martedì 21 agosto 2018

Peppina può tornare a casa. Finale positivo di una bruttissima storia di cui vergognarsi.


Arriva, forse, col dissequestro della famosa casetta di Fiastra di nonna Peppina, il momento di mettere la parola fine a una vicenda che, nella sua profonda tristezza, rappresenta uno degli episodi più brutti e miseri a cui abbiamo assistito dal terremoto del 2016. Non c'è nulla da festeggiare perché, se con la possibilità per l'anziana di ritornare sulla sua terra si chiude positivamente una rappresentazione infima della pochezza umana, si apre anche il momento di fare una riflessione è un esame di coscienza per molti.
È una storia di miserie, generata da persone miserrime che vivono nella totale e assoluta povertà di spirito, intesa in senso negativo, persone mosse da invidia e cattiveria che non si sono fatte scrupolo di gettare nella sofferenza e nell'ingiustizia una povera donna rea soltanto di avere qualche possibilità economica più di loro. Una storia innescata da persone meschine a cui altre persone meschine, che occupano ruoli di potere su diversi livelli, non hanno voluto, o potuto per incapacità, trovare una soluzione di umanità, buon senso e giustizia fino a oggi.
Non c'è davvero nulla da festeggiare perché, se Peppina, ipoteticamente, potrà tornare nella sua casetta, potrà farlo soltanto dopo avere subito atroci sofferenze fisiche e psicologiche, dopo mesi e mesi di vessazioni che l'hanno provata nello spirito e nel fisico, tanto da renderle impossibile il rientro immediato. Peppina ha tanto sofferto, e questa sofferenza deriva non solo dall'età avanzata e dai tanti presumibili acciacchi che questo comporta, ma è conseguenza diretta della cattiveria della gente piccola che ha voluto che tutto questo succedesse e di quella gente che dovrebbe essere più in alto e che ha fatto sì che questa situazione si protraesse per un tempo inconcepibile.
Per questo oggi, piuttosto che festeggiare, direi che è il giorno giusto per vergognarsi.

Luca Craia 

(Foto da Il Resto del Carlino)