A Monte Franoso c’era un personaggio che amava scrivere
favole, ma le scriveva in un modo un po’ particolare, ossia prendendo spunto
dalla realtà per poi elaborarla con la fantasia. Era un modo bonario per
prendersi poco sul serio e per stimolare un po’ lo scambio di opinioni, cosa che, in
un paesino come quello, era pressochè nulla, tutti ben attenti a non far
arrabbiare questo o quello che non si sa mai.
Fatto sta che, un giorno, il nostro favolaio scrisse una
storia in cui uno dei protagonisti poteva anche essere interpretato come una
caricatura di uno degli amministratori pubblici. Poteva, ma il nostro
amministratore non ebbe dubbi: ci rivide se stesso in pieno, con tutti i suoi
difetti e i suoi tic. Ma, invece di farsi una sana risata, utilizzando un po’
di quell’autoironia che spesso distingue l’uomo dotato di intelligenza da
quello scarsamente dotato, si arrabbiò tantissimo.
Sfogò come spesso faceva, la sua rabbia sui social, tutto
contento perché la solita schiera di persone sempre pronte a osannare il
potente non gli fece mancare il proprio sostegno. Non potendosela però prendere
direttamente col favolaio, indirizzò i suoi strali su un uomo del paese che,
secondo lui, aveva dato le informazioni al favolaio.
Il nostro amministratore non si rese conto che stava facendo
numeri da circo per una storia inventata, scritta addirittura prima che
accadessero i fatti che lui reputava fossero quelli narrati (la favola era
stata pubblicata alle 11 del mattino e i fatti che il nostro amministratore
reputava fossero quelli narrati accaddero almeno un paio d’ore dopo, da cui o
il parolaio era anche indovino, oppure la storia era inventata senza dubbio
alcuno). Non si rese nemmeno conto che, così facendo, faceva diventare vera una
favola frutto di fantasia.
Comunque ci andò giù pesante, insultando brutalmente l’uomo
che, invece, era del tutto incolpevole, se mai un colpevole ci fosse mai stato.
Un uomo, oltretutto, stimatissimo, attivissimo nel volontariato, sempre in
prima fila quando c’era da aiutare chi soffre. Eppure, il pubblico
amministratore lo reputò meritorio di tutta la sua ira funesta, senza
lesinargli epiteti vergognosi.
Non che questo ebbe conseguenza alcuna: i plaudenti
continuarono ad applaudire e i timorosi di ritorsioni, la cui preoccupazione,
vista l’indole del nostro uomo politico, non era del tutto infondata,
continuarono a rimanere in silenzio. Ma a tutti parve evidente quanto la
reazione fu smodatamente eccessiva e di quanta cattiveria fosse capace quella
persona. Però nessuno glie lo fece notare, e il nostro continuò a bearsi e a
cullarsi dei suoi like su Facebook.
Stretta è la foglia, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia.
Luca Craia