lunedì 7 maggio 2018

Di Maio e la proposta decente, i ricatti e il colpo di genio. Non poteva farlo due mesi fa?


L’Italia è senza Governo da 2 mesi e 3 giorni, da 9 settimane, da 63 giorni. È senza governo e questo è un bel problema, anche se tanto sembra non lo capiscono, dicendo che, per esempio, la Germania è rimasta senza governo per ben 169 giorni; solo che, in Germania, il governo uscente è plenipotenziario finchè non arriva quello nuovo, in Italia no.  
L’Italia è senza governo perché una legge elettorale fatta male, appositamente male, votata a maggioranza anche da chi, oggi, le imputa giustamente la causa della situazione di stallo attuale, ha fatto in modo, programmaticamente, che le elezioni non le vincesse nessuno, per quanto abbiano da sbraitare Grillini e Centro-destra. Nessuno ha vinto le elezioni e nessuno ha la capacità di fare da solo: tocca mettersi d’accordo.
L’Italia è senza governo anche perché nessuno ha la capacità o la volontà o la possibilità di mettersi d’accordo con gli altri. Più che altro è una questione di calcolo politico: accordarsi con coloro ai quali, fino alla vigilia del voto, si è sparato addosso può produrre effetti elettorali nefasti, se ne è accorto il Movimento 5 Stelle che, come ha detto PD, ha visto sparire milioni di elettori potenziali. C’è da trovare la formula giusta, l’artificio, l’alchimia che faccia digerire all’elettorato qualcosa di indigeribile. In questo sono tutti uguali, gli schieramenti: devono fare i conti con l’elettorato, altrimenti si sparisce.
Allora ecco uscire le invenzioni tipo il “contratto” di Di Maio, un modo neanche tanto originale per chiamare l’accordo di governo. Di Maio ha voluto il pallino, se lo è trovato in mano prima ancora di guardare il piano dove lanciarlo. E ancora se lo tiene, dopo due mesi e oltre di finte. Di Maio ha avuto l’occasione di ammazzare politicamente Berlusconi ma non l’ha sfruttata. Certo, ha fatto la finta, ma l’ha fatta talmente prevedibile che cascarci avrebbe fatto dubitare chiunque di fare il gioco sporco.
Dire a Salvini, pubblicamente, sui giornali, come fosse un aut aut, anzi, togliamo il come fosse, che il governo si sarebbe fatto solo levandosi di mezzo Berlusconi non ha prodotto altro che effetto che costringere Salvini a non mollare Berlusconi. È logico: se avesse accettato il diktat del grillino, Salvini avrebbe perso ogni credibilità, sarebbe stato additato come traditore e avrebbe dato la netta impressione di essere semplice creta nelle mani dei Pentastellati. Inaccettabile per chiunque.
Poi il corteggiamento al PD, questa volta senza veti, nemmeno per quel Renzi che, pur non essendo un pregiudicato come il suo omologo di destra, può essere portatore di un giudizio politico perfino più pesante. Ma non secondo Di Maio che c’ha provato in tutti i modi, col PD, forse per affinità elettive, forse perché, a conti fatti, meglio perdere la parte di movimento tendenzialmente di destra che quella di sinistra, probabilmente più cospicua. Ma, anche qui, il contratto se lo è portato a casa senza firme.
Ora si torna a trattare con la Lega. Lo si fa più o meno ripetendo lo stesso copione ma con un atteggiamento meno aggressivo: nessuno dei due leader sarà premier, ma Berlusconi fuori. Rimane il diktat ma c’è la proposta di indietreggiare insieme, cosa nuova in questi due mesi di fanfaronate. A questo punto Salvini potrebbe accettare, potrebbe anche buttare a mare il rincoglionito di Arcore, cosa che, credo, tutta Italia auspica. Ma la domanda è: perché Di Maio non lo ha fatto prima? Attendiamo rapidi sviluppi.

Luca Craia