Non credo di essere solo a
essermi perso in questa politica del ventunesimo secolo, credo che siamo tanti,
apolidi disorientati, abbagliati, confusi, abbacinati, assordati, sballottati,
feriti e doloranti, privati di ogni punto di riferimento, di ogni possibilità
di concessione di credito, di rappresentanza, di condivisione. Siamo in tanti,
sono sicuro, ma siamo soli, ognuno naufrago a se stante sulla sua isola deserta
in attesa di una nave. E ne passano tante di navi, ma non se ne ferma nessuna.
La politica è importante ed è
importantissima la partecipazione dei cittadini. Il cittadino che non partecipa
è un danno per il processo democratico e un vantaggio per chi, invece, si
nasconde dietro la parvenza di una democrazia di cartone per agire su altri
fronti ben distanti dalla res publica. E oggi la politica è strutturata in modo
tale che il cittadino se ne tenga ampliamente a distanza.
L’elettore è stretto in una
morsa di ideologie marcite, putrefatte che attanagliano le menti di chi ancora
le pratica. Una destra che non si affranca dal nefasto passato ma, anzi, lo
celebra e lo invoca come panacea di ogni male e una sinistra chiusa nella sua
ottusa presunzione di superiorità intellettuale fatta di dogmi e banalità. Il
tutto infarcito di una violenza inaudita, una cattiveria mai vista. In questo
marasma si perde chi vuole pensare con la propria testa, chi vuole esercitare
la propria capacità critica, chi non si pone pronamente all’inculcazione del
precetto politico.
Non si può partecipare alla
politica quando questa è richiusa tra mura di ignoranza, presunzione e
stupidità, sapientemente amministrate da chi sa come farlo e trarne vantaggio.
E in mezzo a questi due schieramenti vocianti, violenti e incattiviti ci sono
quelli come me, poveri sperduti vaganti come anime purganti tra due inferni.
Luca Craia
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