lunedì 19 marzo 2018

Le SAE le paghiamo due volte. Intanto la ricostruzione non parte e stagna l’economia.

Cronache Maceratesi ci informa, a firma di Monia Orazi, che pagheremo quasi due volte le famigerate SAE; non solo per quello che sono costate, ossia un prezzo esorbitante, oltre 1700 Euro al metro quadro per una soluzione abitativa provvisoria, quindi molto di più di quello che sarebbe costato un normalissimo appartamento che certamente provvisorio non è, ma anche perché alcune ditte che lavorano in subappalto di Arcale non stanno pagando i propri dipendenti, in violazione del contratto di lavoro che spesso neanche c’è. Questo significa che, alla fine del gioco, pagherà la Protezione Civile, chiamata in causa dal Sindacato e, di conseguenza, a pagare, come sempre, sarà il cittadino (leggi l'articolo).
Un altro tassello che si aggiunge al puzzle della ricostruzione che non c’è. A un anno e mezzo dal sisma (tra un po’ potremo dire due anni, tanto la previsione non è affatto rosea), la ricostruzione è al palo e se ci sono ritardi persino nella consegna dei moduli di emergenza (alla faccia dell’emergenza), non si vedono opere di ricostruzione se non in casi particolari. È logico che questo abbia una ripercussione sul recupero delle aree colpite e che vada a vantaggio del progetto di spopolamento che sembra essere ogni giorno più evidente.
Ma c’è un risvolto economico da non sottovalutare. La ricostruzione post terremoto, in passato, è sempre stata un fattore di crescita per l’economia delle zone colpite, mettendo in movimento il mercato tramite la spinta edilizia che, come si può facilmente capire, fa poi da volano per tutti gli altri comparti. Dando l’abbrivio ad aziende locali impegnate direttamente nella ricostruzione, si fa ripartire tutto il meccanismo, mettendo in movimento i soldi.
Per questo terremoto, invece, non si sta facendo nulla. Tenendo ferma la ricostruzione non solo si tengono lontani i terremotati dalle loro terre e dalle loro case, impedendo il ricucirsi del tessuto sociale, ma si sta lasciando in apnea l’economia locale che, invece, potrebbe ripartire proprio dalla ricostruzione e da tutto quello che metterebbe in movimento. E anche questo, evidentemente, fa parte dello stesso disegno.


Luca Craia