mercoledì 11 aprile 2018

Il dopo-scossa: considerazioni su quanto si è soli


Ieri la terra ha tremato ancora. Ha tremato forte, non forte come nel 2016 ma, comunque, abbastanza forte da far cadere i pensili in alcune SAE, da far franare un muro, da buttare giù qualche stabile mai messo in sicurezza o qualche ulteriore pezzo del nostro patrimonio culturale. C’è stata una grande eco mediatica, ieri, e quasi tutti i notiziari hanno rimpallato le notizie e le informazioni che hanno iniziato a girare di buon mattino grazie a (o, secondo qualcuno, per colpa di) quelli come me che danno voce e visibilità al mondo terremotato.
Le eco mediatiche, di solito, hanno conseguenze, magari solo nel breve periodo, ma ce l’hanno. La prima, forse la più rilevante, è stata la corsa della De Micheli, commissario straordinariamente straordinario per il terremoto, a Pieve Torina per un briefing sul da farsi, come se l’altro ieri il da farsi fosse diverso da quello di oggi. Le parole della bella commissaria sono sconfortanti: “dobbiamo ricominciare da capo”.
E qui ti cascano le braccia. Come ricominciare da capo? Sono passati due anni, due anni di nulla sostanziale, due anni in cui quel poco che si è fatto sta risultando sbagliato e pericoloso, due anni in cui la ricostruzione è rimasta solo una parola dal vago significato, dove la gente è stata sballottata a destra e sinistra, dove le imprese hanno chiuso o, comunque, delocalizzato impoverendo in maniera forse definitiva le zone colpite dal terremoto; due anni di strade chiuse, di gente che non ce la fa più, di pratiche impossibili da compilare tanti sono gli adempimenti richiesti. E questa se ne esce con un “ricominciamo da capo”, che suona un po’ come un’ammissione di colpa ma anche e soprattutto come ulteriore giustificazione ai nuovi ritardi che sicuramente ci saranno.
Comunque una presa di coscienza dei tanti problemi irrisolti pare ci sia stata, e speriamo che non sia di facciata. Borrelli si è impegnato a mandare supporti psicologici ai terremotati, i quali sicuramente apprezzeranno, ma apprezzerebbero di più poter tornare a qualcosa che somigli un po’ di più alla normalità.
Quello che è avvilente è l’atteggiamento della gente comune, di quella non coinvolta. C’è una stizza, un fastidio evidente quando non una vera e propria repulsione per vedere rispuntare mediaticamente i problemi dell’area terremotata, quasi che, non avendone quasi sentito più parlare, si vorrebbe continuare col silenzio per non pensare, per non tornare a partecipare emotivamente al dolore di questa gente sbatocchiata dalla terra e dallo Stato.
Mortificante la reazione di molti operatori economici del comparto turistico della costa, veramente irritati dalle notizie che hanno circolato tanto da additare la stampa e quelli che come me mettono in luce questa brutta realtà come responsabili del calo di presenze di visitatori. La responsabilità non sta nel nulla di fatto da parte delle Istituzioni ma di chi lo racconta. Somiglia tanto a quel Berlusconi d’annata che se la prendeva con chi faceva fiction sulla mafia perché sputtanava l’Italia. Ecco, è preferibile un sano silenzio, un velo di oblio, piuttosto che raccontare la verità e dare una brutta immagine della zona che, detto dai Pesaresi, per quanto ignobile potrebbe essere compreso o, quantomeno, ormai metabolizzati, ma detto da chi vive a trenta chilometri da chi nona ha più nulla, manco un ristorante per dar da mangiare a un eventuale turista, suona davvero brutto. La solidarietà sta sotto i tacchi.

Luca Craia