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mercoledì 9 novembre 2016

La vittoria di Trump, la morte del 68 e la fine del mondo



La vittoria di Donald Trump segna la fine di un’epoca, quell’epoca che affonda le radici in quanto accaduto nel mondo nel ’68, anno che, nel bene e nel male, ha influenzato politica e cultura globale fino a questa notte. Questa notte, invece, ma in USA era giorno, il mondo è cambiato e, sicuramente, in peggio. Ma era destinato a peggiorare, qualsiasi fosse stato il risultato delle urne americane. Una vittoria della Clinton avrebbe perpetuato la politica americana degli ultimi vent’anni, una politica imperialista, aggressiva, dissennata, guerrafondaia e corrotta. Sappiamo benissimo cosa avrebbe comportato la vittoria di Hillary Clinton. Non sappiamo cosa comporterà quella del miliardario col gatto morto in testa, almeno non nel lungo periodo.
La fine del ’68, dicevo. La sconfitta della Clinton rappresenta la sconfitta di una cultura ormai degenerata, in cui la facciata ipocrita del politicamente corretto nasconde un mondo marcio fatto di corruzione e disegno socio-politici spaventosi. Gli ideali dei ragazzi degli anni ’60 sono stati traditi da molto tempo, e ora assistiamo a politiche sociali mostruose, incapaci di riconoscerne il fallimento e di adeguarsi alla realtà dei nostri giorni. Il voto degli Americano ha spazzato via questa ipocrisia, preferendo affidarsi a un’incognita piuttosto che rimanere nelle mani di chi ha portato il mondo sull’orlo della catastrofe con politiche perniciose e sbagliate, i cui danni hanno prodotto migliaia di morti, miseria, distruzione e la quasi totale destabilizzazione del mondo occidentale come lo conoscevamo e lo volevamo.
È difficile dire cosa accadrà con Trump. In America, probabilmente, accadrà quello che di solito accade con i governi repubblicani: impoverimento delle classi più deboli, arricchimento di quelle più forti, politiche sociali ridotte al lumicino, abbassamento dei livelli dei diritti civili. Nel resto del mondo, e in Italia, probabilmente assisteremo a un raffreddamento di certe zone di conflitto, come la Siria, dove una probabile riappacificazione con la Russia di Putin potrà sfociare in una rapida soluzione del conflitto con conseguenze in tutto il medio-oriente. A livello economico forse vedremo la fine dell’embargo alla Russia e questo porterebbe indubbi vantaggi per la nostra Nazione. Probabilmente cambieranno le strategie geopolitiche, ma è difficile dire in che modo.
Diciamo, quindi, che una vittoria di Trump può essere vantaggiosa per l’Europa e per l’Italia, almeno nel primo periodo. Ma Trump rimane un uomo pericoloso, incontrollato e incontrollabile, e il suo mandato è lungo. Temo il lungo periodo, e credo lo tema anche la CIA. Non credo che Trump avrà lunga vita, e non mi riferisco alla politica. Ma noi, sudditi dell’Impero Americano senza diritto di voto, siamo solo spettatori di questo scenario che si sta componendo e le cui conseguenze comporteranno grandi cambiamenti per le nostre vite. Noi non possiamo fare altro che goderci lo spettacolo e aspettare l’arrivo della fine del mondo. O della fine di Trump

Luca Craia

giovedì 5 marzo 2015

Gli USA alla conquista del mondo



Gli Americani sono sempre intervenuti all’estero per risolvere, coadiuvare, innescare situazioni che potessero andare a loro favore. Ma mai come oggi lo fanno sfacciatamente. È così evidente la loro strategia di destabilizzazione di vaste aree mondiali da sembrare grottesca, non fosse per le modalità ignobili, le finalità immorali e le conseguenze nefaste che ricadono già ora sulle nostre povere teste. Credo che sia chiaro come gli USA intendano creare una nuova contrapposizione di forze contro il nuovo nemico, che non è più l’Unione Sovietica o Russia che dir si voglia, ma la Cina. Per far questo ha innescato una crisi economica mondiale mai vista prima, impoverendo tre quarti del mondo, facendo inginocchiare tutta l’Europa compresa quella Germania che fa la voce grossa ma è solo serva dei voleri americani, destabilizzando l’area mediterranea, indebolendo economicamente e politicamente la Russia sia tramite attacchi speculativi sul prezzo di gas e petrolio sia con strategie geopolitiche come la guerra civile in Ucraina.
Il minimo della strategia - o dell’accortezza, se preferite – lo abbiamo visto con l’omicidio di Boris Nemtsov. Nessuno lo ha detto apertamente ma tutti abbiamo pensato che dietro ci fosse la mano di Putin. Lo abbiamo pensato perché così era stato programmato. Ma il pensiero, per chi ne è capace, è andato oltre. Chi è capace di pensare, infatti, in maniera molto semplice si è chiesto perché Putin dovrebbe far ammazzare un oppositore minore e poco preoccupante come Nemtsov, perché dovrebbe farlo in maniera così plateale e, soprattutto, chi trarrebbe maggior giovamento da questo omicidio. Le altre domande non hanno una risposta, l’ultima sì, ma mi limiterò ad affermare quello che a me pare chiaro: l’ultimo ad avere vantaggio dalla morte di Nemtsov è proprio Putin che, invece, ne è stato gravemente danneggiato.
Ora, dopo aver trasformato il medioriente e il sud del mediterraneo in una polveriera e dopo aver impoverito gli alleati della NATO riducendoli a una colonia, ora possiamo aspettarci altre misure per abbattere l’ex grande nemico russo e, così, accerchiare la zona di influenza cinese. Solo che coi Russi si scherza poco.

Luca Craia

lunedì 16 giugno 2014

Ucraina: guerra tra economie. E muoiono gli innocenti



C’è l’economia russa, basata su rapporti mafiosi, equilibri di potere fondati su meccanismi che ancora si riferiscono all’antica Unione Sovietica, traffici la cui liceità  è quasi indimostrabile, una potenza economica che sopravvive grazie ai muscoli e grazie al ricatto, specie quello fondato sulla fornitura di energia, di gas. C’è poi l’economia cosiddetta occidentale, quella della globalizzazione sfrenata, quella che decide della vita e della morte dei popoli – e delle persone – come se parlasse di quante pecore mandare al macello per Pasqua, quella che si inventa le guerre per rilanciare i mercati e ammazza dittatori solo per crearne di nuovi. In mezzo c’è un Paese che si chiama Ucraina, un paese che fa da unico sbocco al mare occidentale per la Russia, un Paese sul cui suolo passa tutto il gas che proviene da quest’ultima e alimenta l’Europa. Poi capita che l’Ucraina decide secondo la propria sovranità e scoppia il finimondo.
Un finimondo, però, di cui non si parla. Si, per carità, i nostri telegiornali ci vendono notizie preconfezionate, facendoci temere per il prossimo inverno, per il prezzo dell’energia che salirà, ci dipingono i filo-russi come criminali e glissano sui governativi ucraini che, invece, sono solo leggermente nazisti che utilizzano metodi nazisti. L’Ucraina ha deciso secondo diritto, se vogliamo, cosa fare sul proprio suolo. Ma non è così semplice. Non si può pensare che la Russia lasci stare una situazione che la porta a chiudersi dentro sul lato occidentale. Non si può nemmeno pensare che l’occidente non colga l’occasione per mettere lo zampino nel cuore dell’ex URSS.
Così scoppia una guerra, una guerra che sta mietendo vittime civili in numeri spaventosi, che sta producendo atrocità inimmaginabili ma che, a noi occidentali, non vengono raccontate. Come si risolve la questione? Col buon senso, senza calcolatrice, lasciando fuori i calcoli economici dal raziocinio della trattativa. Lo so che non si può: viviamo nel mondo che depone e fa impiccare Saddam Hussein raccontando fandonie su armi di distruzione di massa inesistenti, un mondo che fa trucidare Gheddafi e lascia cadere nella guerra civile tutto il Maghreb. Il nostro è un mondo che sta facendo i calcoli sul gas, non su quanti morti questa guerra idiota sta facendo, non su quanti bambini vengono ammazzati in nome delle due economie che si fronteggiano lungo il confine ucraino.

Luca Craia