martedì 17 luglio 2018

Le SAE fanno acqua. Si sapeva, ma non si è fatto nulla. Ci si rassegna alla rassegnazione.


Arriva un temporale estivo, un bel temporale, quelli che d’estate portano refrigerio dopo qualche giorno di caldo afoso. Solo che, per gli abitanti delle SAE, le famose, anzi, famigerate casette dei terremotati, non c’è sollievo ma preoccupazione. Una preoccupazione dovuta al fatto che, mentre piove fuori, piove anche dentro e le strutture di infradiciano. Una preoccupazione che si poteva evitare, visto che le infiltrazioni d’acqua in queste strutture, tra l’altro piuttosto costose, non sono una novità e magari un “tagliando” di controllo ulteriore si poteva fare. Una preoccupazione seria per il futuro, perché l’impressione che abbiamo un po’ tutti, visti i tempi con i quali si sta muovendo (si sta muovendo?) lo Stato sono di una tale lentezza che è pensabile dover restare nelle SAE parecchio a lungo, forse molto più a lungo di quanto le stesse SAE possano durare, specie se fanno acqua quando piove.
L’esasperazione sale o, forse, sale la disperazione. Ad Arquata sono almeno tre le unità abitative che stanotte hanno visto i propri occupanti combattere con l’acqua, affranti per la situazione, coi bambini piccoli impauriti e soggetti a un ulteriore, inutile ed evitabile trauma. Non c’è pace per questa gente, non gli si vuole dar pace, non gli si vuole dare un futuro e loro cominciano a rendersene conto. Cambia il macchinista ma il treno continua a camminare sullo stesso binario di prima, e non sembra la cosa possa preoccupare qualcuno, eccetto i terremotati stessi che, però, sembra siano talmente stanchi di combattere contro i mulini a vento che cominciano a rassegnarsi alla rassegnazione. E forse è proprio quello che si vuole: una resa incondizionata, una vittoria per sfinimento.

Luca Craia