di Sibilla Onorati
Gridano vendetta i morti di Ussita, divenuti oggetto
di dibattito sui social, dopo che il blog L'Ape Ronza ha mostrato che a
diciannove mesi dal sisma, tutto è rimasto immobile. Nessun intervento urgente
è stato fatto per mettere al riparo le parti crollate del cimitero del paese,
come si nota dalle foto mostrate.
Sulla stampa era stato annunciato un progetto per il
cimitero di Ussita, ma a quanto pare burocrazia, procedure e atti
amministrativi hanno avuto la precedenza sulle necessità umane. Vedere quelle
immagini è un pugno nello stomaco, è estremamente facile oltrepassare il
confine tra legittima denuncia e strumentalizzazione. Il silenzio dei morti non
fa rumore, provvedere alle loro necessità non è urgente come i bisogni dei
vivi. Si possono tranquillamente lasciare in un angolo, dimenticare, aspettando
il prossimo turno.
Basterebbe poco, un intervento concreto e deciso, per
evitare che quelle bare possano stare alla vista di chiunque, anche di chi le
ha fotografate. Per i morti potrebbero però parlare i loro parenti. Che cosa si
prova a sapere che la tomba di una madre, di un padre, di un fratello, di
qualche vecchio zio, dei propri nonni, si trova in mezzo alle macerie e la bara
è visibile? Cosa si prova a non poter più intessere quell'intimo dialogo di
silenzio e preghiera, davanti al sepolcro dei propri cari defunti? Anche chi
non ha parenti defunti ad Ussita, di sicuro prova profondo fastidio a vedere
quelle immagini.
Al di là del fatto concreto, questi morti sono il
simbolo dell'immobilismo fluttuante della gestione post terremoto. Un corpus
normativo mastodontico e cervellotico, una mole di danni tale da dare lavoro
per svariate decine di anni, il rischio è che pezzi di territorio finiscano nel
silenzio e nell'oblio, come il cimitero di Ussita. Dove non ci sono i
riflettori della notorietà, del turismo, di infrastrutture viarie, economiche,
culturali, l'attenzione può svanire, il tempo fermarsi, la distruzione ed il
silenzio rimanere una costante per un periodo indefinito, quel tanto che basta
a far passare a miglior vita chi a quel territorio è legato, chi vi sente le
proprie radici.
Ci potrebbero essere in futuro posti che come
l'antica Pompei, ci ricorderanno la potenza distruttrice della natura, restando
immobili nell'attimo della distruzione, a ricordare quel tempo che è stato, ma
non sarà mai più. La storia insegna che è stato il culto dei morti a tramandare
ai posteri lo splendore e la meraviglia delle antiche civiltà, questo è un
altro motivo per cui i morti di Ussita non meritano di passare sotto silenzio.