giovedì 30 novembre 2017

Acqua e terremoto. Le logiche dello spopolamento e il razionamento a Visso.

Che l’acqua della zona dell’Alto Nera e, comunque, della zona montana, quella colpita dal terremoto del 2016, facesse gola a molti s’era capito da tempo. Che il terremoto e il conseguente spopolamento fossero una benedizione per chi aveva mire sull’acqua era un’ipotesi percorribile. Che questa ipotesi potesse essere una spiegazione alle politiche attuate finora e sostanzialmente volte ad accentuare lo spopolamento delle zone montane pareva quasi fantascienza ma neanche tanto.
L’acqua dell’Alto Nera è tanta, è buona, ma fa parte di un equilibrio naturale e sociale molto delicato, equilibrio di cui si è tenuto conto quando si è stabilita la quota di acqua da destinarsi ai comuni dell’Ambito Territoriale Ottimale 3, che comprende quasi tutta la provincia di Macerata, compreso il capoluogo, e alcuni comuni del sud di quella di Ancona. Ma i vertici dell’Acquedotto del Nera e quelli dell’ATO3 hanno reputato questa quota insufficiente, guarda caso proprio dopo il terremoto, tanto da proporre, la scorsa settimana, ricorso al TAR per aumentare questa quota.
Ovviamente c’è stata la ferma opposizione dell’Ente Parco che ha tirato fuori tutti i dati, dati che parlano di danni potenziali enormi se l’intenzione dell’ATO3 verrà ratificata dal TAR. Del resto è noto che la stessa economia dell’Alto Nera si basa sull’acqua, basti pensare agli allevamenti di trote, alle numerosissime fonti, alle industrie legate all’acqua. Ma, al momento, il ricorso sta andando avanti.
Poi capita questo: ieri notte, a Visso, l’acqua è stata razionata, dalle ore 21.30 alle 6.30 del mattino e sembra che il razionamento sia destinato a protrarsi nel tempo. Al momento non è noto se le due cose siano collegate, ma questo ha generato una comprensibilissima agitazione nei residenti, quelli che sono rientrati recentemente con l’attribuzione delle prime SAE e quelli che non se ne sono mai andati. Che la sospensione del servizio idrico dipenda dalla richiesta dell’ATO3 è più che un sospetto, e se le cose stessero così non sono escluse azioni di protesta importanti. Del resto le sofferenze di queste popolazioni sono molte e protratte nel tempo. Aggiungerne delle altre, specie su bene più che essenziali come l’acqua, sarebbe un colpo davvero duro da sostenere.

Luca Craia

Bomba-pentola a Civitanova. Un ragionamento serio tra una risata e l’altra




La surreale vicenda della pentola a pressione abbandonata in piazza XX Settembre a Civitanova ha scatenato l’ironia del web che, in certi casi, ha davvero prodotto spunti di una comicità altissima e sublime. In effetti la storia è piuttosto risibile, tra gli artificieri che fanno brillare la pentola e una città bloccata per l’allarme. Ma, del resto, in questi casi la prudenza non è mai troppa ed è meglio farci qualche grassa risata piuttosto che piangere a causa di leggerezza e imprudenza.
Una riflessione un po’ più seria la vorrei proporre a proposito di fatti come questo che, inevitabilmente, ci fanno ripensare a quando un gesto di inciviltà come quello di buttare via una pentola usata e lasciarla sul marciapiede come se fosse una cosa normale era identificato per quello che era, ossia l’azione di un troglodita. Oggi, invece, diventa un problema di ordine pubblico.
Non è forse questo quello che voleva ottenere chi ha pianificato quest’epoca di terrore nata dopo l’11 settembre 2001? Viviamo nella paura, le nostre occasioni di incontro e socialità sono blindate da muretti di cemento e spiegamenti di forze, lo scoppio di un petardo genera parapiglia tali da ammazzare essi stessi le persone, qualsiasi evento appena al di fuori della normalità viene percepito come un potenziale pericolo. E questa, in fin dei conti, è una vittoria per il terrorismo e quello che eventualmente c’è dietro: hanno modificato il nostro stile di vita, ci hanno costretti a cambiare costumi e tradizioni, hanno minato la nostra vita sociale. E anche una maledetta pentola a pressione, anche se oggi ci fa ridere a crepapelle, ieri ci ha fatto una gran paura.

Luca Craia

(foto Picchio News)

Neve abbondante sul Monte Prata ma la strada è chiusa. E il Sindaco pensa all’innevamento artificiale.



Paradossale il proclama pubblicato ieri dal Comune di Castelsantangelo Sul Nera, tanto per rimanere in tema di distacco dalla realtà, che fa il paio con un post, sempre di ieri, dello Sci Club Monte Prata che lamenta, con tutte le ragioni del mondo e anche di più, la situazione assurda e davvero avvilente in cui si trova la località sciistica dei Sibillini: la neve è abbondante, gli impianti potrebbero funzionare così come le strutture ricettive ma tutto è inutile perché non c’è la strada. 
In oltre un anno nessuno, e qui parliamo dell’ente proprietario, l’ANAS, ma anche delle istituzioni locali che evidentemente non sono riuscite a sollecitare raccordando e sottolineando le priorità del territorio. 
Però la buona notizia, almeno dal punto di vista del Comune, è che, sempre sul Monte Prata, si farà un bacino idrico per la raccolta delle acque destinate al pascolo e, udite udite, all’innevamento artificiale. Un innevamento artificiale che, con un'altra stagione a zero incassi per gli operatori, potrà servire per far sciare al massimo le mucche. Storie ordinarie di terremotati.

Luca Craia

(Foto Sci Club Monte Prata)


mercoledì 29 novembre 2017

La De Micheli doveva scegliere tra la ragion di Stato, la ragione di partito e la ragione. Ha scelto.



Succedere al disastroso Errani non era cosa facile, eppure, per un istante, forse ho creduto che Paola De Micheli potesse dare quel colpo di volano necessario per mettere in moto una situazione colpevolmente immobile, bloccata tra gli inceppamenti programmati della burocrazia e una politica che sempre di più sembra avere disegni ben diversi da quelli di cui la Nazione Italia ha realmente bisogno.
Doveva scegliere, la De Micheli, tra la ragion di Stato, che in questo momento vorrebbe perpetrare lo spopolamento della zona montana del Centro Italia iniziato col terremoto, la ragione di partito, quel Pd che le consegna il pane quotidiano conferendole incarichi a pacchi, tutti remunerati, e che ora ha la necessità di coprire al meglio le magagne affinchè l’opinione pubblica non si accorga di quanto poco si stia facendo a danno della Gente italiana. Oppure poteva scegliere di cambiare rotta.
Poteva farlo, faceva in tempo, certamente non sanando il danno conseguito nel primo anno di post terremoto, ma comunque invertendo la direzione e cominciando finalmente a fare e a fare per e con i terremotati. Purtroppo la scelta è ricaduta sulle prime due opzioni, che poi sono un’unica scelta, mettendo ancora dietro ad altri interessi quelli reali della popolazione.
Ha scelto, la De Micheli, e l’ha comunicato in maniera inconfutabile, prima dalla Leopolda, dichiarando smaccatamente e scientemente il falso, e poi con la pubblicazione e la reiterazione delle scelte circa le destinazioni dei fondi provenienti dagli SMS solidali. Non c’è soluzione di continuità tra Errani e la sua sostituta, non c’è alcuna differenza di vedute, di progetti, di idee. C’è solo un’affinata arte di intorpidire le coscienze, sedare in dissenso e fare circolare l’informazione più opportuna per il potere, informazione che non coincide con la realtà ma la sostituisce nelle menti e nella percezione dell’opinione pubblica.
E, per quanto voci isolate come la mia, piccole voci ormai roche e senza forza, cerchino ancora di gridare “non è vero”, a prevalere sono ancora i sorrisi indotti, le bandierine sventolate dai bambini, le inaugurazioni compulsive e le manovre dal basso delle consuete passionarie e dei consueti affabulatori di regime.

Luca Craia