mercoledì 1 febbraio 2017

Quanto costa il turismo di Beverati? Quali risultati?



Quanto costa il “progetto” turismo dell’assessore Beverati per Montegranaro? Intanto diciamo che un progetto non c’è, che si va a tentoni, sperimentando, affidandosi a destra e a sinistra in un settore in cui, visti i risultati dopo tre stagioni estive pressochè inesistenti, si può dire che si ha davvero poca competenza.
Turisti a Montegranaro se ne sono sempre visti pochi, lo dico a ragion veduta visto che per anni mi sono impegnato nella promozione turistica del paese senza chiedere un centesimo alle casse comunali e ottenendo risultati apprezzabili per quanto modesti. Poi è arrivato Beverati che ha deciso di percorrere altre strade e i risultati sono quelli che vediamo: i turisti a Montegranaro non vengono più. Però anche per l’anno 2016 si è rinnovata l’adesione al progetto “Noi Marche” spendendo 1200 Euro.  
Il progetto “Noi Marche” è un buon progetto e in molti comuni sta funzionando. Da noi no e c’è da chiedersi perché. Posso azzardare un’analisi: Montegranaro non ha una grande vocazione turistica ed ha poche attrazioni di livello culturale. Quelle poche, però, sono molto importanti, preziosissime, come l’ecclesia di Sant’Ugo che costituisce un unicum assoluto. Certo che, da sola, Sant’Ugo non può richiamare folle di turisti, ma inserita in un pacchetto di offerte complessive sul territorio assume un valore enorme. Questo era il progetto che, come Arkeo, abbiamo seguito per anni, lavorando in rete con altre realtà territoriali e proponendo offerte di visite non incentrate tutte su Montegranaro ma spalmante sul territorio.
La nostra esperienza e il nostro know how sono stati immediatamente messi a disposizione dell’assessorato al turismo nel momento stesso dell’insediamento del nuovo assessore, ma si è reputato affidarsi ad altre realtà che, però, erano prive della nostra esperienza. Da lì i tentativi di fare turismo fin qui falliti, ma anche l’affossamento dello sforzo da noi compiuto in anni di lavoro e sacrifici, vanificato dalla “concorrenza” del Comune che è arrivata addirittura alla manifesta volontà, espressa dal Sindaco stesso a mezzo stampa, di esautorarci dalla custodia della stessa Sant’Ugo, cosa, peraltro, riuscita.
Dopo due anni e mezzo di gestione del turismo da parte di Beverati possiamo affermare che la sua impostazione non ha prodotto risultati apprezzabili ma qualche danno. Ci sono altri due anni e mezzo davanti, prima delle elezioni. Auguriamoci una presa di coscienza e una opportuna correzione.
                                      
Luca Craia

Enzo Bassi, un Montegranarese – di Stella Franceschetti



Ripubblico con piacere questo brano tratto da un quaderno di Stella Franceschetti, che lei stessa mi ha donato autorizzandomi a servirmene per questo blog, e questo passaggio, la storia di Enzo Bassi, cui è intitolata la via sotto piazza Mazzini, dove era la sede di Radio Veregra e dove tanto tempo ho passato da ragazzo, mi ha indotto, come era nell’intento dell’autrice, a riflettere. La storia la conoscevo perché me la raccontò anni fa mio nonno, che Enzo lo conosceva bene. Mio nonno, repubblicano integerrimo, me la raccontò esattamente così, come l’ha riportata Stella dal racconto preciso della sorella di Enzo, Ivana. L’ho pubblicata tempo fa su questo blog e ora lo rifaccio perché, oggi più che mai, credo dovremmo conoscerla, specie le giovani generazioni. Viviamo in un tempo in cui si cerca di mettere gli uomini l’uno contro l’altro, in una guerra tra poveri che non avrà mai un vincitore, tempi in cui l’odio è a uso del potere, tempi in cui si sta perdendo il senso di appartenenza, di popolo, di Patria. Poiché la storia ha toccato in maniera così drammatica la nostra città, e non possiamo dire che il racconto di Ivana Bassi sia inventato, allora cerchiamo di farla conoscere questa pagina triste della nostra città, perché i giovani traggano, per quanto possibile, l’insegnamento che la storia può e deve dare. Non ho grandi speranze. Ma non voglio arrendermi all’imbarbarimento della nostra civiltà.

Luca Craia


Nato il 4 ottobre 1922, nel maggio del 1942 era partito per Roma dove aveva preso servizio presso la caserma Macao del III Genova Cavalleria Dragoni.
Trasferito in Piemonte a Cuneo e a Carù, fu mandato poi in Francia, prima a Nizza e a Cape d’Antibes e infine a Mentone. Subito dopo l’armistizio, con il commilitone e compaesano Graziano Medori, riuscì a raggiungere Milano. Soccorsi entrambi e ospitati da una famiglia milanese che aveva perso un figlio in guerra, furono aiutati a disfarsi della divisa, rivestiti con abiti civili e fu regalata loro anche una bicicletta per affrontare, con un minimo di sollievo, il lungo viaggio di ritorno. Purtroppo, però, dovendo passare per strade secondarie, accidentate, tra campi e viottoli, la bicicletta si ruppe quasi subito e dovettero proseguire a piedi. Arrivarono in paese dopo 35 giorni di cammino, il 12 ottobre, festa di San Serafino, santo paesano, rischiando più volte di essere presi.
Per prudenza, non conoscendo la situazione, si diressero nella casa di Graziano Medori, che abitava in campagna.
Un fratello di Graziano, più tardi, riaccompagnò Enzo a casa sua, dove finalmente, alle tre di notte, potè riabbracciare la madre, il padre e la sorella Ivana.
Magro, coi capelli resi chiarissimi dalla lunga esposizione alle intemperie la madre, quasi incredula, volle accertarsi che quello era proprio il figlio, facendosi mostrare una piccola voglia che aveva all’interno di una gamba.
Nonostante i continui manifesti che intimavano ai giovani di presentarsi per l’arruolamento nell’esercito fascista repubblicano, Enzo rimase nascosto per qualche mese in casa. Un giorno giunsero in paese alcune camionette piene di repubblichini, alla ricerca di alcuni prigionieri inglesi fuggiti dal campo di concentramento di Fermo e qualcuno avvertì il comandante che c’erano in paese anche alcuni giovani nascosti per non arruolarsi. Enzo, Ninì Petrini e Serafino Conti scapparono insieme verso la campagna, nella speranza di raggiungere il fiume Ete, dove era più facile trovare nascondigli. Mentre attraversavano di corsa un tratto di strada scoperta furono raggiunti da alcune raffiche di mitra. Enzo Bassi fu colpito a morte, Ninì Petrini fu preso prigioniero e solo Serafino Conti riuscì a sfuggire alla cattura.
Era il 14 marzo 1944.
Tutto il paese prese parte al funerale di Enzo e alla sua memoria la cittadinanza dedicò una via.

da “La fine del tempo delle favole” di Stella Franceschetti – collana I quaderni di Stelletta

Capitale della cultura: le Marche restano al palo. Che trema



Peccato. Un’occasione d’oro buttata via dalla solita politicuccia italiana, fatta di amici di amici, di tumicapisci, di telefonate e ammiccamenti. Sì, perché è questo che ha fatto scegliere Palermo come capitale della cultura, preferendola alla bella ma poso sponsorizzata Recanati. È il trionfo del potere dei grandi politici e dei grandi territori, dei grandi numeri e dei grandi interessi. È anche il trionfo della mediocrità italiana. Per carità, Palermo come città merita il titolo fuori da ogni dubbio. Ma una Nazione che, in un momento come questo, non riconosce l’opportunità di nominare una città simbolo di un territorio ferito dagli eventi recenti è una Nazione che non si cura di se stessa, che non capisce che il piede ferito va curato anche se è lontano dalla testa.
Un’occasione persa per sostenere un territorio in difficoltà, una difficoltà legata alla natura che ha infierito e continua a infierire ma anche a una politica incapace e inetta, quella nazionale, cieca e lontana e quella locale. Ed è anche la dimostrazione lampante di quanto poco peso politico abbia la nostra Regione e chi la rappresenta. Recanati politicamente poteva competere co difficoltà con la forte Palermo di Leoluca Orlando, ma la Regione poteva pesare di più. Evidentemente, parlando di peso, le Marche si confermano Regione estremamente leggera, ma lo sospettavamo.
Peccato. Però c’è un fatto positivo: si è palesata l’inutilità di profondere sforzi in queste iniziative che nulla hanno a che vedere con qualità dell’offerta, logica e utilità per il Paese. Sono iniziative di facciata, sterili, e parteciparvi è uno spreco di risorse. La stessa reazione del Ministro, un Franceschini dichiaratamente sorpreso per la resistenza di Recanati fino all’ultimo, testimonia come in certe decisioni non ci sia spazio per l’imponderabile, per la sorpresa dei film a lieto fine. Pazienza. Faremo da soli.
                                      
Luca Craia