mercoledì 18 luglio 2018

Prosegue il lento suicidio della sinistra, tra rivoli d’odio e rigurgiti antidemocratici. L’incontenibile voglia di tappare la bocca all’avversario.


Erano quattro gatti, ieri, a cosiddetto “presidio” anti-Salvini organizzato a Fermo dal Comitato 5 Luglio, mai pago nella sua sete di visibilità, mai conscio della propria sconfitta, mai capace di autoanalizzarsi. Se soltanto questa autoanalisi fosse accennata, i coordinatori di questo strano organismo politico capirebbero il massacro che stanno perpetrando non più ai danni della città di Fermo, massacro per fortuna sventato dalla realtà stessa dei fatti, quanto del ruolo stesso della sinistra e della sua credibilità e autorevolezza.
Livorosi, pieni di odio contro chi non condivida il loro credo, perché di credo e non di ragionamento si tratta. In questo turbine di odio restano accecati tanto da non riuscire nemmeno a contarsi per poi chiedersi come mai siano rimasti soli, abbandonati persino da chi ha messo in moto tutto il meccanismo di accusa contro Fermo e i Fermani, quel don Vinicio che ora cerca il dialogo, giustamente, col Governo e con lo stesso Salvini.
Loro rimangono fermi, fossilizzati su posizioni surreali, inabili a ragionare sulla realtà e a capire che non si tratta di razzismo ma di tutela dei diritti nazionali e degli stessi diritti dei migranti, diventati merce nelle mani di loschi trafficanti internazionali che hanno imbastito l’affare del secolo, più remunerativo del crimine e della droga. La loro cecità ideologicizzata li porta a non rendersi conto che stanno sostenendo il nuovo schiavismo, proprio mentre professano una battaglia per la difesa dei diritti umani, mettendosi loro malgrado dalla parte di chi, questi diritti, per primo li calpesta per lucrarci sopra.
Antidemocratici, non vogliono lo scambio, detestano il confronto, deridono o odiano l’avversario col quale non intendono minimamente discutere. Vi faccio un esempio personale: stamane ho pubblicato una vignetta (la vedete nell’articolo) in cui ironizzavo, mi pare in maniera bonaria, sul presidio di ieri. Non c’è offesa alcuna nella vignetta, né ci sono elementi che possano essere interpretati diversamente da un normale prodotto satirico. La vignetta, poi, è stata condivisa su un gruppo Facebook e proprio lì è capitato un fatto in sé di minima importanza ma che può essere utile a capire lo stato delle cose e, soprattutto, la lucidità con cui personaggi che gravitano in quell’area politica si approcciano al dibattito. La vignetta è stata segnalata all’amministratore che, naturalmente, non ha ritenuto di dar seguito alla cosa in quanto non ce n’era motivo. Ma la tendenza è questa: Salvini non può parlare, non deve parlare, così come tu, che non la pensi come loro, non devi permetterti di criticare, nemmeno ironicamente.

Luca Craia