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giovedì 5 marzo 2015

Gli USA alla conquista del mondo



Gli Americani sono sempre intervenuti all’estero per risolvere, coadiuvare, innescare situazioni che potessero andare a loro favore. Ma mai come oggi lo fanno sfacciatamente. È così evidente la loro strategia di destabilizzazione di vaste aree mondiali da sembrare grottesca, non fosse per le modalità ignobili, le finalità immorali e le conseguenze nefaste che ricadono già ora sulle nostre povere teste. Credo che sia chiaro come gli USA intendano creare una nuova contrapposizione di forze contro il nuovo nemico, che non è più l’Unione Sovietica o Russia che dir si voglia, ma la Cina. Per far questo ha innescato una crisi economica mondiale mai vista prima, impoverendo tre quarti del mondo, facendo inginocchiare tutta l’Europa compresa quella Germania che fa la voce grossa ma è solo serva dei voleri americani, destabilizzando l’area mediterranea, indebolendo economicamente e politicamente la Russia sia tramite attacchi speculativi sul prezzo di gas e petrolio sia con strategie geopolitiche come la guerra civile in Ucraina.
Il minimo della strategia - o dell’accortezza, se preferite – lo abbiamo visto con l’omicidio di Boris Nemtsov. Nessuno lo ha detto apertamente ma tutti abbiamo pensato che dietro ci fosse la mano di Putin. Lo abbiamo pensato perché così era stato programmato. Ma il pensiero, per chi ne è capace, è andato oltre. Chi è capace di pensare, infatti, in maniera molto semplice si è chiesto perché Putin dovrebbe far ammazzare un oppositore minore e poco preoccupante come Nemtsov, perché dovrebbe farlo in maniera così plateale e, soprattutto, chi trarrebbe maggior giovamento da questo omicidio. Le altre domande non hanno una risposta, l’ultima sì, ma mi limiterò ad affermare quello che a me pare chiaro: l’ultimo ad avere vantaggio dalla morte di Nemtsov è proprio Putin che, invece, ne è stato gravemente danneggiato.
Ora, dopo aver trasformato il medioriente e il sud del mediterraneo in una polveriera e dopo aver impoverito gli alleati della NATO riducendoli a una colonia, ora possiamo aspettarci altre misure per abbattere l’ex grande nemico russo e, così, accerchiare la zona di influenza cinese. Solo che coi Russi si scherza poco.

Luca Craia

lunedì 16 giugno 2014

Ucraina: guerra tra economie. E muoiono gli innocenti



C’è l’economia russa, basata su rapporti mafiosi, equilibri di potere fondati su meccanismi che ancora si riferiscono all’antica Unione Sovietica, traffici la cui liceità  è quasi indimostrabile, una potenza economica che sopravvive grazie ai muscoli e grazie al ricatto, specie quello fondato sulla fornitura di energia, di gas. C’è poi l’economia cosiddetta occidentale, quella della globalizzazione sfrenata, quella che decide della vita e della morte dei popoli – e delle persone – come se parlasse di quante pecore mandare al macello per Pasqua, quella che si inventa le guerre per rilanciare i mercati e ammazza dittatori solo per crearne di nuovi. In mezzo c’è un Paese che si chiama Ucraina, un paese che fa da unico sbocco al mare occidentale per la Russia, un Paese sul cui suolo passa tutto il gas che proviene da quest’ultima e alimenta l’Europa. Poi capita che l’Ucraina decide secondo la propria sovranità e scoppia il finimondo.
Un finimondo, però, di cui non si parla. Si, per carità, i nostri telegiornali ci vendono notizie preconfezionate, facendoci temere per il prossimo inverno, per il prezzo dell’energia che salirà, ci dipingono i filo-russi come criminali e glissano sui governativi ucraini che, invece, sono solo leggermente nazisti che utilizzano metodi nazisti. L’Ucraina ha deciso secondo diritto, se vogliamo, cosa fare sul proprio suolo. Ma non è così semplice. Non si può pensare che la Russia lasci stare una situazione che la porta a chiudersi dentro sul lato occidentale. Non si può nemmeno pensare che l’occidente non colga l’occasione per mettere lo zampino nel cuore dell’ex URSS.
Così scoppia una guerra, una guerra che sta mietendo vittime civili in numeri spaventosi, che sta producendo atrocità inimmaginabili ma che, a noi occidentali, non vengono raccontate. Come si risolve la questione? Col buon senso, senza calcolatrice, lasciando fuori i calcoli economici dal raziocinio della trattativa. Lo so che non si può: viviamo nel mondo che depone e fa impiccare Saddam Hussein raccontando fandonie su armi di distruzione di massa inesistenti, un mondo che fa trucidare Gheddafi e lascia cadere nella guerra civile tutto il Maghreb. Il nostro è un mondo che sta facendo i calcoli sul gas, non su quanti morti questa guerra idiota sta facendo, non su quanti bambini vengono ammazzati in nome delle due economie che si fronteggiano lungo il confine ucraino.

Luca Craia

domenica 2 marzo 2014

Perché la Crimea rischia di far esplodere il mondo. Errori politici e conseguenze.



Le conseguenze di azioni compiute lo scorso secolo oggi fanno tremare il mondo. La situazione dell’Ucraina, che sembrava essere andata incontro a una soluzione dopo i fatti sanguinosi delle ultime settimane, diventano invece scintilla pronta a far scoppiare una polveriera gonfia di esplosivi. Ma il problema principale è, come la storia insegna, la lungimiranza dei governanti. Cito Avvenire e la sua ottima quanto succinta storia dell’Ucraina (http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/russi-ucraini-e-tartari-il-dono-di-khrushchev.aspx) che serve a capire cosa sta accadendo:

L’antico Stato degli slavi orientali, convertito al cristianesimo (greco-ortodosso) dal principe Vladimir nel 988, non si chiamava né «Russia», né «Ucraina», ma «Rus’ di Kiev». Solo successivamente, in seguito alle invasioni mongoliche, polacche eccetera, il regno trasmigrò verso nord, divenendo, con Jurij Dolgorukij, la «Russia di Mosca». Anche la lingua della Rus’ trasmigrò, mentre negli antichi territori della Rus’ si formò, sotto influenza polacca, una nuova lingua oggi conosciuta come ucraino. La prima citazione del nome «Ucraina» risale al 1187, col significato di «terra di frontiera» o «di periferia». Nel 1654 lo hetman (il capo dell’esercito) delle terre ucraine, Bogdan Khmelnitskij, ne chiese ed ottenne l’annessione allo Stato russo.
La Crimea, dopo un passato come “khanato” islamico, ora soggetto e ora vassallo dell’Impero ottomano, fu annessa alla Russia da Caterina II nel 1783. Da allora Pietroburgo favorì la colonizzazione del nuovo territorio mediante l’immigrazione di suoi cittadini che erano “slavi orientali”, indifferentemente russi o ucraini. Per la Russia la Crimea divenne parte dell’epos nazionale con la guerra perduta del 1853-1855. In quegli anni la Crimea non appartenne né alla Russia, né all’Ucraina, che non esistevano come unità territoriali, ma al comune Impero Russo.
Nel 1954, il capo dell’Urss, Nikita Khrushchev, volendo celebrare il 300 anniversario dell’annessione delle terre ucraine alla Russia, decise di “donare” la Crimea all’Ucraina “socialista”. La cosa non ebbe conseguenze perché le frontiere inter-repubblicane nell’Urss non avevano alcun significato: la Crimea rimaneva comunque sovietica. Ma con l’indipendenza dell’Ucraina e della Russia, Kiev pretese e ottenne che la “donazione” di Khrushchev fosse riconosciuta.

Ecco l’errore di Khrushev e le conseguenze di un atto compiuto sessanta anni fa. La Russia, prova di uno sbocco al mare e del porto per la sua flotta, ora che vede l’Ucraina andare verso l’Europa lasciando definitivamente i retaggi dell’impero russo, con la solita tracotanza putiniana non si fa scrupolo a usare la forza anche mettendo a rischio gli equilibri internazionali in maniera seria. La situazione è davvero complicata e pericolosissima anche in considerazione della posizione strategica dell’Ucraina in relazione alla posizione dei gasdotti che approvvigionano l’Europa. Un escalation internazionale in quell’area potrebbe avere conseguenze incontrollabili. Tutto per una scelta politica sbagliata di sessant’anni fa. Questa è la responsabilità della politica: ogni atto è importante, anche il più insignificante. È anche per questo che tremo davanti al pressappochismo dei nuovi politici italiani.

Luca Craia