questo avrebbe probabilmente spostato la percezione del pericolo anche se non l’avrebbe certo annullata.
Il punto a cui vorrei brevemente giungere è questo: sulla questione dell’immigrazione si stanno estremizzando le posizioni. Da una parte ci sono i garantisti, che per puro principio vorrebbero la massima apertura verso coloro che vengono in Italia in cerca di una vita migliore. Dall’altro ci sono i cosiddetti “italianisti”, ossia coloro che rigettano totalmente l’idea di accoglienza degli immigrati suffragati dai problemi connessi alla crisi economica. Nel mezzo non si sentono voci.
La questione, invece, è piuttosto complessa e, come sempre, la realtà va analizzata con una mediazione delle due posizioni. Non è mia intenzione farlo in questa sede, ma credo che l’estremizzazione di queste interpretazioni stia danneggiando prima di tutti gli immigrati stessi. Infatti, la percezione che il cittadino mediamente ha della figura dello straniero è esemplificata splendidamente dal racconto di cui sopra. È evidente che personaggi “diversi”, senza lavoro, senza fissa dimora, possano generare ansia e sensazione di pericolo. E questa sensazione è esatta, non è frutto di razzismo ma della constatazione di un dato di fatto. L’uomo descritto dalla nostra amica rappresenta davvero un problema.
L’esasperazione delle posizioni e dei messaggi mediatici che arrivano su questo argomento acutizzano, però, queste percezioni non perché siano inesatte ma perché le fanno tendere alla generalizzazione. Da qui qualsiasi straniero diventa un pericolo. Invece è necessario distinguere le varie situazioni. Diventa quindi indispensabile una regolamentazione legislativa molto più precisa dell’attuale, che distingua i veri rifugiati dai semplici immigrati, che dia il massimo sostegno umano a chi ne abbia bisogno ma che non vada mai a ledere i diritti dei cittadini italiani. L’Italiano deve sentirsi tutelato dal proprio Stato, solo in questo modo potrà serenamente accettare lo straniero. E il primo a beneficiarne sarà proprio quest’ultimo.

Luca Craia