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lunedì 18 maggio 2015

Smantelliamo la cultura della violenza



Non ne volevo parlare, tanta la rabbia che provo, la vergogna, anche se immotivata per quanto mi riguarda in quanto totalmente al di fuori di certi ambienti. Ma due righe le voglio dire, da Montegranarese, da persona che, nel suo piccolo e con le poche forze disponibili, fa del suo meglio per promuovere Montegranaro, farla conoscere, fare in modo che la gente la visiti. Condannare quei tre delinquenti imbecilli che hanno fatto del male a un nostro ospite in occasione di una partita di basket è normale, lo stanno facendo in molti, prima di tutti la società sportiva responsabile dell’evento. Occorre però capire perché capitano queste cose e perché Montegranaro debba dare una così cattiva immagine di sé.
La violenza nello sport nostrano c’è sempre stata. Ricordo fin da bambino scene davvero brutte davanti al palasport, botte, lanci di oggetti, zucchero nei serbatoi della benzina. Ovviamente i violenti sono pochi, quelli che amano menare le mani col pretesto dello sport sono un’esigua minoranza in mezzo a centinaia di appassionati sinceri e corretti. Però questa violenza è stata sempre tollerata, in qualche modo sostenuta, talvolta alimentata.
Chiacchiere da bar, violenza verbale. Post vergognosi sui social network. Insulti gratuiti a Rieti e ai suoi cittadini. Non credo che chi si esprime in un certo modo violento sia poi capace di usare la stessa violenza contro chiunque, ma solo dire o scrivere certe cose alimenta questa cultura. I cretini, si sa, abbondano, i delinquenti pure, e c’è sempre qualcuno che può trovare giustificazione ad atti inqualificabili in un clima così avvelenato.
Bene ha fatto il patron della nostra squadra a chiedere scusa. Altrettanto dovrebbe fare il nostro sindaco, a nome di tutta quella cittadinanza che, in tutto questo, non c’entra niente. Ma non basta. Bisogna chiedere con forza che i tifosi montegranaresi inizino a smantellare questa cultura violenta. Subito. Perché è giusto, perché è per Montegranaro.

Luca Craia

martedì 3 febbraio 2015

Le telecamere non sono la soluzione.



Non valuto negativamente la volontà di dotare Montegranaro di un sistema di videosorveglianza. Certamente le telecamere possono essere un valido deterrente per atti vandalici e piccola criminalità. Installate in punti strategici possono diventare uno strumento valido per rendere alcune zone del paese più sicure, ad esempio il Campo dei Tigli. Pensare, però, che questa sia la soluzione del problema è sbagliato e può rivelarsi pericoloso.
Il susseguirsi di atti vandali ed episodi di microcriminalità hanno una radice profonda che va ricercata all’interno della società ed estirpata. In questo la videosorveglianza può essere solo uno degli strumenti da utilizzare e non l’unico. Certamente non è risolutiva. La questione risiede, prima di tutto, nella progressiva degradazione della qualità della vita nel centro del paese. Montegranaro è una città fantasma o quasi. Esistono aree urbane che sono in mano a teppisti e delinquentelli. I giovani non hanno spazi vivibili e rinunciano a frequentare il loro paese. Tutto questo non si può combattere con una telecamera.
La società sta imbarbarendo, e questo avviene in tutta Italia. Analizzando la situazione montegranarese vediamo evidenti segni di alienazione da parte di ceti sociali più deboli e di giovani italiani e di origine straniera che faticano a trovare un’integrazione equilibrata. Da un punto di vista strettamente sociale ad oggi non si sono registrate iniziative valide per correggere l’anomalia.
Urbanisticamente Montegranaro è una città abbandonata, non esistono aree adatte alla socializzazione e allo scambio umano. Non esistono strutture capaci di attrarre i giovani e farli incontrare. Non esistono spazi permanenti di aggregazione. Questo porta al pressoché totale spopolamento del paese durante il tempo libero. La domenica Montegranaro è deserta, i giovani vanno altrove, gli adulti non frequentano il paese. Gli spazi così lasciati liberi vengono occupati da disadattati, alienati, teppisti e vandali. Le conseguenze sono evidenti.
È ovvio che serva un maggior controllo e in questo la videosorveglianza è sicuramente uno strumento idoneo. Ma serve una politica sociale, serve rivitalizzare il paese, serve dare ai Montegranaresi le giuste motivazioni per riappropriarsi degli spazi pubblici, serve incentivare gli operatori a organizzare strutture per l’aggregazione, serve stimolare l’economia perché si investa in luoghi di incontro. Un paese vivo e pieno di gente che lo rende vivo avrebbe molti meno problemi di ordine sociale. Se non si ragiona con un progetto complessivo e interconnesso tra le varie sfaccettature del problema, la telecamera rimane uno strumento la cui utilità sarà estremamente relativa.

Luca Craia