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martedì 15 novembre 2016

I corsi O.S.S. e il nuovo schiavismo



Ci sono innumerevoli esempi di come, con i nuovi contratti di lavoro, che ormai tanto nuovi non lo sono più, si sia introdotta una nuova forma di sostanziale schiavismo imperniata sulla precarietà e sulla conseguente sudditanza del lavoratore nei confronti del datore di lavoro o del diretto superiore. Pensiamo ai call center, spesso portati a esempio per questa problematica, ma anche a rapporti di lavoro diversi, come i commessi dei centri commerciali o alcune categorie di operai manifatturieri. In realtà sono moltissimi i casi in cui, adoperando ad arte questi contratti fortemente sbilanciati a danno del lavoratore, si riesce a produrre l’effetto di schiavizzare quest’ultimo ed è stupefacente l’inerzia del mondo sindacale a proposito.
Vorrei parlare, ora, di una tipologia di lavoratore nata da pochi anni e che soffre particolarmente di questa situazione ma che, oltretutto, vede anche un esborso notevole da parte del lavoratore solo per poter praticare la professione. Mi riferisco alla figura dell’operatore socio-sanitario, meglio nota con l’acronimo O.S.S.. Per poter lavorare presso strutture pubbliche o private, l’aspirante OSS deve propedeuticamente seguire un corso di preparazione. Tali corsi una volta erano organizzati dalla Regione ed erano gratuiti ma oggi occorre rivolgersi a strutture private che li organizzano dietro autorizzazione della Regione,  e il costo del corso varia dai 1500 ai 4000 Euro. Una volta superato l’esame di abilitazione parte la trafila per trovare lavoro.
Eccetto rare eccezioni, lavoro non si trova o, meglio, si trova accettando condizioni di lavoro fuori da ogni norma. Lavorando nel settore socio-sanitario ci si aspetterebbe il massimo rispetto per le normative, a tutela del paziente e dell’operatore. Sul campo, invece, si trovano strutture in cui mancano persino gli elementi base della sicurezza sul lavoro: si sollevano i pazienti senza sollevatori, mancano le attrezzature, addirittura in alcuni casi mancano i presidi basilari come il materiale per l’igiene personale del paziente. Tutto questo danneggia il paziente e lo stesso operatore che si trova costretto a lavorare in condizioni inadeguate, spesso pericolose per la propria salute e col rischio di creare danno, appunto, al paziente avendone però la responsabilità civile e penale.
Perché, in realtà, l’operatore che si trovasse a lavorare in assenza dei requisiti di sicurezza per se stesso e per il paziente dovrebbe rifiutarsi e avvertire le autorità. Ma l’Oss non lo può fare. Il contratto di assunzione per l’Oss appena uscito da un corso è quasi sempre un contratto a tempo determinato, talvolta anche di categoria inferiore. L’Oss può rimanere senza lavoro da un momento all’altro e, per lo stesso motivo, molto spesso è sottoposto a turni fuori legge e a dover eseguire mansioni dequalificanti.
La questione è che, nel mondo socio-sanitario regionale, i posti di lavoro disponibili sono un numero pressochè chiuso e questo numero è ben noto a chi autorizza i corsi. Eppure, nonostante esista già un forte esubero di operatori sul mercato, ogni anno vengono autorizzati nuovi corsi, ben sapendo che i nuovi operatori formati non avranno spazio sul mercato. L’immissione continua di nuovi lavoratori in un mercato già saturo provoca una forte concorrenza tra gli stessi, costretti in questo modo ad accettare condizioni di lavoro altrimenti inaccettabili pur di conservare il posto. Tutto questo dopo aver pagato a dei privati cifre anche piuttosto cospicue, aver svolto mesi di tirocinio gratuito presso strutture private che utilizzano il tirocinante come bassa manovalanza gratuita, e con la santa benedizione della Regione che autorizza sempre nuovi corsi senza analizzare la situazione del mercato che, invece, consiglierebbe la sospensione della formazione di nuovi operatori, e del mondo sindacale che non interviene. In tutto questo chi ci guadagna? Si fa presto a vedere che quasi tutti gli attori della vicenda hanno dei vantaggi, eccetto il lavoratore che, nel miraggio di poter vincere un concorso pubblico e cambiare vita, nel frattempo vive da schiavo per pochi spiccioli.

Luca Craia

giovedì 16 aprile 2015

Ratificata la convenzione tra Arkeo e l’Università di Bologna




Il Consiglio Direttivo di Arkeo, riunitosi ieri sera, ha ratificato con voto unanime la convenzione con l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna per lo svolgimento delle attività di tirocinio. Con questo accordo di collaborazione Arkeo si mette a disposizione dell’ateneo più antico d’Italia e del mondo, nella fattispecie della di Lettere e Beni Culturali, per far svolgere a studenti e laureati il proprio tirocinio curriculare o formativo presso la nostra associazione.
In questo modo, nel dare sostegno alla formazione e allo sviluppo della cultura italiana, riusciremo ad avere a disposizione persone capaci e preparate per coadiuvare i nostri studi archeologici e storici sul territorio. In particolare un giovane laureato, molto preparato e con all’attivo pubblicazioni rilevanti, sarà presto al nostro fianco per svolgere il suo tirocinio formativo lavorando sulla ricerca sia filologica che archeologica relativa alla storia di Montegranaro e del suo territorio.
È un momento di grande importanza per la nostra associazione che riteniamo porterà benefici a Montegranaro amplificando il già cospicuo impegno che Arkeo già spende per la ricerca e lo studio della nostra storia. Secondo la convezione, infatti, tutti i risultati degli studi effettuati durante i tirocini resteranno di proprietà di Arkeo e, quindi, nella disponibilità della città di Montegranaro.

Luca Craia