Io li capisco, quelli che festeggiano perché gli consegnano la casetta di legno nuova nuova. Come non capirli? Dopo mesi e mesi sballottati qua e là come casse di merce, tra il fastidio di albergatori più o meno costretti e mancanze di rispetto di varia natura, ritrovare qualcosa che somigli a casa è un evento che rallegra. Ma somiglia tanto, troppo, alla sindrome di Stoccolma e la gratitudine tributata ai tagliatori di nastri tricolori pare quella riservata dagli ostaggi agli aguzzini.
È su questo effetto psicologico, umano e prevedibile, che si fonda parzialmente la politica del non fare, la ricostruzione che non c'è, la strategia della desertificazione progressiva. Una politica che sta funzionando e addirittura riscuote, in casi come questo, un consenso illogico quanto scontato.
Intanto la popolazione dei borghi terremotati risulta dimezzata ed è prevedibile, quando queste baracche marciranno, a breve, e le case vere non saranno state ricostruite, che il dato precipiti fino a registrare poche sparute unità di resistenti in loco. A quel punto sarà la rassegnazione, programmata da sempre, a sostituire i festeggiamenti. E il campo sarà libero.
Intanto la popolazione dei borghi terremotati risulta dimezzata ed è prevedibile, quando queste baracche marciranno, a breve, e le case vere non saranno state ricostruite, che il dato precipiti fino a registrare poche sparute unità di resistenti in loco. A quel punto sarà la rassegnazione, programmata da sempre, a sostituire i festeggiamenti. E il campo sarà libero.
Luca Craia