lunedì 5 febbraio 2018

Macerata insegni: non c’è la verità assoluta. Serve riconoscere il problema e risolverlo insieme.



Quello che è successo sabato scorso a Macerata mi ha profondamente turbato, sia perché vi era coinvolta mia figlia, rimasta bloccata a scuola a causa delle sparatorie ma passata, di rientro da un’attività in teatro, a pochi metri da via dei Velini quasi nello stesso istante in cui il decerebrato con la pistola agiva, sia perché Macerata è anche la mia città: ci sono nato, ho vissuto lì gli anni più lieti, quelli della giovinezza, alcuni dei miei migliori amici sono di Macerata e quando mia figlia ha scelto Macerata per i suoi studi non ho potuto che esserne felice, conoscendo la città, i suoi abitanti, i valori che vi si sono sempre riconosciuti. Sabato tutto questo mi è crollato addosso, insieme alla paura per mia figlia. E questo mi ha fatto molto arrabbiare.
Sono arrabbiato con gli estremi, con coloro che non si rendono conto che abbiamo un problema serio e pericolosissimo e che dobbiamo risolverlo non con la demagogia ma con il pragmatismo e la razionalità. Sono arrabbiato con chi non riconosce nell’immigrazione incontrollata e nelle politiche attuate finora la causa di tanti problemi di ordine sociale, di criminalità, dell’aumento vertiginoso della pericolosità delle nostre città. Sono arrabbiato con chi non ragiona, ma va avanti per slogan, per assunti ideologici, magari ben protetto nella propria casa senza la consapevolezza che oggi la criminalità, almeno quella a basso livello, quella che rende invivibili interi quartieri, è in mano agli stranieri.
Ma sono arrabbiato anche con chi urla odio e intolleranza, con chi fomenta pericolosi idioti come quello di Macerata, contro chi, nonostante l’orrore accaduto sabato, continua a difendere atti ignobili e inqualificabili come quello. Sono arrabbiato con chi strumentalizza il disagio dei cittadini per il proprio tornaconto elettorale, con chi non prova ribrezzo per la violenza, con chi irresponsabilmente rischia di portare il Paese allo scontro ideologico.
A Macerata, in pochi giorni, abbiamo avuto la dimostrazione che il male non è schierato. Il male ha mosso la mano di un ospite, di uno straniero che passa la vita a delinquere, e l’ha portato a uccidere una ragazza innocente e fare scempio del suo corpo. Poi il male ha armato un imbecille e gli ha fatto prendere in ostaggio un’intera città, minando ogni nostra sicurezza, seminando una paura che non è finita con il suo arresto.
Mi auguro che non ci siano comitati antirazzisti per Macerata come ci sono stati per Fermo: Macerata non lo merita, così come non lo meritava Fermo. Però spero che ci si fermi a ragionare, che smettano le grida che incitano l’odio e che si plachi l’ansia da caccia alle streghe, da una parte e dall’altra.
L’Italia ha un problema con l’immigrazione, negarlo è ottuso, a meno che non si sia in malafede. Per risolverlo bisogna prenderne coscienza, prima di tutto, per poi ragionare insieme su come trovare una soluzione. Una soluzione che non può essere drastica, una soluzione che deve prima di tutto essere umana e rispettosa dei diritti che ogni essere umano ha. Fermiamoci, tutti, anche noi comuni cittadini armati di tastiera, e ragioniamo sganciandoci da ogni pregiudizio ideologico e morale. L’Itala ha bisogno urgente che si intervenga efficacemente su questo problema, perché corriamo due rischi: quello di veder degenerare la nostra società verso la barbarie, con città invivibili e criminalità diffusa e incontrollabile, oppure quello di consegnare il Paese a cerebrolesi come quello armato di pistola che ha ammazzato la tranquillità e la sicurezza di Macerata. Fermiamoci tutti, smettiamo tutti, facciamolo per noi stessi e per il nostro futuro.

Luca Craia

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