Arriva un temporale estivo, un bel temporale, quelli
che d’estate portano refrigerio dopo qualche giorno di caldo afoso. Solo che,
per gli abitanti delle SAE, le famose, anzi, famigerate casette dei
terremotati, non c’è sollievo ma preoccupazione. Una preoccupazione dovuta al
fatto che, mentre piove fuori, piove anche dentro e le strutture di infradiciano.
Una preoccupazione che si poteva evitare, visto che le infiltrazioni d’acqua in
queste strutture, tra l’altro piuttosto costose, non sono una novità e magari
un “tagliando” di controllo ulteriore si poteva fare. Una preoccupazione seria
per il futuro, perché l’impressione che abbiamo un po’ tutti, visti i tempi con
i quali si sta muovendo (si sta muovendo?) lo Stato sono di una tale lentezza
che è pensabile dover restare nelle SAE parecchio a lungo, forse molto più a
lungo di quanto le stesse SAE possano durare, specie se fanno acqua quando
piove.
L’esasperazione sale o, forse, sale la disperazione.
Ad Arquata sono almeno tre le unità abitative che stanotte hanno visto i propri
occupanti combattere con l’acqua, affranti per la situazione, coi bambini
piccoli impauriti e soggetti a un ulteriore, inutile ed evitabile trauma. Non c’è
pace per questa gente, non gli si vuole dar pace, non gli si vuole dare un
futuro e loro cominciano a rendersene conto. Cambia il macchinista ma il treno
continua a camminare sullo stesso binario di prima, e non sembra la cosa possa
preoccupare qualcuno, eccetto i terremotati stessi che, però, sembra siano
talmente stanchi di combattere contro i mulini a vento che cominciano a
rassegnarsi alla rassegnazione. E forse è proprio quello che si vuole: una resa
incondizionata, una vittoria per sfinimento.
Luca Craia