lunedì 22 gennaio 2018

Problema smaltimento scorie terremoto: come stoccare i nastri delle inaugurazioni?



Uno dei problemi secondari ma da non sottovalutare legati al terremoto è lo smaltimento dei nastri utilizzati per le molteplici inaugurazioni. Considerando che si inaugurano strutture più volte al giorno, magari qualche struttura più di una volta, considerando che ogni inaugurazione prevede il taglio di un nastro della lunghezza di circa 2/2,5 metri, è logico pensare che, da qui alla consegna di tutto quello che c’è da consegnare e inaugurare, la quantità di nastri tagliati, troppo corti per essere riutilizzati e quindi destinati a essere buttati, sia destinata a crescere esponenzialmente.
Tenendo conto anche del fatto che i nastri utilizzati per le cerimonie possono essere di vari materiali, è anche difficile capire come poterli smaltire o riciclare. Infine i nastri potrebbero essere tossici, data l’enorme quantità di ipocrisia e disonestà mentale nelle quali sono stati immersi durante l’utilizzo. Da qui il problema di come stoccarli.
Uno studio recente dell’Università di Stadtford Sul Naviglio ha dimostrato che i nastri da inaugurazione, in particolare quelli da post terremoto, hanno un tempo di decadimento che può variare dal secolo al secolo e mezzo, per cui bisogna trovare un’area dove stivarli in maniera che non possano più nuocere.
Si stanno valutando aree sul posto, onde evitare che, durante il trasporto, si disperda del materiale pericoloso. Molto probabilmente si scaverà un’enorme buca, forse nei territori dell’Alto Nera, dove seppellire, una volta catalizzato con apposito trattamento, pare al piombo, l’enorme quantitativo di nastri tricolori. Ovviamente tutta l’area andrà evacuata.
Per chi non lo capisse, tutto quello che avete appena letto non è vero, è frutto della mente malata di uno di quelli che pensano che nelle aree terremotate non vada affatto tutto bene.

Luca Craia


sabato 20 gennaio 2018

SAE fuori norma. Chi scrive le regole non le rispetta. Le idee sono poche e molto confuse.



Il paradosso è che, oltre alla maggior parte delle unità abitative private acquistate dai terremotati che hanno potuto farlo per evitare l’attesa delle sospiratissime SAE, anche quest’ultime risulterebbero fuori norma, almeno secondo i dettami del famigerato articolo 8 bis del decreto legge sulla regolarizzazione delle strutture temporanee installate in autonomia dai cittadini terremotati, quello che doveva salvare Peppina e, alla fine, ammazza quasi tutti gli altri, Stato compreso. Ad affermarlo è il Sindaco di Camporotondo di Fiastrone, Emanuele Tondi, ponendo l’accento sul fatto che, così facendo, si darebbe il via a una nuova ondata di sfollati, quelli delle sistemazioni autonome nelle casette non ufficiali, che non sono pochi.
Ma tutta questa grottesca faccenda evidenzia in maniera chiara come le poche idee di chi sta gestendo l’emergenza siano estremamente confuse. Se le stesse SAE non rispettano le caratteristiche tecniche dettate dalla legge, anche se questa legge si riferisce a quelle private, come se quelle private avessero un impatto ambientale o una potenzialità di rischio diversa da quelle pubbliche, siamo di fronte a una contraddizione che la dice tutta su come si stanno facendo le cose. Approssimazione, confusione, attenzione alla fuffa ma non alla sostanza, si fanno provvedimenti più per farli che per risolvere i problemi. In questo modo i problemi si creano e si aggravano, tutto a spese dei terremotati. E in fondo rientra tutto in un sempre più evidente disegno che punta alla desertificazione.

Luca Craia

Accavallamenti di eventi. Alla fine poteva andare peggio. Il calendario se lo facciano le associazioni.



Poteva andare peggio. Alla fine entrambi gli eventi col timbro del Comune di Montegranaro sopra hanno avuto una certa partecipazione di pubblico nonostante ci si sia impegnati parecchio per autoboicottarsi. E se alla manifestazione organizzata dalla Sutor per sostenere l’impegno di AVIS, AIDO e ADMO c’era il pienone, anche a teatro, a sentire la bravissima Syria c’era gente, non tantissima ma più di quanta mi sarei aspettato.
Circa 170 spettatori per uno spettacolo che avrebbe potuto anche fare il pieno, ma non l’ha fatto e non potremo mai sapere se questo sia dipeso dalla confusione creata dal Comune che, ancora una volta, non riesce a gestire nemmeno i pochi eventi culturali che organizza o patrocina.
È andata bene, tutto sommato, ma poteva andare peggio. E comunque si è evidenziato ancora una volta il problema, un problema che va risolto perché così facendo si fanno danni. E se il Comune proprio non riesce a creare uno straccio di calendario organizzato, magari sarebbe il caso che almeno le associazioni, che già riescono in molti casi a coordinarsi da sole, si organizzino in tal senso evitando che almeno gli eventi da loro prodotti vadano a interferire.

Luca Craia