domenica 27 maggio 2018

La festa per la consegna delle casette, la vittoria della non ricostruzione.

Io li capisco, quelli che festeggiano perché gli consegnano la casetta di legno nuova nuova. Come non capirli? Dopo mesi e mesi sballottati qua e là come casse di merce, tra il fastidio di albergatori più o meno costretti e mancanze di rispetto di varia natura, ritrovare qualcosa che somigli a casa è un evento che rallegra. Ma somiglia tanto, troppo, alla sindrome di Stoccolma e la gratitudine tributata ai tagliatori di nastri tricolori pare quella riservata dagli ostaggi agli aguzzini.
È su questo effetto psicologico, umano e prevedibile, che si fonda parzialmente la politica del non fare, la ricostruzione che non c'è, la strategia della desertificazione progressiva. Una politica che sta funzionando e addirittura riscuote, in casi come questo, un consenso illogico quanto scontato.
Intanto la popolazione dei borghi terremotati risulta dimezzata ed è prevedibile, quando queste baracche marciranno, a breve, e le case vere non saranno state ricostruite, che il dato precipiti fino a registrare poche sparute unità di resistenti in loco. A quel punto sarà la rassegnazione, programmata da sempre, a sostituire i festeggiamenti. E il campo sarà libero.

Luca Craia