Visualizzazione post con etichetta immigrazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta immigrazione. Mostra tutti i post

martedì 12 aprile 2016

L’apocalisse europea per l’immigrazione



Sono scene che, qualche anno fa, non avremmo mai pensato di dover vedere. Ricordo come sognavamo tutti un mondo migliore quando cadde anche il Muro di Berlino. Ricordo come speravamo convintamente in un’Europa senza confini, dove potevamo circolare come cittadini del mondo, dove eravamo padroni del nostro destino, del futuro, dove non dovevamo temere nulla perché non c’era più nulla di cui temere.
La fine della guerra fredda ci ha dato l’illusione di entrare in un’era di pace e prosperità, salvo poi accorgerci che la fine della tensione tra i grandi blocchi aveva generato tanti piccoli conflitti e che, se la tensione tra i grandi era sostanzialmente stabile, questo nuovo fermento di violenza non era in alcun modo controllabile. Poi c’è stata New York e una lunghissima serie di errori di politica internazionale, generati da incompetenza, idealismo privo di razionalità e disonestà. Abbiamo visto un’occidente sbagliare tutto e disgregare ogni forma di status quo nei paesi arabi, con le conseguenze che oggi vediamo: esodi di popoli interi in fuga dalla guerra e quella parte del mondo, che in qualche modo quella guerra ha propiziato, inerme, incapace di porre rimedio.
Ed eccole le scene che qualche anno fa non avremmo mai pensato di dover vedere: erigere muri nel cuore dell’Europa, ripristinare le frontiere, filo spinato, soldati armati per fronteggiare l’invasione di profughi che la politica scriteriata dei nostri governanti ha generato. Legittimamente gli Europei sono spaventati da questo esodo che rischia di scardinare la nostra civiltà e la nostra cultura. E c’è solo un modo per arginare il fenomeno: l’istituzione di corridoi umanitari gestiti direttamente e razionalmente dagli Stati interessati dall’esodo. Ma per far questo bisogna essere solidali, bisogna rinunciare al privilegia di essere su una linea arretrata rispetto al fronte di esodo. E soprattutto bisogna evitare le speculazioni di chi, in tutto questo scempio di umanità, ci lucra e ingrassa. Impossibile per questa classe dirigente inetta e disonesta.
Vedere erigere un muro sul Brennero è raccapricciante, nemmeno il più crudo romanzo futuristico lo avrebbe potuto immaginare con tanta truculenza. Eppure eccolo là, lo stanno davvero facendo.  Quello non è solo un muro per tenere fuori i profughi, non è solo un modo, se vogliamo, legittimo di tutelare i propri cittadini e la loro qualità della vita: quello è il monumento, il simbolo estremo del fallimento dell’idea di Europa.

Luca Craia

domenica 21 febbraio 2016

Lo stato sociale e l’immigrazione. Questo è il punto su cui interventire.



L’Italia è meta di immigrazione per molti motivi, primo fra tutti la collocazione geografica che ne fanno la porta d’ingresso per l’Europa più facile da raggiungere e più semplice da varcare. Ma ce ne è uno sul quale si potrebbe intervenire per scoraggiare il fenomeno senza esimersi dagli obblighi morali umanitari che ci vedono obbligati, in quanto essere umani, a soccorrere chi ha bisogno di aiuto. Mi riferisco all’accesso allo Stato Sociale da parte degli immigrati.
Lo Stato Sociale è una conquista del Popolo Italiano ed esiste, per quanto ne vengano quotidianamente smantellati pezzi fondamentali da governi sempre più inetti e delinquenziali, perché i cittadini italiani lo hanno costruito col proprio lavoro e le proprie tasse. Lo Stato Sociale è una sorta di assicurazione del Popolo Italiano, un’assicurazione che non è piovuta dal cielo ma è stata conquistata e pagata dagli Italiani. Per questo ritengo che debba essere ad uso esclusivo del Popolo Italiano.
Lo Stato Sociale deve essere utilizzato esclusivamente da cittadini italiani. Anche lo straniero ne dovrebbe poter usufruire, ma solo nel momento in cui cessi di essere straniero e diventi cittadino italiano, rinunciando definitivamente alla sua cittadinanza originaria. È stupido pensare a un periodo di tempo prestabilito perché questo accada; piuttosto è indispensabile che chi richieda di diventare cittadino italiano dimostri di essere perfettamente integrato, parlare la lingua e aver assimilato la cultura italiana.
L’immigrato deve poter venire in Italia, trovare lavoro e viverci, ma non deve poter accedere agli ammortizzatori sociali e ai sussidi sociali finchè non decide di diventare cittadino italiano e dimostri di averne i requisiti. Nel periodo in cui non sia possibile accedere allo Stato Sociale, lo straniero pagherebbe tasse e contributi che ne assicurerebbero il diritto futuro a usufruirne. Nel momento in cui lo straniero non sia più in grado di produrre un reddito e di pagare il proprio contributo alla socialità dello Stato Italiano, decadrebbe il motivo della sua permanenza in Italia e dovrebbe andarsene, non essere sostenuto a spese dei cittadini italiani.
In questo modo sarebbero salvaguardati i diritti umani degli immigrati e i diritti dei cittadini di essere padroni del proprio Paese. Tutto questo mi pare sia talmente chiaro e lampante che, in un paese normale, non dovrebbe nemmeno essere messo in discussione. In Italia, invece, tra ipocrisie di vario stampo, tra quelle cattoliche a quelle marxiste, il tutto si riduce a una finta tutela dei diritti mani che, in realtà, nasconde interessi lucrativi di gruppi di potere.

Luca Craia

lunedì 13 luglio 2015

Il razzismo in tempi di crisi



Dispiace sentirsi chiamare razzisti, specie quando di sa di non esserlo, quando la propria storia personale parla di tutt’altro, quanto chi ti ci chiama non fa nemmeno il minimo sforzo per cercare di capire il tuo punto di vista. Vivo nel centro storico di Montegranaro, luogo dove gli stranieri sono tanti, forse più degli Italiani. I miei figli sono cresciuti giocando con gente di tutte le culture del mondo. In casa mia sono passati bambini di tutte le razze ed estrazioni, hanno condiviso i miei spazi e il mio cibo con i miei ragazzi. Ho amici di tutte le parti del mondo. Scambio pensieri ed emozioni con gente di ogni razza e cultura. Ma giudico la presenza straniera in Italia, nel contesto attuale, un problema grave. È la prima volta che parlo, quasi a giustificarmi, dei mie rapporti con altre culture. Non l’ho mai fatto perché ho sempre pensato che fosse un fatto naturale, una cosa di cui non ci si deve vantare perché è normale. Poi arriva uno di cui non hai mai sentito la voce che ti dice: “ti tolgo l’amicizia su Facebook perché sei razzista”. E tu pensi, tolto lo scarso valore che do all'amicizia solo su Facebook, quella senza carne e ossa: Dice a me? Come fa a dirlo? Non mi conosce? Non sa nulla di me, della mia vita, della mia storia. Ma mi etichetta così duramente da togliermi ogni possibilità di spiegare, ammesso che io voglia spiegare.
E con lui non ho nulla da spiegare, uno che fa così è meglio perderlo che trovarlo. E non mi sento in dovere di spiegare nulla a nessuno. I miei amici veri sanno chi sono. Inoltre la mia posizione sull’argomento immigrazione l’ho ampliamente spiegata in precedenza e chi ne avesse voglia può andarsi a cercare quello che ho scritto. Ma non voglio essere strumentalizzato, visto che, comunque, ci sono diverse persone che seguono quello che scrivo. E allora ribadisco: l’immigrazione incontrollata è un problema, per l’Italia in primis, ma per l’immigrato stesso. Servono regole più certe e sicure. Serve una politica più concreta. L’integrazione non passa attraverso benefici economici, passa attraverso lo sforzo comune di condividere la propria cultura. Ritengo la cultura musulmana difficilmente integrabile perché antitetica alla nostra. Ritengo l’assistenzialismo ipocrita della sinistra dannoso, forse prima di tutto per gli stranieri stessi. Penso che il Popolo Italiano debba comunque venire prima di tutti, almeno a casa sua. Credo che sia necessario rivedere tutta la nostra politica sull’immigrazione che, se in tempi economicamente più floridi poteva essere proficua in qualche modo, oggi, con la crisi violenta che affligge il popolo italiano, è completamente sbagliata.
Sono per questo razzista? Forse, ma io non mi ci sento. Mi sento più una persona razionale, al di fuori da ideologie e tornaconti politici, che guarda il problema con la lucidità di chi lo vive. Poi, del giudizio di gente lontana da me, posso anche infischiarmene.

Luca Craia