venerdì 18 gennaio 2019

BIOGAS: LEONARDI INTERROGA LA REGIONE


LA CAPOGRUPPO DI FRATELLI D'ITALIA: OCCORRE VIGILANZA ASSOLUTA A TUTELA DELLA SALUTE DEI RESIDENTI

Comunicato integrale

Arriva in Consiglio Regionale un'interrogazione targata Fratelli d'Italia sulla annosa vicenda del Biogas di Corridonia. Un impianto, lo si ricorda, bloccato per svariati motivi, ed ora oggetto di richiesta di riattivazione tramite procedimento regionale emesso dagli Uffici competenti.
Il capogruppo di FdI Elena Leonardi ripercorre la vicenda della Società VBIO 1 la quale ha realizzato in località Sarrocciano un impianto a Biogas di 999 kWe, che poteva usufruire dei finanziamenti statali grazie ad un vecchio Decreto Ministeriale.
Una situazione intricata che ha visto addirittura il coinvolgimento della Corte Costituzionale la quale, anche con una pronuncia sulla fattispecie, ha stabilito che decadeva la norma regionale del 2012, in base alla quale erano esclusi dallo screening di VIA i progetti sotto la soglia potenziale di 1 MWe come l’impianto a biogas in questione. In relazione alla succitata sentenza della Corte Costituzionale l’Ufficio regionale comunicò alla Soc. VBIO1 che “all’impianto in questione dovevano essere applicabili gli effetti retroattivi della sentenza della Corte Costituzionale n. 93 del 2013". Pertanto, la ditta doveva valutare se chiedere che il detto impianto venisse sottoposto ex post a screening di VIA ed eventualmente alla stessa Valutazione di Impatto Ambientale.
Nel contempo, l’avvenuto annullamento dell’autorizzazione ha comportato, per la ditta proponente, la sospensione dell’attività di produzione di energia elettrica nell’impianto in questione, fino a quando la stessa, a seguito dell’esperimento della procedura di screening, non fosse stata esclusa dalla VIA, o avesse conseguito la VIA positiva. Successivamente la società è tornata a chiedere le valutazioni di competenza sia della Provincia di Macerata, la quale ha dato parere positivo con prescrizioni, sia della Regione Marche, la quale con Decreto n. 172 del 26 novembre 2018, ha conferito parere positivo con molte prescrizioni. L'approvazione di questo atto regionale ha riacceso forti preoccupazioni nella popolazione locale che giustamente teme per l'ambiente e per la propria salute, considerato il verificarsi, in passato, di incidenti proprio per impianti come questo nel territorio della provincia di Macerata, con gravi ripercussioni nell'ecosistema. All'appello dei cittadini allarmati per questa nuova decisione, ha risposto il consigliere regionale Elena Leonardi, la quale pertanto, con questa interrogazione, chiede conto all'assessore competente per quali motivi il Decreto Regionale del 26 novembre scorso, che autorizza l'apertura dell'impianto, non tiene conto del fatto che l'atto originario di richiesta di autorizzazione risulta annullato da una sentenza del tribunale amministrativo: si dovrebbe pertanto escludere l'applicabilità della convalida di atti annullati da una sentenza del TAR.

Terremoto: il risveglio dei 40 Sindaci.


Scorrendo le pagine del documento programmatico firmato da bel 40 sindaci del cratere del terremoto del 2016, si capiscono tante cose. Ovviamente si è d’accordo con tutto o quasi quello che è contenuto nel testo, e ci mancherebbe altro: è talmente ovvio che come si fa a dissentire? Si parla di semplificazione, cratere ristretto, si parla di valore alle seconde case, di rilancio del turismo, dell’economia. Si parla, ma sono proposte blande, che vengono ripetute da due anni e mezzo rimanendo pressochè inascoltati. Un documento che lascia sostanzialmente il tempo che trova.
Non lascia il tempo che trova, però, questa ritrovata (ma neanche tanto ritrovata, è proprio nuova) unità di intenti tra così tanti sindaci, sindaci che sembravano dormienti fino a ieri, preoccupati più di poter prendere benefici maggiori rispetto al Comune vicino che per i problemi reali, sindaci che, quando si trattava di andare a Roma a manifestare, si trinceravano dietro il proprio ruolo istituzionale e rimanevano a casa ad assistere ai tentativi infruttuosi di farsi ascoltare dei Comitati. Ora, quegli stessi sindaci salgono sul piede di guerra e minacciano, udite udite, manifestazioni a Roma.
L’odore di elezioni deve sentirsi forte in montagna, ed ecco qua questa nuova armata di fasce tricolore, miracolosamente sopravvissute alle forbici da inaugurazione di Ceriscioli, farsi paladina di un popolo che quasi non c’è più, un popolo ridotto al nichilismo più che alla rassegnazione, dopo mesi e mesi di tribolazioni a cui mai è corrisposta così tanta energia da parte dei primi cittadini nel reagire. Fa coppia, questo nuovo zelo, con quello della Regione Marche che improvvisamente ruggisce contro un governo non più composto da elementi del partito che sostiene la giunta regionale. Reazioni vagamente scomposte, ritardate, sospettabili di strumentalità. L’impressione è che si voglia salvare il salvabile, non tanto per le comunità amministrate, ma per la propria carriera politica. Del resto, le comunità quasi non esistono più, sacrificate a ogni livello a valori ben diversi.

Luca Craia

Piano pulizia: buono, ma ora vediamolo applicato.

Clima disteso quello che si è registrato ieri sera all’incontro tra gli assessori al centro storico e all’ambiente del Comune di Montegranaro e i rappresentanti del Comitato “Paese Mio”, un incontro scaturito dalla necessità di confrontarsi dopo la manifestazione programmata dal Comitato per ripulire il centro storico di Montegranaro abbandonato a se stesso da troppo tempo e privo di un vero programma di pulizia. La situazione è piuttosto critica, nel castello montegranarese, tra guano di piccione e rifiuti abbandonati, e il Comitato, di cui sono il coordinatore e il fondatore, ha deciso già prima delle Festività Natalizie di operare direttamente con i suoi volontari per sopperire alle inadempienze del Comune. A seguito di questa decisione, il Comune ha finalmente impegnato i propri tecnici per redigere un piano concreto per pulire e mantenere pulito il quartiere antico. L’incontro di ieri sera serviva a illustrarlo al Comitato.
Siamo andati all’appuntamento con una delegazione di cinque persone, con il massimo spirito costruttivo, soddisfatti per essere stati finalmente convocati dall’Amministrazione Comunale dopo cinque mesi di richieste di incontro da parte nostra, sempre disattese. E soddisfatti eravamo anche per la pulizia eseguita la scorsa settimana dagli uomini incaricati dal Comune, pulizia giunta in extremis per scongiurare l’intervento diretto dei cittadini che, domenica, anziché pulire, sono andati a verificare quanto fatto. In effetti il principio dovrebbe essere che, già pagando profumatamente le tasse comunali per il servizio, l’opera volontaria deve essere uno sprone e non uno strumento del pubblico. In questo caso l’opera volontaria non è servita, ma è servito evidentemente lo sprone.
Il piano che ci è stato presentato può funzionare, lo abbiamo trovato unanimemente positivo: il centro storico è stato suddiviso in settori, tra le aree spazzolabili meccanicamente e quelle in cui è necessario intervenire manualmente. È però importantissimo il programma di opere per allontanare la popolazione aviaria, quei piccioni che costituiscono la maggior preoccupazione dei cittadini per via della produzione cospicua di guano, veicolo di potenziali malattie. È in programma l’installazione di speroni e dissuasori elettrici che dovrebbero fare in modo che gli uccelli siano impossibilitati a posarsi sulle sporgenze, limitandone giocoforza la presenza in strada e, di conseguenza, la produzione di escrementi. Il piano prevede interventi sia sugli edifici pubblici che su quelli privati. Manca però, e questa è una lacuna grave, un progetto per limitarne la popolazione come, per esempio, l’uso dei gabbioni utilizzati con una certa efficacia in passato. Ma non disperiamo: in teoria si può intervenire in seguito.
Dico in teoria, perché in pratica si dovrà vedere se questa nuova apertura alla società civile da parte degli Amministratori sia duratura o rimanga solo per il tempo necessario a far rientrare le proteste. Così come si dovrà vedere, all’atto pratico, se il sistema verrà applicato doviziosamente e durevolmente nel tempo. Paese Mio rimarrà vigile e pronto a scendere in campo quando e se necessario.
L’unico rammarico rimane per il fatto che tutto questo si poteva fare molto prima, senza la necessità di iniziative da parte del Comitato ma soltanto ascoltando quello che i cittadini vivono e possono suggerire.

Luca Craia

giovedì 17 gennaio 2019

Centro storico: disagi evitabili per chi già vive nel disagio.


Vivere nel centro storico di Montegranaro non è facile, tra case diroccate, sporcizia, piccioni, problemi di integrazione sociale, microcriminalità. Ma ci sono problemi anche più spiccioli, apparentemente piccoli ma che abbassano notevolmente la qualità della vita. Uno di questi è la carrabilità delle strade e la carenza di posti auto. Basti pensare che, in tutta l’area intorno all’ospedale vecchio, una delle più popolose, esistono solo una ventina di posti auto per un numero di vetture dei residenti decisamente superiore. È facile immaginare quanto sia complicato parcheggiare, anche perché molti residenti non hanno il rispetto e l’educazione di lasciare spazio per altri. È un disagio col quale si impara a convivere ma che certamente non aiuta a considerare buona la qualità della vita nel centro storico.
In questi giorni si stanno effettuando dei lavori in un vicolo della zona. La ditta che vi sta operando ha la necessità di avere degli spazi per il cantiere e si è fatta riservare dei posti auto in piazzale Leopardi e in via Don Minzoni. È logico che questo avvenga, perché altrimenti la ditta non potrebbe lavorare. È quindi inevitabile che i residenti, in casi come questi, abbiano dei disagi che si vanno ad aggiungere a quelli già esistenti. Sono disagi che si accettano di buon grado, visto che non si può evitarli, ma si possono rendere il meno pesanti possibile con un po’ di sensibilità da parte di chi amministra.
Infatti i posti riservati alla ditta sono fissi, ossia rimangono occupati anche di notte, quando la ditta non lavora. Sono stati addirittura recintati. Lavorando, però, la ditta in orari normali, ossia dalle otto del mattino a mezzogiorno e dalle due del pomeriggio fino a circa le sei. Per il resto del tempo gli stalli riservati alla ditta restano vuoti, inutilizzati. Un amministratore attento alle necessità della cittadinanza, specie quella che già vive notoriamente notevoli disagi, avrebbe riservato gli stalli per il tempo necessario, lasciandone l’uso per il tempo residuo ai residenti. Considerazioni non fatte, scarsa considerazione per i cittadini o forse semplice pigrizia, perché poi, gli orari, sarebbero stati da far rispettare con controlli ed eventuali contravvenzioni. Troppo complicato.

Luca Craia