giovedì 14 giugno 2018

Il Comitato 5 Luglio e 4 Gatti non molla. E non chiede scusa.


Riconciliare. Riconciliarsi. Lo dicono a più riprese quelli del Comitato 5 Luglio, lo dicono in un post apparso due giorni fa sulla loro pagina Facebook, post che nessuno firma, naturalmente. Riconciliarsi è fondamentale, e in questo hanno perfettamente ragione. La riconciliazione, però, deve passare attraverso il riconoscimento della verità, lo disincrostazione dei fatti dagli strati di ideologia e di opportunismo politico che, per un po’, hanno nascosto la realtà, quello che è veramente accaduto, croste fetide che hanno causato un clima avvelenato e una bruttissima immagine di Fermo nel mondo, croste che hanno generato dolore ingiusto a Pisana Bachetti, rea di aver fatto il suo dovere di cittadino chiamando le forze dell’ordine e raccontando quello che aveva visto durante la rissa da cui conseguì la morte del richiedente asilo Emmanuel Chidi Namdi.
La Bachetti è stata insultata sui social, ha subito una sorta di linciaggio virtuale, e per questo motivo ben sei persone, tutti personaggi di un certo rilievo, sono state rinviate a giudizio per diffamazione accusati di aver fatto partire la campagna mediatica contro la signora fermana. Ovviamente essere rinviati a giudizio non significa affatto essere colpevoli, quindi dei sei mi asterrei nel dare qualsiasi giudizio, almeno fino a che non termini il procedimento. Ma la Bachetti il linciaggio lo ha subito davvero, nonostante i fatti, le prove, i riscontri, il processo contro l’omicida abbiano dimostrato che le sue dichiarazioni erano veritiere. Ciononostante leggiamo comunicati, firmati non da una persona ma dal Comitato in generale, che non fanno un singolo passo indietro, non ammettono che ci sia stato quanto meno un errore di valutazione, non accettano il fatto che la signora Bachetti meriti delle scuse o, quanto meno, il silenzio.
C’è poco da riappacificare, se non si riesce nemmeno ad ammettere un errore così evidente, un comportamento così insensato. È veramente triste vedere che il Comitato, il cui seguito pare sia di poco più che quattro gatti, per quanto agguerriti suo social e durante le manifestazioni, continui imperterrito sulla sua strada senza sentire almeno un minimo di empatia per questa persona così duramente messa alla prova. Credo ci sia un corto circuito nella mentalità di quella che una volta era la sinistra, di quella che una volta era la parte politica che difendeva i deboli e gli oppressi e ora si arrocca su singole posizioni, senza notare che i deboli e gli oppressi non hanno colore di pelle.

Luca Craia