venerdì 6 luglio 2018

L’odio veleggia su Facebook. La gente deve odiare, sui social è facile, asettico, poco impegnativo.


L’uomo ha bisogno di odiare qualcuno. Il bisogno di odio è pari quasi al bisogno di amore. Oggi, grazie ai social, odiare e dare sfogo al proprio bisogno di odiare è diventato facile, asettico, per niente impegnativo. Si può odiare qualcuno che nemmeno si conosce e scaraventargli addosso tutto l’odio che si ha dentro, accumulato nella vita reale e traslato, come una catarsi fisica e psichica, sul primo che scrive o manifesta qualcosa che minimamente stuzzica i nostri sensi contrari. Il social non è luogo di incontro e confronto, non è palestra di esercizio dialettico costruttivo, ma è solo uno scarico fetido dove riversare la propria cattiveria.
Lo ha imparato a proprie spese il noto campione di volley, Ivan Zaytsev, vittima di un’orda barbarica scatenata che l’ha letteralmente, per quanto virtualmente, scarnificato per aver espresso la propria opinione sui vaccini. Un’opinione si può condividere o si può confutare, ma ormai si è arrivati a un punto tale di degenerazione che si punta dritto al ferimento emotivo e personale del presunto avversario, solo perché non si è d’accordo con lui.
La storia è vecchia e chiunque si cimenti sui social in qualcosa di diverso dal cazzeggio ha dovuto imparare a gestire, per quanto possibile, l’attacco degli odiatori. E questo avviene quasi quotidianamente, qualsiasi sia l’argomento tu tratti devi sempre fare i conti con chi non la pensa come te che, però, anziché discutere civilmente, difendendo la propria opinione e confrontandosi, insulta, aggredisce, ferisce virtualmente con una facilità impressionante, cosa che difficilmente, nella vita reale e nei rapporti umani fisici, si verifica con tanta violenza e cattiveria.
Nel mio piccolo ho sperimentato la cosa in mille modi. Addirittura è nata una pagina Facebook creata appositamente per screditarmi e deridermi, opportunamente oscurati nell’anonimato consentito dai social. Ma ci sono altri anonimi che saltuariamente non mi lesinano odio e minacce, insulti a me e alla mia famiglia. Più i vari decelebrati di turno che mi riempiono messanger di insulti e la pagina di commenti offensivi. Non si riesce a farci l’abitudine, perché alla cattiveria non ci si abitua. Ci si abitua, questo sì, a gestire la cosa da soli, perché chi la pensa come te usualmente si guarda bene di venire in tuo soccorso, ti lascia in balia delle fiere, magari provando un po’ di pena, poca poca.
Questo è il modo virtuale. Il pericolo è che tanta violenza virtuale possa diventare reale, perdendo l’inibizione che, vivaddio, ancora esiste nei rapporti fisici ed equiparando il mondo elettronico a quello concreto. A quel punto saremmo davvero nella nuova età della pietra, per quanto digitale e tecnologica.

Luca Craia