Riconciliare. Riconciliarsi. Lo dicono a più riprese
quelli del Comitato 5 Luglio, lo dicono in un post apparso due giorni fa sulla
loro pagina Facebook, post che nessuno firma, naturalmente. Riconciliarsi è
fondamentale, e in questo hanno perfettamente ragione. La riconciliazione,
però, deve passare attraverso il riconoscimento della verità, lo disincrostazione
dei fatti dagli strati di ideologia e di opportunismo politico che, per un po’,
hanno nascosto la realtà, quello che è veramente accaduto, croste fetide che
hanno causato un clima avvelenato e una bruttissima immagine di Fermo nel
mondo, croste che hanno generato dolore ingiusto a Pisana Bachetti, rea di aver
fatto il suo dovere di cittadino chiamando le forze dell’ordine e raccontando
quello che aveva visto durante la rissa da cui conseguì la morte del
richiedente asilo Emmanuel Chidi Namdi.
La Bachetti è stata insultata sui social, ha subito
una sorta di linciaggio virtuale, e per questo motivo ben sei persone, tutti
personaggi di un certo rilievo, sono state rinviate a giudizio per diffamazione
accusati di aver fatto partire la campagna mediatica contro la signora fermana.
Ovviamente essere rinviati a giudizio non significa affatto essere colpevoli,
quindi dei sei mi asterrei nel dare qualsiasi giudizio, almeno fino a che non
termini il procedimento. Ma la Bachetti il linciaggio lo ha subito davvero,
nonostante i fatti, le prove, i riscontri, il processo contro l’omicida abbiano
dimostrato che le sue dichiarazioni erano veritiere. Ciononostante leggiamo
comunicati, firmati non da una persona ma dal Comitato in generale, che non
fanno un singolo passo indietro, non ammettono che ci sia stato quanto meno un
errore di valutazione, non accettano il fatto che la signora Bachetti meriti
delle scuse o, quanto meno, il silenzio.
C’è poco da riappacificare, se non si riesce nemmeno
ad ammettere un errore così evidente, un comportamento così insensato. È veramente
triste vedere che il Comitato, il cui seguito pare sia di poco più che quattro
gatti, per quanto agguerriti suo social e durante le manifestazioni, continui
imperterrito sulla sua strada senza sentire almeno un minimo di empatia per
questa persona così duramente messa alla prova. Credo ci sia un corto circuito
nella mentalità di quella che una volta era la sinistra, di quella che una
volta era la parte politica che difendeva i deboli e gli oppressi e ora si
arrocca su singole posizioni, senza notare che i deboli e gli oppressi non
hanno colore di pelle.
Luca Craia