Visualizzazione post con etichetta museo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta museo. Mostra tutti i post

domenica 29 gennaio 2017

Il Comune di Macerata smantella il “Museo di Prato”. Abuso di potere.



Chi non ha notato, scendendo da Macerata verso Sforzacosta, subito dopo il passaggio a livello, sulla destra, quella curiosa installazione di oggetti disposti con una certa cura e una certa logica lungo un terreno al margine della strada? Sono frutto della creatività di un personaggio maceratese molto conosciuto e rispettato, Franco Prato, ex vigile del fuoco, Cavaliere della Repubblica e uomo di grande estro. È un suo modo di comunicare, se vogliamo bizzarro, ma comunque una forma di espressione.
A molti quella curiosa esposizione di oggetti di uso comune, posti a dar mostra di sé come una testimonianza del nostro tempo, sembra abbia dato fastidio, tanto da far giungere in Consiglio Comunale un punto all’ordine del giorno, firmato dai consiglieri Maurizio Mosca e Paolo Renna, punto che poi il Consiglio ha approvato e a cui la Giunta ha dato esecuzione, per ordinare la rimozione di questi oggetti, rimozione che è già iniziata.
L’ordinanza non parla di “rimozione” bensì di un più morbido “contenimento progressivo”, termine piuttosto ambiguo che, secondo me, nasconde una violenza inaudita contro un libero cittadino e la sua opera. Perché, vedete, che piaccia o non piaccia, l’installazione di Prato è arte, è la forma di espressione di un uomo, per di più realizzata su una proprietà privata.
Quello che il Comune di Macerata sta operando è un autentico abuso, per quanto la legge lo consenta. È un modo coercitivo di limitare la libertà di espressione e costituisce un pericoloso precedente. Perché l’arte, per di quello parliamo, non può essere soggetta al gusto del potere e il potere non può distruggerla per il proprio gusto estetico. A me questa cosa fa un po’ paura.
                                      
Luca Craia

mercoledì 16 marzo 2016

Passaparola: vogliamo creare il museo dei ricordi



L’idea è venuta chiacchierando con un amico del Gruppo di Discussione de L’Ape Ronza, su Facebook. Questo amico si trova per casa alcuni oggetti che fanno parte della storia montegranarese e si domandava quanti altri nostri concittadini ne abbiano, magai in cantina o in soffitta: lettere, fotografie, oggetti, utensili, cartelli, manifesti e qualsiasi cosa possa portare la nostra mente nel passato. Perché non raccoglierli e allestire un piccolo museo della nostra memoria, dei nostri ricordi? Questo amico metterebbe anche a disposizione uno spazio per creare l’allestimento.
Così, in qualità di consigliere e presidente emerito di Arkeo, ho girato la proposta al nostro presidente che l’ha accolta con entusiasmo. Creare una sorta di esposizione dell’archeologia moderna montegranarese è pienamente in linea con gli scopi sociali del nostro sodalizio. Per cui eccomi qua a lanciare un appello ai lettori dell’Ape: se avete in casa o da qualche parte oggetti che possano essere esposti in questo progetto fatecelo sapere. Contattateci per e-mail (laperonzablog@gmail.com) o al telefono di Arkeo: 342.5325172). Costruiamo insieme il museo dei ricordi dei Montegranaresi.

Luca Craia

martedì 15 marzo 2016

Facciamo entrare la festa di San Serafino nel nuovo millennio. Un museo nella casa natale.



Onore e merito a chi per anni si è prodigato per celebrare degnamente la festa del nostro Santo Patrono, con mille sacrifici e grande fatica, ma credo sia ora di fare evolvere la festa di San Serafino, farla crescere e cambiarne l’impostazione anche in funzione di nuove esigenze e di un mutato sentire della comunità. Il pensiero non è nuovo e ne parlavo proprio ieri con un caro amico, notando insieme come a Monte Urano celebrino la loro festa patronale con sobrietà ma anche con iniziative di ottimo livello, portando in piazza addirittura un nome del calibro di Edoardo Bennato. Da lì lo spunto per ragionare sull’opportunità di cambiare qualche cosa nel nostro modo di celebrare il santo montegranarese.
La festa patronale, secondo me, deve essere l’occasione prima in cui la comunità si ritrova e fa festa. Ben vengano, quindi, il cantante, la fiera, i fuochi, ma occorre anche pensare a iniziative che coinvolgano maggiormente la comunità cittadina, iniziative che vadano a ricercare le tradizioni, la cultura, la storia del nostro paese. Sarebbe opportuno il coinvolgimento delle associazioni, che sono forse la più grande ricchezza del nostro paese, perché si realizzi una vera e propria festa della comunità cittadina.
Tra le tante idee che potrebbero essere messe in atto mi piace tornare su una proposta che già ho fatto e ripetuto più volte: ridiamo valore alla casa natale del Santo. L’edificio, che logicamente non è quello originale del ‘500 dove nacque Felice Piampiani ma che è quello che possiamo identificare come tale per la sua collocazione, versa in condizioni piuttosto fatiscenti, anche se non sembra manifestare problemi strutturali. Certo è che la targa apposta solo pochi anni fa sul muro esterno per ricordare San Serafino stona fortemente con le condizioni della casa e Montegranaro non ci fa per niente una bella figura. Proporrei, quindi, di verificare con la proprietà la possibilità di una cessione gratuita dello stabile alla collettività, sia essa indentificata come Parrocchia o Comune, per poi procedere alla sua ristrutturazione. Tale ristrutturazione potrebbe essere finanziata in molti modi: tramite sottoscrizioni, sponsorizzazioni, ma anche tramite tagli a spese inutili come l’eccessivo sfarzo dei fuochi artificiali, tanto per fare un esempio. In pochi anni si potrebbe avere uno stabile sistemato e fruibile da destinarsi, per esempio, a museo parrocchiale, in onore del Santo, dove custodire tanti tesori che, purtroppo, oggi non sono visibili perché non esiste un luogo idoneo dove esporli.
Sarebbe un gesto di devozione vera da parte dei Montegranaresi e farebbe guadagnare al nostro paese un nuovo spazio di cui andare fieri, nonché una nuova attrazione per quel turismo di cui tanto si parla ma per il quale, di concreto, si fa davvero poco. Pensiamoci.

Luca Craia