martedì 2 agosto 2016

Oggi, 2 agosto 1980, nessuno è al sicuro.


Non dobbiamo dimenticare quel 2 agosto di tanti anni fa. Non dobbiamo e non possiamo, anche se sono passati trentasei anni, anche se nel frattempo sono accadute tante cose, tanti fatti altrettanto gravi, tanti lutti, tanti attacchi al Popolo Italiano. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare quell’orologio fermo alle dieci e venticinque, le immagini terribili della stazione devastata, le grida, il sangue, il volto delle vittime. Non dobbiamo e non possiamo perché, anche se sono passati tanti anni, non siamo ancora al sicuro. Tutt’altro.
Non siamo al sicuro perché la strage di Bologna è stata, purtroppo, soltanto una delle tante stragi impunite, uno dei tanti misteri italiani, una delle tante matasse il cui bandolo si perde e si intreccia sempre più col bandolo di altre matasse sporche di sangue e bagnate di lacrime, rendendo il nodo inestricabile. Questo intrecciarsi di enigmi e misteri, questi segreti inconfessabili, segreti di uno Stato che nasconde carte, testimonianze, prove in nome di una ragion di stato vergognosa che uccide ancora una volta le vittime, espone i cittadini al pericolo di nuove stragi, di nuovi lutti.
Sono passati tanti anni da quel 2 agosto, ci sono state altre stragi, altri morti, altri lutti inspiegati. Lo Stato continua a giocare con la vita dei propri cittadini e ad invocare ignobilmente la facoltà di porre in segreto quello che è diritto del popolo che sia noto. Ancora non conosciamo il perché di tanti morti, di tanti cittadini e servitori dello Stato stesso sacrificati in nome di chissà quale sicurezza, di chissà quale gioco politico, di chissà quale macchinazione nella quale è lo Stato, con la sua reticenza, a rendersi protagonista e artefice. E finchè non cesserà questa copertura della realtà dei fatti sarà sempre lo Stato l’unico e vero colpevole, il carnefice, l’attentatore.
Oggi si fanno altre stragi che puzzano della stessa puzza. Oggi ci sono altri terroristi ma il terrore è lo stesso. È dal connubio tra le trame lerce di uno Stato laido e l’immondo pensare di chi cerca giustificazioni per quello che non è in alcun modo giustificabile che nasce e si perpetua il pericolo per il popolo, il pericolo di essere costantemente ostaggio di poteri occulti e nascosti, di essere pedina sacrificabile, di essere la moneta di scambio di mercimoni inconfessabili, il tutto utilizzando abilmente la diabolica idiozia di chi uccide per ideologia o religione. È per questo che dobbiamo ricordare bene, mantenere scolpito nella memoria quell’orologio, quelle lancette ferme alle dieci e venticinque, quei cuori fermati alle dieci e venticinque, quelle esistenze cancellate alle dieci e venticinque di oggi, 2 agosto 1980.

Luca Craia

Auguri Arkeo. Auguri Arkeotipi. Teniamo duro.


Oggi sono 5 anni che è nata Arkeo. Era il 2 agosto 2011 quando io, Dino Gazzani, Cristiana Puggioni, Cesare Craia (mio padre), Paolo Craia (mio fratello), Daniela DI Ruscio, Carlo Pirro, Pierluigi Connestà, Alessia Agresti, Sabina Salusti, Cristiano Mazzoni, Simone Pirro e Daniel Capparelli firmammo l’atto costitutivo dell’associazione che, per prima, ha portato il turismo in maniera sistematica a Montegranaro.
Nel tempo tanta gente se ne è andata, molta altra se ne è aggiunta. Nel tempo abbiamo fatto tante cose, abbiamo fatto conoscere nel mondo (e sottolineo NEL MONDO) Montegranaro da un punto di vista culturale, abbiamo portato migliaia di persone a visitare le nostre bellezze, abbiamo fatto ricerche e studi storici e archeologici, abbiamo preso contatti con esperti che ci aiutano nelle nostre ricerche, abbiamo creato una rete di operatori culturali del turismo, abbiamo promosso la cultura con molteplici iniziative, abbiamo finanziato e progettato importanti opere di restauro e recupero del nostro patrimonio culturale.
Di questo, da fondatore, Presidente emerito e membro dell’attuale direttivo, sono orgoglioso e mi vanto, senza falsa modestia. In Arkeo c’è gente che lavora a testa bassa e punta ai risultati e questi sono venuti, possiamo dirlo forte. Prima di noi a Montegranaro i turisti capitavano per sbaglio, ora ci vengono apposta. E questo, benchè pochi ce lo riconosceranno, è merito nostro, tutto nostro, soltanto nostro. Tutti gli altri arrivano dal secondo in giù.
Se abbiamo dato il via a un processo culturale che valorizzi Montegranaro dobbiamo essere fieri, anche se ora lo portano avanti anche altri. E se i meriti non ci vengono riconosciuti poco importa, parlano la storia, gli atti, i documenti. Quello che, francamente, mi rattrista è che oggi il nostro lavoro lo fanno altri non perché siano più bravi di noi ma perché sono più introdotti politicamente, in Comune e in Parrocchia. E, onestamente, il nostro lavoro lo facciamo meglio noi. Molto meglio.
Pazienza, intanto facciamo il nostro, con la dedizione e l’amore che ci abbiamo sempre messo. Aspettiamo tempi migliori, tempi in cui potremo tornare a dare il massimo contributo per far crescere Montegranaro, sperando che, nel frattempo, non si facciano troppi danni. Intanto, auguri Arkeo.

Luca Craia

lunedì 1 agosto 2016

Musulmani in chiesa. Appello caduto nel vuoto. Nessuno a Montegranaro.



Peccato davvero. Un’occasione persa. Eppure ci avevo sperato. L’appello degli Imam francesi, in realtà non recepito con la stessa enfasi dagli Imam italiani, di recarsi a messa coi cattolici per un gesto forte contro il terrorismo è in realtà caduto nel vuoto. In Italia si parla di poco più dell’1% della popolazione di fede musulmana che abbia partecipato a una qualche funzione cattolica, mentre a Montegranaro siamo a zero.
Sarebbe stato un bel gesto, un atto di pacificazione, un segno tranquillizzante, un’apertura culturale apprezzabile e, secondo me, necessaria.
È logico che i musulmani residenti nelle nostre terre non siano necessariamente responsabili per quanto accade per mano di qualche islamico criminale, ma è anche vero che si percepisce una forte diffidenza nei confronti di questa cultura che è innegabilmente chiusa in se stessa e poco propensa alla contaminazione positiva con altre, nella fattispecie con la nostra, cioè quella dei Paesi che ospitano. Occorre che il mondo islamico europeo faccia lo sforzo principale di integrarsi e farsi comprendere dalla cultura occidentale, in particolar modo perché è proprio la cultura occidentale a essere sotto attacco, un attacco motivato da ragioni religiose e, appunto, culturali.
Per questo avevo visto nell’iniziativa degli Imam un gesto estremamente positivo. Il suo fallimento è un brutto segnale. Significa che non c’è volontà di aprirsi, significa che l’integrazione è davvero difficile. Sarebbe bastato poco. Peccato.

Luca Craia

Veloci alla meta. A qualunque costo.



Mi ha fatto riflettere la domanda fattami da un giovane qualche tempo fa, di ritorno da una gita a Siena in corriera che abbiamo organizzato come Arkeo. Il ragazzo mi chiedeva come mai avessimo percorso solo strade interne per arrivare a Siena, perché non avessimo preso l’autostrada. Ho spiegato che non c’è alternativa, che non ci sono strade più veloci per andare a Siena.
E poi in corriera pensavo a Colfiorito e a tutti i paesini che ora si attraversano per andare dalle Marche all’Umbria. Ripensavo a quella strada percorsa spesso da solo, prima dell’alba, per andare in Toscana per lavoro, al ghiaccio d’inverno, alle stelle lucenti d’estate, al gusto della guida impegnativa, dell’uso intenso del cambio e del volante.
Mi sono anche ricordato di quella volta in cui, in pieno inverno e con un freddo feroce, andando ad Assisi con la famiglia, ci siamo fermati per pur caso in uno strano negozio di Colfiorito a cercare qualcosa da mangiare al volo. C’era una stufa a legna che mandava un tepore godurioso e un profumo di cose buone che stuzzicava appetiti non solo gastrici. Era un negozio senza bancone, con un cucinino sul retro dal quale uscì un ragazzo che prese le nostre ordinazioni e ci fece accomodare su delle panche coperte da cuscini intorno alla stufa accesa, in attesa che ci preparasse i nostri panini. C’era anche uno scaffale con dei libri. Attendendo si poteva leggere. Un’atmosfera strana, bella, d’altri tempi e di cose particolari, intime, legata a profumi e a immagini del passato, immagini inconsuete, senso di pace, idea di tempo immobile.
Ora che la superstrada Civitanova-Foligno è stata ultimata e aperta non attraverseremo più Colfiorito per andare alla versante tirrenica. Ora c’è un nastro di asfalto dritto, gallerie, corsie di sorpasso. Si guadagna almeno mezz’ora per valicare. Ma così dimenticheremo Colfiorito e gli altri paesini. Forse quello strano negozio con la stufa chiuderà perché non ci si fermerà più nessuno per caso. Bisognerà andarci apposta. Bisognerà uscire dalla superstrada per andare di proposito a sedersi davanti a quella stufa accesa.
Io non lo farò, lo so già. Mi farò sedurre dalla possibilità di metterci mezz’ora in meno per andare alla meta. E anche se l’idea di un panino col prosciutto, col pane fresco e il prosciutto affettato a coltello, mangiato in silenzio al caldo del fuoco di legna potrà in qualche modo tentarmi, sono certo che tirerò dritto, perché si va veloci, sempre.
La nostra civiltà va sempre più veloce, non concepisce di dover fare delle curve, delle salite e delle discese, per arrivare alla meta. Non concepisce di imbattersi per caso in qualcosa di bello. Le cose belle le conosciamo, scegliamo di andarci e ci andiamo velocemente, il più velocemente possibile. Siamo abituati a correre, a prendere sempre la strada più dritta e veloce. Arriveremo a Siena risparmiando mezz’ora di tempo. E del negozietto con la stufa rimarrà forse soltanto il vago ricordo di un tepore che appartiene alla fantasia.

Luca Craia